A partire dal 1° gennaio 2024, la residenza fiscale in Italia subirà importanti modifiche, influenzando significativamente sia i cittadini italiani che gli stranieri residenti nel paese. Queste modifiche derivano dalla riformulazione dell’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui redditi.

L’obiettivo primario di questa riforma è di allineare le leggi italiane ai principi dell’ordinamento tributario internazionale e ai diritti sanciti dall’Unione Europea. Le novità sono state introdotte dalla Legge Delega sulla Riforma Fiscale, entrata in vigore il 29 agosto 2023.

Residenza fiscale 2024 e autorità fiscale

La residenza fiscale è un criterio determinante per stabilire l’entità dell’imposizione fiscale a cui un individuo o ente è soggetto. Per i residenti, l’imposizione fiscale riguarda tutti i redditi a livello globale, mentre per i non residenti, si limita ai redditi prodotti all’interno del territorio nazionale. La corretta determinazione della residenza fiscale è quindi fondamentale per assicurare l’applicazione equa e precisa delle normative fiscali.

Residenza fiscale 2024: l’impatto dello smart working

La riforma mira a rielaborare e aggiornare il concetto di residenza fiscale, mettendo in risalto l’importanza dell’allineamento agli standard internazionali e alle convenzioni contro le doppie imposizioni. Un aspetto rilevante di questa riforma è l’adeguamento alle nuove dinamiche lavorative, come lo smart working, che hanno trasformato il panorama lavorativo e fiscale per individui, imprese e altre entità.

Nuove direttive sulla residenza fiscale delle persone fisiche

L’articolo 2 del TUIR ha subito modifiche significative che riguardano la definizione di residenza fiscale delle persone fisiche. Queste novità, destinate a entrare in vigore dal 1° gennaio 2024, ridefiniscono i criteri per stabilire la residenza fiscale in Italia.

Il concetto di residenza fiscale in Italia, regolato dall’articolo 2 del TUIR, gioca un ruolo fondamentale nell’adempimento degli obblighi fiscali dei contribuenti. Una persona è considerata fiscalmente residente in Italia se soddisfa determinati requisiti, come il soggiorno per la maggior parte dell’anno fiscale o la presenza di legami stabili con il paese.

L’articolo 3 punto C della Legge Delega mira a una revisione completa della disciplina della residenza fiscale, con l’intento di renderla coerente con le migliori pratiche internazionali. L’obiettivo è quello di adeguare la normativa italiana alle convenzioni internazionali e ai regimi speciali, considerando anche l’impatto del lavoro agile.

Nuove regole per la residenza fiscale: cosa cambia?

La riforma introduce una visione innovativa del domicilio fiscale, spostando il focus dalle tradizionali considerazioni legate agli affari ed interessi economici, verso le relazioni personali e familiari.

Un’altra modifica importante riguarda il ruolo della presenza fisica nell’ambito della residenza fiscale. La nuova normativa stabilisce che anche una frazione di giorno trascorsa in Italia può contribuire alla definizione della residenza fiscale, un cambiamento che necessita di ulteriori chiarimenti per evitare ambiguità e complicazioni.

Cambiamenti sull’iscrizione anagrafica

La riforma modifica la presunzione di residenza basata sull’iscrizione anagrafica. Da una presunzione assoluta, si passa a una relativa, offrendo ai contribuenti la possibilità di dimostrare una residenza fiscale diversa, a patto di fornire prove convincenti.

Frazionamento del periodo di imposta: nulla da fare per ora

Nonostante le speranze di molti, la riforma non introduce il concetto di “frazionamento del periodo di imposta“, una clausola che avrebbe potuto offrire soluzioni più flessibili per gestire situazioni di doppia imposizione. Rimane quindi un aspetto da considerare in futuro per una maggiore armonizzazione con le norme internazionali.

Novità regime impatriati 2024

Il nuovo regime per gli impatriati in Italia nel 2024 introduce diverse modifiche significative secondo una recente proposta di legge. Tra queste, una riduzione dell’aliquota di tassazione e un tetto massimo di reddito agevolabile sono previsti.

I requisiti per accedere all’agevolazione diventano più severi, includendo un periodo più lungo di residenza fiscale all’estero (tre anni) e un impegno di permanenza in Italia di cinque anni dopo il rientro. Inoltre, sono richiesti elevata qualificazione o specializzazione e un nuovo rapporto di lavoro con un datore di lavoro diverso, escludendo quindi l’applicabilità per lo smart working in Italia per lo stesso datore di lavoro estero e il distacco.

In caso di mancato mantenimento della residenza fiscale in Italia per cinque anni, si prevede la decadenza dai benefici e il recupero di quelli già fruiti, con relative sanzioni e interessi. Il beneficio fiscale resta confermato per i cittadini italiani iscritti all’AIRE e quelli non iscritti ma fiscalmente residenti all’estero secondo le convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi. L’agevolazione sarà sempre in linea con i regolamenti UE per gli aiuti de minimis, e viene abolita la possibilità di proroga per ulteriori cinque anni.