Lo sciopero nazionale dei medici indetto per il prossimo 5 dicembre 2023 ha tra i suoi principali obiettivi quello di far sentire le proteste degli operatori sanitari contro la nuova legge di bilancio, i tagli alle pensioni e le liste d’attesa delle visite mediche.

Tag24 per approfondire la questione ha intervistato il Professore e Ricercatore Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico di San Martino, Genova.

Lo sciopero nazionale dei medici contro la legge di Bilancio

Bassetti nell’intervista a Tag24 ha dichiarato di non aderire allo sciopero e ha raccontato quella che secondo lui è la vera origine del problema del sistema sanitario nazionale, che non dipende dall’attuale governo, ma proviene dal passato. Si è poi espresso sulla questione del taglio alle pensioni e ai salari dei medici, manifestando il suo dissenso.

D: Cosa ne pensa dello sciopero nazionale dei medici e degli operatori sanitari indetto per il prossimo 5 dicembre 2023? E’ d’accordo con le nuove previsioni della Legge di Bilancio soprattutto con i tagli che si vogliono apportare?

R: Premetto che io non ho mai fatto uno sciopero e lavoro nel sistema sanitario da 25 anni. Non ho mai aderito ad uno sciopero perché ritengo che un medico non debba scioperare, perché nel momento in cui un medico sciopera evidentemente viene meno quello che è il suo ruolo. Io lavoro in un ospedale per acuti, se io non vado a lavorare chi cura la gente che ha bisogno? Secondo me nell’ambito della salute pubblica in questo modo finiremmo per dare un mal servizio ai cittadini, quindi io sono profondamente contrario a questa modalità di protesta. Il medico ricopre un ruolo per cui non può assentarsi o mancare.

Oggi i medici soffrono molto, è evidente, ma non per la situazione presente. Accusano tutto ciò che non è stato fatto negli ultimi 25 anni. Le responsabilità di quello che non funziona all’interno del sistema sanitario si fanno ricadere sull’attuale governo, ma il problema sta a monte. Oggi noi vediamo i frutti di una politica sanitaria nei confronti dei medici che è completamente sbagliata ma che risale a prima. Bisognerebbe partire dal numero chiuso per accedere a medicina all’università, per cui oggi non abbiamo medici e molti di quelli che abbiamo scartato sarebbero utili ora, è un dato innegabile.

Se davvero questa legge di bilancio toglierà tanti medici dal lavoro con la possibilità della pensione anticipata, serve una modalità per sostituirli perché ci manca la mano d’opera. Poi c’è il tema degli ospedali: il pronto soccorso, la rianimazione, le malattie infettive dove abbiamo poche persone che decidono di specializzarsi in queste materie. Le borse di studio quest’anno sono andate deserte. In ultimo c’è anche la questione dei salari: i medici italiani oggi guadagnano molto meno rispetto alla media europea.

Il problema del sistema sanitario ha le sue radici nella Riforma Bindi

Bassetti si scaglia contro la Riforma Bindi, che reputa la causa del malfunzionamento della sanità pubblica. Il divario generato tra il settore pubblico e privato oggi sembra incolmabile ma la situazione va urgentemente modificata.

D: Quindi il problema del sistema sanitario viene dal passato?

R: Abbiamo una serie di problematiche che dal passato si sono accumulate fino ad oggi. Mancano i medici, l’ospedale non è più attrattivo, i dottori tendono ad andare all’estero o nel privato perché è stata sbagliata la politica – per nulla meritocratica – messa in atto fino ad oggi. Quelli più bravi (gli studenti, ndr) non sono mai arrivati negli ospedali, il sistema non li ha mai premiati. La verità è che occorrerebbe una riforma complessiva del sistema.

Qui il problema non è scioperare o tagliare le pensioni – certamente non è bello e non sono contento da medico che si taglino le pensioni – però il fatto è che non possiamo continuare a ragionare sulle tematiche singole, serve una revisione totale.

La famosa riforma Bindi è stato l’inizio della fine del sistema di sanità pubblico. Non ha aiutato i medici, li ha castigati. Impedendo ai medici di lavorare contemporaneamente sia nel pubblico che nel privato la riforma della Bindi ha portato fuori dagli ospedali molti dei medici migliori. Chi decide di lavorare in esclusiva e non intra moenia deve essere giustamente pagato con delle indennità dallo Stato, che oggi ammontano a cifre davvero irrisorie. Se vuoi tenermi in esclusiva mi devi pagare, altrimenti il sistema non regge.

Oggi i medici sono giustamente arrabbiati e lo sono anche io per gli stipendi inadeguati. Il sistema deve essere modificato ma non può essere cambiato a botte di scioperi. Ci vuole un tavolo di discussione. Io ho grande rispetto per il metalmeccanico, l’operaio ma la professione ospedaliera non può tutelarsi solo con gli scioperi.

“Bisogna rafforzare il sistema ospedaliero partendo dalle università e dalla sanità privata integrata”

D: Come si può rafforzare il sistema medico territoriale e ospedaliero, anche dopo quello che è successo a causa del Covid?

R: Oggi la realtà che ha più bisogno è la medicina ospedaliera. Se guardiamo alle scuole di specializzazione medica c’è un grido di grande allarme, i numeri sono preoccupanti. Ci sarà molta meno forza lavoro nei prossimi anni, in pronto soccorso, in chirurgia generale. Serve una profonda riflessione sull’ospedale, che da dopo il covid è la realtà che ha sofferto di più, perché sono gli ospedalieri ad essersi tenuti tutto sulle spalle in quel periodo. Ci vuole un riconoscimento dello specialista ospedaliero.

D: Il ministro Schillaci ha parlato del problema delle liste d’attesa riguardo le visite in ospedale. Lei cosa ne pensa? Il sistema sanitario ne risulta affaticato?

R: Io credo che molte delle prestazioni richieste che vanno poi ad ingolfare il sistema delle liste d’attesa debbano essere soggette a dei meccanismi di verifica per capire se sono davvero appropriate. Oggi il problema delle liste d’attesa bisognerebbe affrontarlo anche con il privato. Si deve aprire di più al privato convenzionato. Per il cittadino la prestazione deve rimanere gratuita, di qualità e veloce nei tempi sotto la verifica dello Stato.

Se gli ospedali pubblici non sono più in grado di fornire alcune prestazioni è evidente che ci vorrà un maggiore intervento da parte della sanità privata integrata. Non bisogna guardare al privato convenzionato in modo ideologico come avviene invece nel nostro paese dove si pensa che tutto ciò che è pubblico funziona mentre ciò che è privato no. E’ un concetto sbagliato. Il sistema pubblico può essere aiutato.