La Corte d’Appello inglese ha respinto il ricorso presentato dai genitori della piccola Indi Gregory, con il quale richiedevano il trasferimento della bambina in Italia per impedire il distacco delle macchine che la tengono in vita. I giudici hanno fissato a lunedì 13 novembre la nuova deadline per lo spegnimento dei supporti vitali.

Indi Gregory, appello rifiutato nonostante la lettera della Meloni che si appellava alla Convenzione dell’Aja

Indi Gregory non sarà trasferita in Italia e lo spegnimento delle macchine che la tengono in vita è stato fissato a lunedì prossimo, 13 novembre. È questa la decisione presa dalla Corte di Appello inglese sul caso che sta scuotendo le coscienze del Regno Unito e non solo.

A nulla è servito l’intervento diretto dell’Italia. Né la richiesta di trasferimento avanzata dall’ospedale Bambino Gesù di Roma, né il riconoscimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi per favorirlo, sono stati accolti dalla giustizia inglese.

Nemmeno la lettera con la quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è appellata alla Convenzione dell’Aja del 1996 ha sortito alcun effetto. Meloni aveva indirizzato la missiva al Lord Cancelliere e Segretario di Stato per la Giustizia del Regno Unito, Alex Chalk, al fine di “sensibilizzare le autorità giudiziarie” inglesi, ma senza successo.

Caso Indi, per Pro Vita & Famiglia “l’ostinazione dei giudici è satanica”

La bambina, nata lo scorso febbraio e affetta da sindrome da deperimento mitocondriale, ha vissuto i suoi pochi mesi ricoverata al Queen’s Medical Centre di Nottingham, subendo una serie di interventi chirurgici che hanno portato i giudici inglesi a scegliere per l’interruzione delle terapie. Decisione presa sulla base del principio della legge inglese del “massimo interesse del minore, in quanto una prosecuzione delle terapie causerebbe solo sofferenze inutili alla bambina.

La prima data fissata per lo spegnimento dei macchinari era quella di ieri, 9 novembre, bloccata dal ricorso dei genitori della bambina.

Una vicenda intima e drammatica divenuta ora un caso politico internazionale dopo l’appello dei genitori all’Italia e l’intervento del nostro Paese.

Il caso è tenuto sotto stretta osservazione dall’associazione ‘Pro Vita & Famiglia’ che, in un post su Twitter, critica duramente la decisione della Corte inglese, definendo “satanica” l’ostinazione dei giudici nel voler porre fine alla vita della bambina.

Il papà di Indi: “L’Italia sta facendo il possibile”

Il papà di Indi, Dean Gregory, è intervenuto durante la trasmissione “Cinque minuti” di Bruno Vespa su Rai Uno. Ha parlato della loro volontà di portare la piccola nel nostro Paese:

Volevamo che Indi andasse in Italia nella speranza che si potesse fare una terapia, che si potesse curarla: poi c’è stata questa decisione, e non era più possibile farlo. So che il governo italiano sta facendo il possibile in questo senso, quindi seguiremo questa strada

ha spiegato.

Indi ha tre sorelle: come hanno vissuto questi otto mesi?

La più grande è stata molto tempo in ospedale, si è occupata  molto di lei, le è stata vicino e mi ha chiesto appunto di questa possibilità di andare in Italia, se c’era qualche possibilità concreta e positiva

ha risposto Dean Gregory. La famiglia non vuole perdere la speranza di riuscire a salvare Indi:

Ho ricordi belli con lei, quando potevo tenerla in braccio e l’ho lavata, pulita, lei aveva delle reazioni. Lei cercava di esprimersi con un linguaggio di una bambina molto piccola, non è un oggetto inanimato che si vede soffre e sta male.