Cosa sono le pause umanitarie di 4 ore che Israele concederà a Gaza? Israele ha infatti deciso di concedere le cosiddette pause umanitarie per permettere il trasferimento dei civili dalle zone calde di combattimento.

Si tratta di una finestra di poche ore che non va confusa appunto con una cessazione del conflitto con Hamas.

Cosa sono le pause umanitarie: dove e quando verranno concesse

Le pause umanitarie pattuite da Israele riguarderanno unicamente solo determinate aree di Gaza.

Lo scopo è non solo permettere ai civili di abbandonare le zone più pericolose ma anche di spostare alcuni degli ostaggi in mano ai miliziani.

Grazie alla mediazione degli Stati Uniti, Israele si è dunque convinta ad accettare una pausa dal combattimento. Un lasso di tempo però molto ristretto: appena 4 ore di tregua al giorno.

È questo quanto i diplomatici a stelle e strisce sono riusciti a strappare al presidente israeliano Benjamin Netanyahu, dopo che questi ha fermamente respinto ogni ipotesi di cessazione del conflitto armato.

La finestra di 4 ore al giorno permetterà quindi lo spostamento dei civili e sarà attiva fino a quando tutti i cittadini non miliziani e gli ostaggi non abbiano lasciato la parte settentrionale di Gaza.

In questo intervallo di tempo le forze umanitarie entreranno nelle aree colpite per prestare soccorso ai feriti e consegnare generi di prima necessità.

La definizione nel diritto internazionale 

Il termine “pausa umanitaria” è una dicitura ben precisa in campo militare. Si tratta sì di una sospensione dal combattimento armato ma non deve essere confusa con il “cessate il fuoco” e nemmeno con una “pausa tattica”.

Riportando quanto esplicitato nella documentazione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, si definiscono come pause umanitarie le temporanee cessazioni delle ostilità puramente per scopi umanitari.

Essa necessita dell’accordo di tutte le forze impegnate nel conflitto e, generalmente, è limitata ad un periodo di tempo e ad una determinata zona geografica. Qui, devono essere concesse tutte le attività umanitarie di supporto alla popolazione civile colpita.

In precedenza le regole militari parlavano di una singola pausa. Con i negoziati intrapresi dalle Nazioni Unite lo scorso 26 Ottobre si è però passati alla concessione di più finestre di tregua temporanea.

In nessun caso, Hamas e Israele intendono trasformare queste pause in una trattativa di cessate il fuoco.

La differenza con il cessate il fuoco 

La parola cessate il fuoco infatti ha una valenza decisamente superiore. Può essere indetta da uno dei paesi in guerra o dal consenso di tutte le forze in gioco. Il suo scopo supera la concessione di aiuti umanitari e mira a cambiare lo sviluppo politico del conflitto.

Anche in questo caso dunque la tregua armata può essere di breve periodo. La differenza sostanziale è che la pausa umanitaria ha come unico obiettivo quello di portare soccorsi alla popolazione.

Azione allo stesso modo compiuta in un cessate il fuoco ma senza che sia lo scopo primario della tregua.

Il cessate il fuoco può infatti essere uno strumento strategico per capire le mosse dell’avversario o per consentire l’approvvigionamento sul campo di nuovi mezzi militari.

Israele spinge per avere il controllo delle operazioni 

Esiste poi una terza possibilità di sospensione temporanea dal conflitto armato: la pausa tattica.

Questo concetto seppur molto vicino per azioni sul campo alla pausa umanitaria assume un connotato leggermente a favore di che la concede.

In una pausa tattica infatti vi è sempre la sospensione del combattimento per permettere l’ingresso delle forze umanitarie di soccorso ai civili, ma le regole e le modalità con cui condurre queste operazioni vengono decise dalla forza militare che concede l’interruzione delle ostilità.

Una piccola sfumatura che però permetterebbe ad Israele di condurre i giochi. E proprio il presidente Netanyahu spinge per ottenere questa possibilità.