È morto il boss dell’Acquasanta Vincenzo Galatolo, oggi a Milano, all’età di 81 anni a causa di diverse patologie. Il capomafia era assistito in ospedale, ma detenuto del carcere di Opera per la condanna al 41 bis.
Chi è Vincenzo Galatolo, ex capomafia responsabile della strage di Pizzolungo
Il nome Galatolo è legato a stretto filo con una serie di sanguinose stragi negli anni Ottanti. Conosciuto con il soprannome di Enzo il Tripolitano, l’ex capomafia era invischiato con le Stragi di Pizzolungo e Capaci.
Su di lui pendeva la condanna a numerosi ergastoli, ma le sue precarie condizioni di salute avevano spinto i legali a richiederne la scarcerazione, poi rigettata. Vincenzo Galatolo è responsabile dell’omicidio di Lia Pipitone, Barbara Rizzo e dei suoi due figli, Rocco Chinnici, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Erano gli anni Ottanta e Novanta di una mafia senza scrupoli e molto più violenta. Da vicolo Pipitone, la via degli incontri fra boss mafiosi, Galatolo inviava i suoi Squadroni della morte per regolare i conti e togliere di mezzo persone scomode.
Vincenzo Galatolo, il capomafia che nel 1985 attentò alla vita del giudice Carlo Palermo
Cosa Nostra. 1985. Nel mirino della mafia c’è il giudice Carlo Palermo, da eliminare attraverso un’autobomba a Pizzolungo (Erice). Per un caso fortuito, l’uomo riuscì a sfuggire all’attentato perché a fargli da scudo passò un’automobile con a bordo Barbara Rizzo e suoi gemelli di 6 anni, Giuseppe e Salvatore Asta.
L’utilitaria sulla quale viaggiava la famiglia fu colpita in pieno dall’esplosione. Ma Galatolo faceva parte anche della commissione di Cosa Nostra e la sua partecipazione agli agguati di Capaci e Via D’Amelio gli valsero la condanna all’ergastolo, poi confermata dalla Cassazione pure la condanna a 30 anni.
Al banco dell’accusa anche la figlia Giovanna: “Avevo vent’anni, a casa sentivo mio padre che diceva: “Quel giudice è un cornuto”. Poi, si verificò l’attentato“. Per lo stesso attentato furono condannati anche Totò Riina e Vincenzo Virga.
La scia di sangue procedette nel settembre del 1983, quando a Galatolo fu ordinato di eliminare la figlia del boss Vincenzo Pipitone, Lia Pipitone. La motivazione risiedeva in una questione d’onore: Lia era colpevole agli occhi del boss di aver mancato di rispetto al padre a causa di una relazione extraconiugale.