Per 2,1 milioni di lavoratori alle dipendenze, c’è il rischio nel 2024 di perdere lo sconto sui contributi in busta paga, la misura introdotta per aumentare gli stipendi netti già in vigore dallo scorso anno e portata, per i cedolini da luglio a dicembre 2023, al 6% e al 7% di bonus. Il meccanismo è quello già conosciuto. Il taglio del cuneo fiscale opera sulle retribuzioni fino a 35mila euro all’anno, al netto di tasse e contributi. E il taglio è applicato alla quota dei contributi a carico del lavoratore alle dipendenze, pari al 9,19 per cento di media 

A rischiare di perdere il bonus sono i lavoratori che si trovino a ridosso del limite superiore al superamento del quale lo sconto contributivo non spetta più. Per chi ha una retribuzione lorda tra i 29.000 e i 35.000 euro annui al lordo, un aumento delle retribuzioni durante l’anno potrebbe significare sforare il tetto massimo della misura e perderla.

Anche perché il calcolo va fatto sulla retribuzione lorda mensile, rispetto alla quale il tetto di 2.692 euro lordi non deve essere superato. L’effetto che potrebbe crearsi è quello già conosciuto e assimilabile a un’altra agevolazione a suo tempo in vigore, ovvero il bonus Renzi che non aveva previsto dei “cuscinetti di reddito” che potessero, in maniera graduale, favorire l’uscita per i redditi in aumento. 

Sconto contributi in busta paga: 2,1 milioni di lavoratori rischiano di perderlo nel 2024, effetto ‘bonus Renzi’

Potrebbe avere un effetto paradossalmente peggiorativo sugli stipendi dei lavoratori alle dipendenze un aumento delle buste paga in vista dello sconto contributivo, confermato dal governo di Giorgia Meloni anche per il 2024. La misura consente di ottenere uno sconto sui contributi previdenziali a carico dei lavoratori alle dipendenze (pari al 9,19% della busta paga).

Per effetto di questi tagli, chi guadagna fino a 1.923 euro mensili al lordo (pari a una retribuzione annuale fino a 25.000), ha uno sconto confermato per tutto il 2024 del 7% sui contributi a proprio carico. Per i redditi più alti, da 1.923 a 2.692 euro mensili al lordo (da 25.000 a 35.000 euro all’anno), lo sconto è del 6%. In conseguenza degli sconti, i lavoratori dipendenti fino a 35mila euro di reddito all’anno versano di contributi previdenziali il 2,19% e il 3,19%. 

Un aumento di stipendio di chi si trovi al limite della retribuzione di 35mila euro all’anno potrebbe significare la perdita del bonus sui contributi e una diminuzione del reddito netto, nonostante l’aumento della retribuzione. 

Sconto contributi bonus 2024, qual è il netto in busta paga? 

A rischio sono i lavoratori dipendenti (2,1 milioni, secondo le stime) che si trovano a guadagnare tra i 29.000 e i 35.000 euro lordi all’anno. Prendendo ad esempio un lavoratore che guadagna all’anno 34.900 euro, pari a poco più di 2.000 euro netti al mese (per un costo per l’impresa di 48.500, considerando i contributi a carico dell’azienda), un aumento di mille euro all’anno di stipendio da parte dell’azienda comporterebbe la perdita del taglio del cuneo fiscale. Conti alla mano, a fronte dell’aumento di 1.000 euro corrisposti dall’azienda (maggior costo sul lavoratore di 1.390 euro lordi), il dipendente perderebbe 45 euro netti al mese. 

Per recuperare ciò che il lavoratore perde dalla mancata applicazione del taglio del cuneo fiscale l’aumento da parte dell’azienda dovrebbe essere di 2.200 euro all’anno, con un costo per l’azienda di 3.000 euro. A questa cifra, tuttavia, il lavoratore avrebbe un aumento mensile netto di appena tre euro. 

Ecco di quanto aumento lo stipendio con il taglio del cuneo fiscale

Per avere un aumento di stipendio netto più consistente (ad esempio, 34 euro netti al mese), l’azienda dovrebbe aumentare lo stipendio annuo di 3.000 euro (con un costo totale di 4.200 euro). L’effetto è quello, dunque, di uscire dal tagli dei contributi per un aumento della busta paga dell’impresa senza avere dei livelli intermedi che non facciano perdere il bonus.

Lo stesso meccanismo si era visto anni fa per il bonus 80 euro dell’ex presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Al superamento della soglia massima (oppure per i lavoratori che da un anno all’altro scendessero al di sotto degli 8.000 euro lordi di reddito), la perdita del bonus era immediata e senza livelli intermedi.