Il 15 novembre 1943, un ordine di Heinrich Himmler, capo delle SS, segna una tragica svolta nella storia: i Rom e i Sinti, come gli Ebrei, vengono destinati ai campi di concentramento. Questo evento segna l’inizio di un genocidio spesso trascurato, quello del Porrajmos, termine che in lingua romanì indica il “divorare“. Nonostante la stima di circa 700.000 vittime, la tragedia dei Rom e Sinti è rimasta a lungo nell’ombra, poco menzionata nei racconti storici dell’Olocausto.

Il genocidio del Porrajmos: Rom e Sinti, le vittime dimenticate dell’Olocausto

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Rom e i Sinti subirono un destino simile a quello degli Ebrei. Molti furono uccisi nei campi di sterminio nazisti, mentre altri vennero assassinati nelle loro case, lontano da ogni registro ufficiale. Nonostante la gravità di queste atrocità, la loro storia è stata a lungo ignorata o trascurata.

La persecuzione dei Rom e Sinti si consumò in un clima di silenzio e indifferenza, sia in Italia che nel resto d’Europa. Questo silenzio ha contribuito a rendere invisibile la loro sofferenza, relegando la loro memoria ai margini della storia dell’Olocausto, e proprio per questo assolutamente da riscoprire per riparlarne.

Mariella Mehr, importante poetessa svizzera di etnia Jenisch, ha sottolineato l’importanza di riconoscere e valorizzare le storie dei Rom e Sinti. La sua proposta di una élite culturale Romanì mirava a rafforzare la presenza e la voce di questo popolo nella memoria collettiva europea.

Così come ogni 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, il focus principale è sulla Shoah e sullo sterminio degli Ebrei, per molti è essenziale ampliare questa memoria per includere anche il Porrajmos, dando voce alle vittime Rom e Sinti e riconoscendo il loro dolore e le loro storie.

Tuttavia, nonostante i progressi degli ultimi tempi, la memoria collettiva del Porrajmos fatica ancora a trovare spazio nei discorsi ufficiali e nei media.

Rom e Sinti: una storia di esclusione e marginalizzazione, fino a oggi

La storia dei Rom e Sinti è segnata da esclusione e discriminazione, sia durante il nazifascismo che nel dopoguerra. La persecuzione non si è fermata con la fine della guerra, ma ha assunto forme diverse, come le politiche di sterilizzazione forzata e il razzismo istituzionale.

La situazione dei Rom e Sinti in Europa rimane complessa, con problematiche che includono la marginalizzazione sociale e la persistenza di pregiudizi e stereotipi.

La tragedia del Porrajmos: un breve resoconto storico

Il 15 novembre 1943 segna una svolta oscura nella storia dell’umanità, quando Heinrich Himmler ordina l’inclusione dei Rom e Sinti nei campi di concentramento nazisti. Questa decisione avvia una delle più tragiche e spesso trascurate pagine dell’Olocausto: il Porrajmos, che comportò la morte di almeno mezzo milione di persone di etnia Rom e Sinti.

Come scritto, la memoria del genocidio Rom e Sinti, nonostante la dedica annuale della giornata del 2 agosto da parte dell’UE, è rimasta a lungo in ombra. Secondo Dzemila Salkanovic, mediatrice culturale di origine montenegrina, questo silenzio è radicato nel senso di vergogna e nel desiderio di dimenticare, condiviso da molti sopravvissuti. La storia del Porrajmos è stata quindi raramente trasmessa alle generazioni successive.

Nonostante l’istituzione di una giornata europea di commemorazione (il 2 agosto), il genocidio dei Rom e Sinti è stato a lungo trascurato, con scarsa attenzione ai loro diritti e alla loro storia.

Una notte di terrore: il massacro di Auschwitz

Nella notte tra il 1° e il 2 agosto 1944, oltre 4.000 persone Rom e Sinti, per lo più donne e bambini, furono brutalmente uccise nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Questo evento atroce, parte di una campagna di sterminio sistematico, è rimasto impresso nella memoria di coloro che ne furono testimoni, ovvero coloro i quali hanno avuto negli anni del Dopoguerra e fino alla loro morte, il doloroso compito di trasmettere l’orrore visto affinché non si ripetesse mai più.

Tuttavia, la persecuzione dei Rom e Sinti iniziò ben prima della seconda guerra mondiale, con radici profonde nella discriminazione razziale.

Nel XIX e inizio XX secolo, la Germania, con una piccola minoranza di Sinti e Rom, adottò regolamenti contro gli zingari stranieri, in particolare i Rom dei Balcani. I governi regionali tedeschi incaricarono la polizia di vigilare sugli zingari. Nel 1899, in Baviera, fu istituito un ufficio per coordinare azioni contro gli zingari, e nel 1903, il Württemberg cercò di combattere la cosiddetta “piaga degli zingari“. Durante la Prima Guerra Mondiale, furono imposte ulteriori restrizioni agli zingari, limitando i loro spostamenti. Anche nella Repubblica di Weimar (1919-1933), nonostante il riconoscimento dei pieni diritti di cittadinanza agli zingari, continuarono le restrizioni, come il divieto alle donne zingare di frequentare le stazioni termali.

La situazione peggiorò drasticamente con l’avvento di Hitler nel 1933. Il regime nazista adottò misure severe nei confronti dei Sinti e Rom, estendendo a loro le leggi razziali di Norimberga del 1935. Nel 1938, Heinrich Himmler mise sotto la sua supervisione la “questione zingara” e firmò un decreto che classificava i Sinti e Rom come “una razza straniera e inferiore“. Le leggi naziste miravano a impedire la riproduzione degli zingari e a sterminarli.

Il nazismo adottò misure come la “custodia preventiva“, la tassonomia razziale, e la sterilizzazione coatta. Durante le Olimpiadi del 1936, gli zingari furono nascosti al pubblico, e campi di concentramento più coercitivi furono aperti in Austria dopo l’annessione del 1938. Robert Ritter, a capo dell’Istituto di ricerca sull’igiene razziale, fornì criteri per classificare i Sinti e Rom, contribuendo alla loro persecuzione. Il regime mirava a estinguere gli zingari attraverso pratiche mediche atroci e la sterilizzazione coatta, considerata un genocidio da alcuni storici.

Il parallelismo oscuro tra Shoah e Porrajmos

Il Porrajmos, insieme alla Shoah, rappresenta uno dei più efferati genocidi perpetrati durante la seconda guerra mondiale. Entrambi i genocidi furono condotti con metodi di sterminio di massa, caratterizzati da un uso burocratico e scientifico della violenza e dalla selezione, gasazione e cremazione delle vittime.

Non è un caso che anche i due termini per definire questi eccidi assumono connotazioni simili e violente: Shoah, infatti, significa “Tempesta devastante”, ma anche “Sterminio”, mentre Porrajmos vuole dire “Divorare”.

Mentre la Shoah ha segnato lo sterminio di sei milioni di ebrei, il Porrajmos ha visto la distruzione di oltre mezzo milione di Rom e Sinti. Entrambi questi genocidi si sono svolti in un contesto di “barbarie moderna” e hanno rappresentato una profonda rottura nella civiltà umana.

La persecuzione di Rom e Sinti nella Seconda Guerra Mondiale

La logica omicida dei campi nazisti può essere compresa solo considerando le pratiche biopolitiche volte a proteggere la “vita non degenerata“. Queste pratiche includevano l’eliminazione di massa di individui considerati “diversi”, come parte dell’Aktion T4 contro i disabili, giustificata da un imperativo terapeutico e mascherata con motivazioni pseudo-scientifiche. Il Nuovo Ordine nazista non prevedeva spazio per disabili, ebrei, sinti e rom.

La guerra a Est, parte del Generalplan Ost, mirava a conquistare lo “spazio vitale” e ad eliminare le “razze inferiori”. Con l’inizio dell’Operazione Barbarossa nel 1941, le persecuzioni e gli stermini si intensificarono. Le popolazioni sovietiche, gli ebrei, i commissari politici bolscevichi e gli zingari dell’Europa orientale furono tra le principali vittime.

I Sinti e i Rom non furono solo giustiziati sommariamente, ma anche deportati nei campi di concentramento. A Jasenovac, i fascisti croati massacrarono oltre 80.000 persone, inclusi sinti e rom. Anche il fascismo italiano si impegnò nella persecuzione degli zingari. Nei lager, molti sinti e rom furono utilizzati come cavie per esperimenti crudeli, come quelli condotti da Josef Mengele ad Auschwitz.

Ad Auschwitz, circa 23.000 sinti e rom furono segregati, lasciati morire per inedia, freddo, malattie e maltrattamenti. Tuttavia, nel 1944, i sopravvissuti organizzarono una rivolta che sventò temporaneamente il piano delle SS di svuotare il settore zigano. Alla fine, quasi tutti furono uccisi.