Dall’olio piccante su una pizza al pesticida dell’azienda del marito, queste le ipotesi al vaglio degli inquirenti che indagano sulla morte di Gerardina Corsano, la 46enne deceduta ad Ariano Irpino per cause ancora da accertare. Per due volte la donna era stata dimessa dall’Ospedale Frangipane nonostante avessi manifestato dolori addominali, vomito e altre problematiche fisiche, ma il ricovero non è mai stato accettato.
Angelo Mennino, il marito della vittima, è fuori pericolo ed è stato dimesso dall’Ospedale Cotugno di Napoli. L’uomo ha presenziato ai funerali della moglie, officiati in forma riservata dal vescovo di Ariano, Sergio Melillo, nella chiesetta di Difesa Grande. Presente anche il sindaco della città, Enrico Franza.
Secondo le analisi dell’Istituto superiore di Sanità di Roma, su diversi campioni alimentari prelevati dalle forze dell’ordine dalla cucina del ristorante Oasi, sembra non esserci alcuna traccia di botulino o altre tossine. Così come sui campioni prelevati dallo stomaco del Mennino.
Tag24 ha intervistato in esclusiva la proprietaria del Ristorante l’Oasi, la signora Pina Scaperrotta e l’avvocato Guerino Gazzella in merito alle ultime evoluzioni del Caso Corsano.
Coppia intossicata ad Ariano Irpino, intervista a Pina Scaperrotta, proprietaria del Ristorante l’Oasi
D. I risultati sull’autopsia della signora Gerardina Corsano sono risultati negativi ad una intossicazione da botulino. Le cause della morte sono quindi da ricercare al di fuori del ristorante? Cosa dicono i risultati degli esami?
R. Non sappiamo se ci sono nuovi risultati in merito perché non li abbiamo ancora ricevuti, li scopriremo domani. Ma se non è stato il nostro olio piccante, allora dovranno cercare la causa altrove, in altri luoghi.
D. Lei, oltre all’olio piccante, aveva consegnato anche altri prodotti alimentari che al momento sono in fase di analisi, giusto?
R. Sì, al momento anche altri alimenti sono in fase di analisi, dobbiamo aspettare più esiti.
D. Come mai ha preferito non riaprire il ristorante, nonostante il via libera per la riapertura della struttura?
R. Perché moralmente non siamo ancora pronti, abbiamo preferito aspettare il funerale della povera Gerardina e abbiamo preparato il locale. Se tutto andrà bene per la fine della settimana riapriremo.
D. Come si sente dopo aver vissuto questo periodo difficile? È stata nell’occhio del ciclone in queste settimane, ha ricevuto supporto dalla comunità locale?
R. Mi sono sentita e mi sento tuttora male, perché purtroppo c’è la morte di una persona e credo che non dimenticherò mai più questo momento. Mi auguro però che le prove evidenzino la mia innocenza. In merito al supporto è stato bello sentire vicina la comunità, sia telefonicamente che di persona, tra cui amici, conoscenti e alcuni ristoratori del luogo mi sono stati molto vicini in seguito a questa vicenda.
D. Oltre al supporto, ha anche dovuto subire uno sciacallaggio da alcuni giornalisti. Poco dopo la morte della Signora Corsano, alcuni giornali avevano già riportato che l’ipotesi del decesso fosse dovuto a questo olio piccante, quando in realtà si trattava solo di supposizioni.
R. Qualche giornalista ci è andato un po’ pesante, ma questo è anche il vostro lavoro.
D. Ha avuto contatti con Angelo Mennino, il marito della Corsano, o con la madre della vittima? Anche mediante avvocati.
R. Assolutamente no, nessuno contatto fino ad ora, né con il marito, né con la famiglia della moglie.
D. Secondo alcuni giornali, la signora Corsano, potrebbe essere morta a causa di un pesticida presente nell’azienda del marito? Si è saputo nulla in merito a questa pista?
R. Noi non siamo stati informati in merito a questa informazione, sono voci che girano, come tante voci che giravano prima e ne gireranno ancora tante finché non arriverà la verità.
Intervista all’avvocato Guerino Gazzella, legale dei ristoratori
D. Avvocato, cosa si saprà dagli esami di domani? Dunque, se si tratta di una fatalità, la signora Corsano si sarebbe potuta sentir male ovunque, anche per strada?
R. I signori Pina e Luigi sono stati sfortunati e mi dispiace tantissimo, perché questi signori – i Mennino -, si sono trovati casualmente qui e si sono sentiti male. Ma non è la pizza la causa dell’evento morte o dell’intossicazione. Su 250 pasti forniti in due giorni, su una stima di 50 persone, nessuno si è sentito male a parte la coppia.
D. Hanno testimoniato in tantissimi in difesa dei ristoratori, come mi ha già raccontato nella precedente intervista. Mi conferma?
R. Sono venuti spontaneamente almeno una decina di persone, che io ho comunicato personalmente alla Procura e sono certo che la Procura ha già chiamato tramite la Polizia di stato e gli altri organi designati per sapere se avessero consumato il peperoncino del ristorante. Hanno testimoniato sia adulti che minorenni, si sono presi delle grandi responsabilità. Anche il figlio della signora Pina e il marito, perché spesso lo mangiano, e proprio in quei giorni lo hanno mangiato. Noi attendiamo la verità, e al 99% arriverà alla certezza che i nostri prodotti non hanno contaminazioni di una certa rilevanza. Tutti ora vogliono sapere cos’è successo per fare giustizia, e noi ci accodiamo a tutte queste persone, ma nel rispetto dei ruoli che ognuno di noi deve avere. La Procura da una parte, noi dall’altra, i rispettivi difensori delle vittime, ognuno deve fare la propria parte.