Le previsioni di Mario Draghi per il futuro immediato dell’Unione Europea non sono particolarmente rosee, con l’ex presidente del Consiglio che, in una conferenza del ‘Financial Times’, dice infatti di aspettarsi una recessione entro la fine del 2023 per l’Eurozona.
Draghi al Financial Times: “Contro la recessione serve una svolta politica per l’Europa”
Un rischio già paventato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma che per Draghi potrebbe essere scongiurato a patto che l’Ue dia una svolta più politica alla propria natura.
“È quasi sicuro che avremo una recessione entro la fine dell’anno. È abbastanza chiaro che i primi due trimestri del prossimo anno lo dimostreranno. O l’Europa agisce insieme e diventa un’unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e una politica di difesa, oltre a tutte le politiche economiche oppure temo che l’Unione Europea non sopravvivrà se non come mercato unico“.
Per Draghi il modello economico su cui poggiava l’Ue “è scomparso” e ora deve “agire sull’energia”
L’ex presidente della Banca Centrale Europea sottolinea, però, che la recessione non sarà “destabilizzante“ per l’economia dell’Eurozona, poiché sarà attenuata dal tasso di disoccupazione particolarmente basso registrato nell’area Ue.
Quello di Mario Draghi è un discorso improntato al suggerimento di linee guida da seguire per una svolta da dare a un’Europa che, così com’è, non può andare avanti. L’Europa ha visto gradualmente ridursi la propria competitività sul piano economico e l’ex primo ministro è stato incaricato dalla Commissione Europea di indicare la strada da seguire per modificare questa situazione.
Draghi torna, come già fatto in passato, a battere il tasto della transizione ecologica, sulla quale Stati Uniti e Cina hanno investito molto. Dal suo punto di vista, “non andremo da nessuna parte pagando l’energia due o tre volte quello che costa in altre parti del mondo“.
Un investimento sull’energia che è fondamentale, di fronte a un panorama geopolitico completamente stravolto negli ultimi anni.
“L’economia europea ha perso competitività negli ultimi 20 e più anni, rispetto non solo agli Stati Uniti ma anche al Giappone, alla Corea del Sud e, ovviamente, alla Cina […] Il modello geopolitico ed economico su cui poggiava l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale è scomparso“.