Perequazione pensioni 2024 più bassa a causa dei tagli del governo. Con la legge di Bilancio 2023, la rivalutazione è stata rivista, introducendo nuove aliquote rispetto a quelle stabilite dalla legge n. 448 del 1998. Questa riduzione è stata in gran parte confermata anche per il 2024, con piccole modifiche che penalizzano soprattutto coloro che percepiscono un assegno superiore a 10 volte il trattamento minimo.
Perequazione pensioni 2024, i tagli del governo
Il governo Meloni ha effettuato tagli sugli importi delle pensioni, tanto che il sindacato Uil pensioni ha presentato ricorso contro la nuova rivalutazione, sperando in un intervento della Corte Costituzionale che blocchi questo meccanismo. Ma di che entità sono i tagli? Proviamo a fare alcuni rapidi calcoli per scoprirlo.
La legge n. 448 del 1998 è il documento che stabilisce le regole per la rivalutazione delle pensioni, definendo il meccanismo di adeguamento. In modo dettagliato, la legge specifica che la rivalutazione è completa al 100% dell’indice rilevato dall’Istat per la parte della pensione il cui importo non supera 4 volte il trattamento minimo. Per la parte che supera questa soglia ma rimane entro le 5 volte, la rivalutazione è fissata al 90% dell’indice, mentre per quella oltre tale limite scende al 75%.
Con la legge di Bilancio 2023, la rivalutazione subisce significative modifiche, non solo attraverso l’applicazione di aliquote più sfavorevoli, ma anche con l’introduzione di un nuovo principio. A differenza della perequazione ordinaria, dove l’indice ridotto si applica solo sulla parte dell’assegno che supera una certa soglia, il nuovo meccanismo prevede una rivalutazione parziale per l’intero importo della pensione.
In pratica, mentre con la rivalutazione ordinaria un assegno di 2.500 euro sarebbe stato adeguato al 100% del tasso per i primi 2.100 euro (circa) e al 90% per i restanti 400 euro, con il nuovo sistema tutti i 2.500 euro vengono ricalcolati con il tasso parziale.
Questo stesso approccio è poi mantenuto anche dalla legge di Bilancio 2024, sebbene le percentuali siano leggermente riviste. A tale proposito, forniamo una tabella che confronta tutte le percentuali di rivalutazione tra quelle ordinarie (applicate l’ultima volta nel 2022) e quelle modificate dal governo Meloni.
- Fino a 4 volte il trattamento minimo Rivalutazione 2022: 100% 2023: 100% 2024: 100%
- Tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo 90% 85% 90%
- Tra le 5 e le 6 volte il trattamento minimo 75% 53% 53%
- Tra le 6 e le 8 volte il trattamento minimo 75% 47% 47%
- Tra le 8 e le 10 volte il trattamento minimo 75% 37% 37%
- Sopra le 10 volte il trattamento minimo 75% 32% 22%
Quanto hanno inciso i tagli del governo sulla rivalutazione?
Osservando un tasso di rivalutazione dell’8,1% nel 2023 e del 5,4% nel 2024, possiamo esaminare l’impatto sugli importi delle pensioni che superano di 4 volte il trattamento minimo.
Prendiamo ad esempio un assegno di 2.500 euro: con il meccanismo ordinario, la parte fino a 4 volte il trattamento minimo avrebbe beneficiato di una rivalutazione completa, mentre il rimanente avrebbe avuto un tasso ridotto al 90%.
Nel 2023, questo avrebbe comportato un aumento complessivo di 199,26 euro, portando l’assegno a 2.699,26 euro. Nel 2024, con un tasso del 5,4%, l’assegno sarebbe salito a 2.827,89 euro. Con il meccanismo Meloni, invece, nel 2023 l’assegno sarebbe stato rivalutato al 85% del tasso (6,885%), con un incremento di 172,12 euro, portando l’assegno a 2.672,12 euro. Nel 2024, la rivalutazione al 90% del tasso (4,86%) avrebbe portato a un ulteriore aumento di 129,86 euro, portando l’assegno a 2.801,98 euro. In due anni, la differenza totale sarebbe stata di circa 25 euro.
Il problema si acuisce maggiormente per assegni di importo più elevato. Ad esempio, una pensione di 3.000 euro avrebbe subito un taglio di 178,96 euro al mese con il meccanismo Meloni. Per una pensione di 3.500 euro, la perdita mensile sarebbe stata di 223,67 euro. In entrambi i casi, la rivalutazione ordinaria avrebbe portato a un aumento più consistente rispetto al meccanismo introdotto dal governo Meloni.