Cosa farà Giorgia Meloni. E’ la domanda che, sottotraccia, aleggia su Fratelli d’Italia. Le europee sono alle porte, e la decisione sulla candidatura, che la premier starebbe ancora meditando, è snodo cruciale per decidere la strategia in vista del voto di giugno. L’obiettivo, chiaro, è quella di centrare un risultato alle elezioni europee che scardini quel “consociativismo spinto” tra socialisti e popolari a Bruxelles. E, almeno per ora, nessuno sgarra dalla linea “mai col Pse”. Anche se, all’indomani del voto, si cercherà in ogni modo di fare pesare i numeri. Fdi punta almeno a triplicare i seggi a Strasburgo, ma ha bisogno che anche gli altri partner di Ecr mettano a segno buone percentuali. Allargare la famiglia conservatrice è l’altro obiettivo cui si punta, a partire dagli indipendenti irlandesi, coinvolti nel summit. Anche per bilanciare eventuali defaillance di altri partiti, visti gli esiti sotto le aspettative del Pis in Polonia e di Vox in Spagna nelle tornate elettorali nazionali. Anche un voto in più delle politiche, a un anno dal voto e con due guerre e la crisi economica nel mezzo, sarebbe un successo, sono convinti gli esponenti del partito italiano. E certo, il ragionamento ricorrente, un impegno in prima persona di Meloni porterebbe a Fdi “almeno due-tre punti in più”.

Se Giorgia Meloni si candidasse Fratelli d’Italia potrebbe ottenere 2/3 punti in più

Ma la leader starebbe ancora riflettendo sui pro e i contro di una candidatura mentre è in carica come premier, scelta per cui aveva optato a suo tempo Silvio Berlusconi, ancora intenzionato a farlo fino all’ultimo, peraltro, secondo il racconto della compagna Marta Fascina. La candidatura, sostiene chi vorrebbe vedere Meloni scritto sulla scheda, sarebbe galvanizzante per la stessa premier, che vive ancora “la luna di miele”, come ha dimostrato il “bagno di folla” di qualche settimana fa a Coldiretti, si ricorda nei capannelli. Anche se aprirebbe il problema della rappresentanza delle donne, per l’alternanza prevista anche dalle regole per le europee, visto che solo l’1% di chi si reca alle urne, sottolinea un esperto dei meccanismi elettorali, esprime le tre preferenze. Ma la candidatura, il controcanto di chi è più cauto, esporrebbe ancora di più la premier al tour de force della campagna elettorale, mentre è impegnata su un fronte internazionale sempre più incandescente e sull’attività di governo. Ma anche alle “strumentalizzazioni” e alle “polemiche”. La scelta – che tra l’altro potrebbe mettere a confronto diretto i leader del centrodestra, visto il sistema proporzionale, se optassero per la candidatura anche Matteo Salvini e Antonio Tajani – potrebbe arrivare “a gennaio”, dicono da Fdi, e comunque non prima di avere chiuso la manovra. In ogni caso, il pensiero comune, scavallate “discretamente” le europee “si arriva fino a fine legislatura”.