Dopo le modifiche introdotte dal governo sulle pensioni del 2024, quale conviene di più tra quota 103 e anticipata contributiva? E’ da chiarire subito che la quota 103 del 2023 è di gran lunga più conveniente della medesima misura di pensione del 2024, anche se i requisiti di accesso sono rimasti identici (62 anni di età e 41 anni di contributi versati). Cambiano, invece, i parametri di calcolo dell’assegno mensile e di fruizione dello stesso.

In primis, perché i lavoratori che andranno in pensione con quota 103 dovranno accettare il ricalcolo dei versamenti della propria carriera lavorativa con il solo metodo contributivo. Considerando che la platea di lavoratori in uscita è composta essenzialmente da lavoratori del sistema previdenziale misto, la convenienza è quella di continuare a lavorare un po’ di mesi in più e di maturare la pensione anticipata di soli contributi (42 anni e dieci mesi di versamenti per gli uomini, 41 anni e dieci mesi per le donne).

Pensioni 2024, ecco quale conviene tra quota 103 e anticipata contributiva

La quota 103 modificata dalla legge di Bilancio per il 2024 diventa meno conveniente non solo della stessa misura in vigore fino al 31 dicembre 2023, ma anche della pensione anticipata dei soli contributi. Chi ha la possibilità di lavorare qualche mese in più può, infatti, sperare in una pensione mensile (con l’anticipata contributiva) più conveniente e con meno tagli.

La quota 103 del prossimo anno comporta il taglio, per sempre, dell’assegno mediante l’accettazione del metodo di calcolo del sistema contributivo, meno conveniente del sistema misto dal quale proviene la platea dei lavoratori che possono andare in pensione con quota 103.

Pensioni quota 103 e anticipata contributiva, limite del trattamento mensile Inps

Ma non è l’unico paletto all’importo della pensione. Infatti, chi esce con quota 103, fino alla maturazione della pensione di vecchiaia, dovrà accontentarsi di un assegno mensile che non può essere più elevato di 2.394,44 euro lordi mensili, ovvero di quattro volte il trattamento minimo di pensione, considerando già i valori del 2024. Anche in questo caso, c’è stato un taglio di pensione rispetto al tetto delle cinque volte il trattamento minimo del 2023 (poco più di 2.800 euro, pari a 2.993,05 dei valori del 2024).

Al taglio di importo si aggiunge anche l’aumento della finestra mobile, ovvero del periodo tra la maturazione dei requisiti di uscita per la quota 103 e l’effettivo pagamento del primo assegno di pensione da parte dell’Inps. Nel 2023, le finestre mobili sono di tre mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per quelli del pubblico impiego. La legge di Bilancio 2024 aumenta le finestre, rispettivamente, sette e nove mesi, rispetto ai tre mesi per tutti della pensione anticipata di soli contributi.

Taglio pensioni 2024, per quali canali di uscita anticipata?

Il taglio di pensione dovuto al ricalcolo contributivo è, senza dubbio, quello che maggiormente penalizza i lavoratori in uscita con quota 103 nel 2024 e che, dunque, rappresenta l’ago della bilancia nella scelta dell’uno o dell’altro meccanismo. Considerando un lavoratore nato nel 1961, con reddito di 56mila euro all’anno al lordo e che maturi i requisiti della quota 103 nel 2023 con la previsione di un assegno mensile calcolato con il sistema misto (dopo 41 anni di contributi versati) di oltre 2.700 euro. Nel caso in cui il requisito contributivo venisse raggiunto a inizio del 2024 e la quota 103 dovesse essere quella del prossimo anno, il ricalcolo contributivo comporterebbe un taglio consistente dell’assegno, portandolo a 1.950 euro lordi.

Considerando il numero di mesi di finestra mobile della quota 103 molto più elevato rispetto alla pensione anticipata di soli contributi, la maturazione di quest’ultima misura comporterebbe meno di 22 mesi di lavoro in più per gli uomini per arrivare alla pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi rispetto ai 41 anni della quota 103, e meno dei dieci mesi di differenza, tra le due misure, per le lavoratrici. Ma, nella pensione anticipata, non ci sarebbe il ricalcolo dei versamenti che penalizza l’assegno mensile.