Calciatori e depressione, un binomio che nel mondo del pallone fa capolino a intervalli. La confessione del centrale della Lazio Patric ha riacceso la miccia. Una realtà considerata come una bolla di benessere, fatto di grandi guadagni e benessere persistente, ma che presenta un lato oscuro per chi viene considerato una sorta di divinità.

Perchè in verità i calciatori sono uomini, presentano debolezze, non vivono una vita fatta di sola tranquillità, specie quando si parla di depressione. Tanti i casi, molti i nomi anche di un certo calibro che hanno avuto il coraggio di esternare questo malessere. L’obiettivo è uno, quello di fare luce su un disturbo che non guarda in faccia nessuno, colpisce e anche in maniera aggressiva.

Calciatori e depressione, i grandi nomi che ne hanno parlato

E’ un nemico invisibile che fa paura, anche ai calciatori. Lo dimostrano i tanti nomi altisonanti che hanno voluto aprire il proprio vaso di Pandora. Da Buffon a Ronaldo il Fenomeno, per passare a Iniesta e Ilicic, la lista è lunga. La spiegazione di Ronaldo ha mostrato un altro lato del calcio. Non fatto di gol, vittorie e sorrisi, ma stress e ansie a non finire.

Soffro di depressione” disse un anno fa, una liberazione per lui che ha avuto il coraggio di potersi mostrare vulnerabile. A causa di un mondo che non gli lasciava modo di respirare: “Vengo da una generazione in cui eri gettato nella mischia e dovevi cavartela al meglio senza la minima possibilità di chiedere aiuto. Guardo indietro e vedo che sì, siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande e senza alcuna preparazione per questo.

Lo stesso che ha portato Buffon a chiedere subito aiuto. Per lui, all’epoca ventiquattrenne, successe tutto all’improvviso: niente energia, voglia zero di allenarsi, stanchezza cronica. A causa di una monotonia che lo ha portato a sentirsi vuoti. La soluzione? L’arte. L’ex portiere della Juventus deve ringraziare una mostra di Chagall: “Sono riuscito a ribaltare le sorti di questa situazione iniziando a dare impulsi nuovi al cervello, niente più calcio-casa”.

Un altro nome è quello di Josip Ilicic. Un talento forte, una testa di cristallo. Il Covid acuì il suo malessere, quelle bare nei camion a Bergamo lo avevano segnato nel profondo, mettendo tutto in secondo piano. Lo ha combattuto, ma la Serie A non riusciva a dargli serenità. Ecco dunque la rescissione con l’Atalanta e una nuova vita che gli ha permesso di ritrovare il sorriso.

Il “caso” Beckham

Vincere aiuta a vincere, ma non protegge dai mali del mondo. E’ il caso di Andres Iniesta, che al Barcellona ha vinto tutto. Ma anche lui ha dovuto fare i conti con la depressione. Tutto successe dopo la morte dell’amico e collega Dani Jarque (centrale dell’Espanyol deceduto l’8 agosto del 2009 per un’asistolia).

Da quel momento il mondo di Iniesta crollò: “Quando combattevo la depressione, il momento migliore della giornata era quando prendevo le pillole e andavo a letto. Avevo perso la voglia di vivere. Abbracciavo mia moglie, ma era come abbracciare un cuscino: non provavo niente”. Ecco perchè ancora va in terapia, non vuol ripiombare in quel buco nero.

Ma non tutti si affidano ai medicinali per far fronte al nemico. E’ il caso di David Beckham. L’ex centrocampista ha vissuto momenti terribili dopo il Mondiale del ’98 in Francia. Ottavi di finale. David colpisce con un calcio Simeone. Cartellino rosso e Inghilterra che alla fine uscirà dalla competizione.

Tutta l’Inghilterra se la prese con lui. Minacce di morte, insulti, proiettili a casa e manichini con il cappio al collo. Una vicenda che lo colpì nel profondo, raccontato nel suo docu-film su Netflix: “Per me era difficile ammettere di essere depresso, perché sono stato cresciuto da un padre che ogni volta in cui gli dicevo “Papà, oggi mi sento giù”, mi rispondeva immancabilmente con un “Ragazzo, rimettiti in piedi e reagisci”.

Niente terapia però, Beckham uscì dal tunnel della depressione con le sue stesse forze, mettendosi “a testa bassa e lavorando il doppio“. Un momento passato sulle montagne russe, da cui è riuscito a scendere. Ma ancora oggi sono tanti quelli che stanno sulla giostra contro la loro volontà. E molti non lo sanno.