A quasi cinquant’anni dai fatti, il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Brescia ha deciso di rinviare a giudizio uno dei presunti esecutori materiali della strage di piazza della Loggia. All’epoca dei fatti l’uomo aveva 20 anni, oggi ne ha 70 e da tempo vive in America: ecco chi è Roberto Zorzi e perché il suo nome è tornato alla ribalta delle cronache. È accusato di concorso in strage.

Chi è Roberto Zorzi, tra i presunti esecutori materiali della strage di piazza della Loggia

Nato a Merano, in Alto Adige, ma cresciuto nel Veronese, Roberto Zorzi oggi ha 70 anni e vive negli Stati Uniti, dove da tempo gestisce un allevamento di dobermann chiamato “Il Littorio”. Il suo nome era salito alla ribalta delle cronache già in passato, quando fu indagato e poi assolto per aver preso parte ai drammatici fatti di piazza della Loggia, che a Brescia, nel 1974, portarono alla morte di otto persone, ferendone a centinaia.

Di recente si è tornati a parlarne perché, su richiesta dei pm bresciani, il giudice per le udienze preliminari ha deciso di rinviarlo a giudizio. Secondo gli inquirenti, in pratica, sarebbe uno degli esecutori materiali della strage, insieme a Marco Toffaloni, che all’epoca dei fatti aveva 16 anni e che comparirà, quindi, davanti al Tribunale per i minori. L’accusa mossa a loro carico è di concorso in strage.

Zorzi di anni ne aveva 20 e si è sempre professato innocente, sostenendo, attraverso i suoi legali, di non trovarsi sul posto, al momento dei fatti. Quando venne scagionato, in effetti, aveva un alibi: una signora aveva testimoniato di averlo visto a Verona, dove abitava. Anni dopo la stessa dirà di non ricordare nel dettaglio la sua presenza. La nuova svolta arriva nell’ambito dell’inchiesta quater, aperta dalla Procura di Brescia proprio con l’obiettivo di fare luce sull’evento, tra i più bui della storia italiana.

La storia e le vittime della strage di Brescia

La prima udienza a carico di Roberto Zorzi è stata fissata per il 29 febbraio 2024. Davanti ai giudici l’uomo dovrà ripercorrere quanto accaduto la mattina del 28 maggio 1974 a Brescia. Erano da poco passate le 10 del mattino quando una bomba nascosta in uno dei cassonetti di piazza della Loggia – dove si stava tenendo una manifestazione contro il terrorismo neofascista – esplose, provocando la morte di otto persone e il ferimento di 102.

Le indagini che seguirono la strage furono lunghe e intricate. Dopo molti anni di depistaggi e false verità, sono stati riconosciuti e condannati come colpevoli alcuni membri del movimento di estrema destra Ordine Nuovo, fondato alla fine degli anni Cinquanta: Maurizio Tramonte, Carlo Digilio, Marcello Soffiati e Ermanno Buzzi, tra gli esecutori materiali; e Carlo Maria Maggi, il mandante.

Il governo parte civile al processo?

A maggio il gup che ha rinviato a giudizio Zorzi aveva fatto sapere di aver respinto la richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri di costituirsi parte civile al processo a suo carico. Il motivo? L’istanza sarebbe stata presentata in ritardo rispetto ai termini previsti dalla legge.

Lo scorso settembre la Corte di Cassazione si è espressa in altro modo, dando all’Avvocatura di Stato – che aveva fatto ricorso – la possibilità di ripresentare la richiesta, per permettere al governo di “affiancare la difesa delle vittime” della strage. Un gesto che le loro famiglie si auguravano.

Avevamo parlato degli esordi della vicenda in questo articolo: Strage di Brescia, la Presidenza del Consiglio non si costituisce parte civile. Le famiglie delle vittime: “Vogliamo sapere perché”. Scoppia la polemica