Lo stop alle cure di Indi Gregory, la bambina inglese di 8 mesi affetta da una gravissima patologia considerata incurabile, è stato prorogato di due ore. Il termine tassativo è fissato alle 16:00 inglesi, le 17:00 italiane.

Lo fanno sapere i legali della famiglia Gregory, alle prese con una vera e propria corsa contro il tempo. Questa mattina era arrivato il ricorso contro la decisione della giustizia inglese, che aveva stabilito che “il supporto vitale di Indi Gregory deve essere rimosso“, seppur “contrariamente alla volontà dei suoi genitori”.

Sgomento e frustrazione emergono dalle parole del padre della piccola, Dean Gregory.

È la cosa più disumana e crudele che abbiamo mai vissuto su questa Terra. Sono solo concentrato sul salvare la vita di mia figlia e fare ciò che è nel migliore interesse di Indi. Il nostro sogno è quello di portarla in Italia, non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore.

Intervenendo alla Bbc, il genitore ha spiegato che sua figlia “merita una possibilità“. Decisivo potrebbe rivelarsi l’aiuto dell’Italia, “un Paese che si offre di pagare per tutto”.

Dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all’ospedale o al governo.

Stop alle cure di Indi Gregory, le ragioni dei medici di Nottingham

Dal canto loro, i medici del Queen’s Medical Center di Nottingham hanno più volte spiegato di non poter fare altro per salvare Indi Gregory. Secondo quanto riportato sempre dalla Bbc, i dottori britannici hanno detto al giudice che le cure di Indi dovrebbero essere “gestite da professionisti qualificati con risorse a disposizione per affrontare le complicazioni e ridurre al minimo il disagio“.

Keith Girling, dirigente medico di Nottingham, ha dimostrato empatia nei confronti della famiglia Gregory, per la quale “è un momento incredibilmente difficile“.

La nostra priorità rimarrà quella di fornire a Indi cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile.

Il Codacons pronto a denunciare l’Alta Corte di Londra

Tanti gli enti e le autorità italiani che si sono allineati in favore della piccola in questo intricato caso internazionale. La Conferenza episcopale italiana ha posto l’accento sul valore della vita: nello scenario odierno, spesso la vita dei malati e disabili gravi “viene giudicata indegna di essere vissuta“.

Al fianco dei Gregory, tra gli altri, anche la onlus Pro Vita & Famiglia e l’ex deputato della Lega Simone Pillon. Contro la decisione del giudice britannico si è schierato anche il Codacons, che intende denunciare l’Alta Corte di Londra alla Procura di Roma.

Al di là degli aspetti etici della questione si apre un aspetto meramente tecnico-legale che riguarda la possibilità di un giudice straniero di pronunciarsi sulla vita di un cittadino italiano. Come noto, infatti, la neonata ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al Governo che ha emesso misure di emergenza, tramite il console italiano a Manchester, che ne autorizzano il trasferimento all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Per queste ragioni, spiega il Codacons, la decisione dell’Alta Corte britannica “potrebbe configurare un’interferenza illecita della giustizia straniera sulla vita di una cittadina italiana”. In tal senso si aprirebbe un caso “che non è solo diplomatico ma anche giudiziario“.

Per tale motivo abbiamo deciso di presentare un formale esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché apra una indagine sul caso, accertando se il comportamento della Corte e del giudice Robert Peel possano configurare ipotesi penalmente rilevanti ai sensi del nostro ordinamento penale.