Avrebbe confessato il delitto il 21enne finito in manette per l’omicidio di Paolo Troccola, l’operaio di 56 anni trovato morto nell’appartamento in cui viveva a Niviano, in provincia di Piacenza, lo scorso giovedì sera. Era stato lui a dare l’allarme, dicendo di averlo senza vita, sul pavimento, dopo essere rincasato. Una terza persona è indagata per favoreggiamento: come vittima e carnefice lavorava per una ditta specializzata in manutenzione del manto stradale.

Operaio 56enne trovato morto a Piacenza: avrebbe confessato il delitto il 21enne fermato

Resta un mistero il movente che avrebbe spinto il 21enne foggiano tratto in arresto lo scorso venerdì, di nome Emanuele Carella, ad uccidere il coinquilino e collega pugliese Paolo Troccola all’interno dell’appartemento in cui entrambi vivevano a Niviano, nel Piacentino, dov’erano in trasferta per motivi di lavoro.

L’ipotesi è che tra i due ci fossero delle vecchie ruggini. Non si esclude però una lite scoppiata all’improvviso per futili motivi e finita nel sangue. Per ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto gli inquirenti che lavorano al caso sentiranno, nelle prossime ore, la persona fermata, che avrebbe già ammesso le sue responsabilità.

Una terza persona risulta invece indagata a piede libero per favoreggiamento: viveva insieme alla vittima e al carnefice e avrebbe tentato di aiutare il colpevole a depistare le indagini quando, lo scorso giovedì, insieme chiamarono i carabinieri per denunciare di aver ritrovato il corpo del 56enne a terra, senza vita, dopo essere rincasati.

Stando a una prima ricostruzione, Trocolla sarebbe caduto su una porta a vetri, riportando una profonda lesione alla carotide, dopo essere stato colpito con un coltello a serramanico per almeno 3 o 4 volte. All’inizio si era pensato a un banale incidente domestico. I primi accertamenti avevano consentito di arrivare ad una svolta.

Nelle prossime ore per fugare ogni dubbio sulle cause e i tempi del suo decesso il medico legale incaricato effettuerà l’autopsia. Poi, come da prassi, la sua salma sarà restituita alla famiglia per i funerali e la sepoltura.

Il caso del cameriere ucciso da un collega in un agguato a Palermo

Il caso di Piacenza ha seguito di qualche giorno quello di via Roma, a Palermo, dove il cameriere 41enne Badr Boudjemai, di origine algerina, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da un collega tunisino di 32 anni. L’uomo è stato incastrato dalle telecamere di sorveglianza installate nei pressi del luogo del delitto, che lo avevano ripreso mentre, incappucciato, si avvicinava alla vittima, colpendola alla nuca, di spalle.

Fermato e trasferito in carcere, il 32enne si è professato innocente.

Io con quel delitto non c’entro nulla. Non mi rovino la vita per un cliente in più o in meno,

avrebbe detto, riferendosi all’ipotesi secondo la quale avrebbe ucciso il 41enne per screzi legati al lavoro. La sera dell’omicidio avrebbe atteso che Boudjemai staccasse per seguirlo e tendergli l’agguato mortale. Gli inquirenti che lavorano al caso sono convinti che sia stato aiutato da un suo cugino 30enne, ora indagato.

Entrambi avrebbero alle spalle piccoli precedenti con la giustizia. La vittima invece non aveva mai avuto problemi. Lascia una moglie e due figli. La comunità che tanti anni fa lo aveva accolto e di cui ormai faceva parte a buon diritto, continua a piangerlo, sostenendo che fosse “sempre sorridente” e “gentile” e che, come altri, non avrebbe meritato una fine simile.

L’arma del delitto non è stata ancora trovata. Né è stato accertato con chiarezza il movente, ciò che avrebbe spinto l’uomo finito in manette ad uccidere. Saranno le indagini a portare a galla la verità.

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