Via alla stagione degli scioperi e delle autogestioni scolastiche, con manifestazioni da parte degli studenti previste in tutta Italia a partire da venerdì 17 novembre, che partiranno dagli istituti e sfoceranno nelle piazze. Ma come funzionano queste forme di protesta? L’occupazione della scuola è reato? vediamo cosa dice la legge in merito e quali sono i rischi per gli studenti che aderiscono.
Occupazione a scuola è reato?
Alla luce degli annunci sulle prossime proteste studentesche previste in tutta Italia a partire da venerdì 17 novembre, molti si stanno chiedendo se l’occupazione a scuola sia un diritto o piuttosto comporti la violazione di una legge con possibili conseguenze giudiziarie. In realtà, secondo l’articolo 633 del codice penale, questa azione costituisce un reato. Perchè, citando la legge si tratta di “invasione arbitraria di immobile” che di fatto, nel caso degli istituti scolastici pubblici, interrompe anche le normali attività.
Quindi si può andare incontro a denunce e condanne, anche perchè se ci sono studenti che non partecipano a questa azione, si sta praticamente negando loro il diritto all’istruzione. Un altro caso che potrebbe aggravare la situazione è quando, durante l’occupazione vengano provocati danni all’edificio o agli oggetti, in quel caso anche i dirigenti scolastici potrebbero intervenire per imporre sanzioni disciplinari.
Diritto allo sciopero per gli studenti come funziona
Lo sciopero in Italia è regolamentato dalla legge, ed è considerato un diritto fondamentale di manifestazione di protesta, ma esclusivamente riservato ai lavoratori. Cioè a chiunque percepisca uno stipendio. Pertanto non è previsto un diritto allo sciopero per gli studenti ma solo per il personale scolastico e per i docenti.
E a differenza dei dipendenti che possono aderire quando è in forma collettiva, assentandosi dal lavoro senza conseguenze disciplinari e senza dover richiedere permessi preventivi, chi va a scuola invece dovrà giustificare l’assenza.
Non solo, in caso entri nell’istituto per poi abbandonare le lezioni, dovrà assumersi la responsabilità di tale scelta. Quindi la partecipazione alle manifestazioni, in ambito non scolastico è libera, e sottoposta soltanto alla consapevolezza dei genitori, quando si tratta di minorenni.
Che differenza c’è tra occupazione e autogestione scolastica
L’occupazione e l’autogestione in ambito scolastico sono spesso utilizzate come sinonimi. In realtà sono due forme di protesta molto differenti tra loro. Infatti, se l’occupazione di edifici può costituire reato, l’autogestione decisa con il consenso con il personale scolastico invece non lo è.
Perchè è autorizzata dai dirigenti dell’istituto e prevede attività alternative alle lezioni didattiche previste, gestite dagli studenti ma sempre concordate con i docenti. Anche perchè nella richiesta va specificato che qualsiasi incontro, dibattito o iniziativa abbia fine educativo. Inoltre ci deve essere l’impegno a non danneggiare i locali e comportarsi in modo adeguato.
Quali sono i rischi per gli studenti che occupano la scuola?
L’occupazione può costituire oggetto di denuncia con conseguenze giudiziarie. Per questo motivo ci potrebbero essere dei rischi per gli studenti che utilizzano consapevolmente questa azione come forma di protesta. Anche se la possibilità di esprimere la propria opinione manifestando, viene di fatto garantita, e generalmente le occupazioni vengono tollerate quando non sfociano in atti particolarmente violenti, c’è comunque da sottolinearne l’aspetto normativo.
Non tanto per chi resta all’interno dei locali in maniera permanente, ma piuttosto nel caso di interruzione di pubblico servizio che può comportare anche una condanna. Specialmente se ci sono studenti contrari come accaduto al Liceo Visconti di Roma.
Altro scenario invece, è quando durante l’occupazione gli studenti adottano comportamenti inadeguati e danneggiano parti o oggetti di appartenenza dell’istituto scolastico. Oltre alla denuncia, c’è sicuramente la possibilità di provvedimenti da parte dei dirigenti. Sia i docenti che i presidi hanno il potere di sanzionare, non solo in termini disciplinari, ad esempio con una sospensione, ma anche attraverso richiami e lettere indirizzate alle famiglie, nelle quali si richiede il pagamento di eventuali danni.