Cos’è la tubercolosi bovina? Si tratta di una malattia batterica causata che colpisce prevalentemente gli animali da fattoria e si presenta con un decorso per lo più cronico.

Questa particolare malattia è stata inserita nella lista B dell’Office International des Epizooties (OIE) e viene considerata una patologia che può avere effetti socio-economici e di salute pubblica di importante rilevanza.

La sua diffusione infatti può avere un impatto molto significativo per il commercio internazionale di animali e prodotti animali.

è caratterizzata da processi produttivi di tipo granulomatoso con formazione di noduli (tubercoli) e di processi essudativi.

Cos’è la tubercolosi bovina: i sintomi

L’andamento dell’infezione dipende molto dalla potenza del micobatterio, dalla dose che ha infettato l’animale e dallo stato immunitario, naturale o acquisito del bovino.

In questi casi la sintomatologia è spesso subclinica o comunque i sintomi non sono mai specifici o caratteristici.

I principali sintomi riscontrabili sono: perdita di peso, febbre, in genere non elevata, ingrossamento dei linfonodi, difficoltà respiratoria e tosse.

Il bovino è considerato l’ospite naturale e serbatoio più importante della malattia, anche se è dimostrato che alcune specie selvatiche possono comunque essere contagiati da questi batteri.

In particolare il tasso, il cinghiale e il cervo.

In Italia sia il cervo che il cinghiale sono stati descritti con il ruolo di spill over che significa “ospiti accidentali” del batterio che porta alla tubercolosi.

Nei casi di tubercolosi che infetta l’uomo la trasmissione avviene invece principalmente attraverso il contatto diretto con materiali biologici provenienti da animali infetti o per via alimentare attraverso il consumo di latte o prodotti lattiero caseari contaminati e non sottoposti ad adeguato trattamento termico.

Fortunatamente, la trasmissione del batterio che colpisce il bovino verso l’uomo è quasi del tutto eliminata grazie alla pratica diffusa della pastorizzazione del latte.

Questa pratica uccide non solo i micobatteri ma anche gli altri patogeni che possono essere presenti.

La maggior parte dei casi al Sud

La tubercolosi bovina è presente in particolare in alcune regioni d’Italia, specie nelle zone del sud della penisola dove risulta difficile contrastarla.

Questo a causa delle caratteristiche intrinseche del microorganismo che risulta molto resistente all’ambiente esterno e anche per la tipologia di allevamento improntato sulla transumanza.

Nell’ultimo periodo, grazie ad alcuni interventi normativi, all’attività di formazione sul campo e all’implementazione di sistemi che sono in grado di verificare in modo puntuale ciò che viene svolto sul territorio si è assistito ad un notevole miglioramento della situazione epidemiologica.

Di recente la situazione in Sicilia è diventata molto difficile da contrastare.

Infatti, in questa regione, negli ultimi anni migliaia di bovini sono stati abbattuti a causa della tubercolosi. Tutto ciò ha portato a conseguenti licenziamenti dei dipendenti degli allevamenti colpiti che ancora oggi sono costretti a fare lo scioperare per attirare l’attenzione e chiedere aiuto alle istituzioni europee per trovare una soluzione.

Proprio riguardo questo grave problema sanitario in Sicilia, l’europarlamentare Corrao ha chiesto in via d’urgenza alla Commissione UE di supportare gli allevatori siciliani per gestire la situazione critica legata all’abbattimento dei bovini.

Come prevenire il contagio

Importante per circoscrivere i casi è l’elaborazione di un vero e proprio piano di eradicazione che sia in grado di contrastare la Tubercolosi bovina.

Annualmente il programma viene presentato alla Commissione europea per l’approvazione ed il cofinanziamento. Questo prevede l’esecuzione di controlli negli allevamenti di bovini con cadenze diverse nel caso si tratti di zone a rischio o meno.

Si effettua poi anche l’ispezione presso gli impianti di macellazione per evitare ogni rischio di contagio.

Esistono poi degli accorgimenti in grado di arrestare l’espansione di tale malattia, come quello di evitare le zone di foraggiamento o di assembramento artificiale per la fauna selvatica o il corretto smaltimento dei visceri degli animali cacciati e/o abbattuti.

Infine è altrettanto importante avviare una sensibilizzazione tramite formazione diretta per una corretta gestione del territorio.