Non bastava il terremoto scoppiato attorno alla compagna e alla suocera: a rendere sempre meno credibile la posizione politica di Aboubakar Soumahoro ci sono ora anche le presunte irregolarità compiute dal deputato nel corso della campagna elettorale che lo ha eletto, nel settembre scorso, deputato della Repubblica.

Il collegio regionale di garanzia elettorale della Corte d’Appello di Bologna ha contestato infatti all’ex sindacalista ben nove violazioni delle legge che impone ai candidati politici la massima trasparenza nel reperimento, nella gestione e nella rendicontazione dei fondi utilizzati a fini elettorali.

Violazioni che, per la loro gravità e soprattutto per il loro numero, rischiano oggi di portare al decadimento di Soumahoro da deputato e di compromettere definitivamente una carriera già gravemente segnata, dall’ottobre scorso, dallo scoppio dello scandalo sulla gestione fraudolenta attuata dai suoi stessi familiari nella direzione di diverse cooperative per l’accoglienza dei migranti.

Caso Soumahoro, dopo lo scandalo delle cooperative scoppia quello dei finanziamenti elettorali

Lo scoppio del caso delle presunte irregolarità compiute da Aboubakar Soumahoro nella rendicontazione dei finanziamenti usati nella scorsa campagna elettorale si aggiunge alla notizia, arrivata solo una settimana fa, dell‘arresto ai domiciliari di Liliane Murekatete e Marie Therede Mukamatsindo, rispettivamente moglie e suocera del deputato.

Le misure cautelari decise al Gip di Latina arrivano dopo un lungo anno di indagini sulla cooperativa Karibù e sul consorzio Aid, entrambi guidati dalle due donne che oggi sono accusate di autoriciclaggio di finanziamenti pubblici, frode in pubbliche forniture e bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Lo scoppio del caso, come è noto, aveva un anno fa determinato un vero e proprio terremoto politico. Aboubakar Soumahoro era infatti, in quel momento, una delle personalità più amate da larga parte del mondo culturale di sinistra che in lui vedeva un simbolo di uguaglianza e giustizia.

A finire sotto accusa, tuttavia, non solo lo stesso Soumahoro – da sempre proclamatosi innocente e ignaro delle irregolarità rilevate – ma anche i vertici di Alleanza Verdi Sinistra che avevano candidato l’ex sindacalista in quota Bonelli nonostante la consapevolezza delle ombre presenti attorno alla sua figura, come racconta a TAG24 Elena Fattori, ex senatrice di Sinistra Italiana nella scorsa legislatura.

Caso Soumahoro, Fattori: “La realtà del CAS gestito da Mukamitsindo era nota da anni”

Fattori, in un suo post su Facebook qualche giorno fa ha sottolineato l’«ipocrisia delle considerazioni» che si sentono circa il caso Soumahoro. Cosa intende?

«Partiamo dall’inizio. Dal 2013, anno della mia elezione in Parlamento con il Movimento 5 Stelle, ho iniziato ad occuparmi di centri di accoglienza per migranti, visitandone diversi nel corso degli anni.

Uno dei primi centri che ebbi l’occasione di visitare, ad esempio, fu uno SPRAR di Velletri che rientrò poi nelle varie cooperative coinvolte dallo scandalo di Mafia Capitale.

Nelle varie visite compiute come senatrice finii anche nel CAS gestito dalla Mukamitsindo, la suocera di Soumahoro. Lì vidi una situazione caratterizzata da irregolarità evidenti, peraltro già denunciate da diversi giornali locali che avevano indagato le condizioni indignitose in cui vivevano questi migranti.

Un altro aspetto critico di cui venni a conoscenza – ma che non ebbi modo di approfondire – era relativo alla presenza di importanti problemi sindacali all’interno della cooperativa. Essendo questa collegata alla suocera di Aboubakar, infatti, per i dipendenti era difficoltoso scegliere un sindacato che non fosse quello di Soumahoro».

Caso Soumahoro, Fattori: “Avvisai Fratoianni e i vertici di Sinistra Italiana delle ambiguità che c’erano. Nessuno mi ascoltò”

Lei conosceva personalmente Soumahoro?

«Sì, perché avevamo anche lavorato insieme. Una volta portai addirittura Aboubakar dal presidente Fico per difendere i centri di accoglienza che, con i decreti Sicurezza, avevano perso non pochi fondi. Mi interessai alle possibile soluzioni che poteva proporre.

Un altro tema su cui ci confrontammo fu quello della legge 199 sul caporalato. Soumahoro era contrario all’impostazione di queste legge perché, a suo giudizio, i migranti avrebbero dovuto poter creare delle strutture di autogestione in grado di generare delle figure che si ponessero come intermediari nella ricerca di lavoro.

Era inoltre contrario all’ingresso della CGIL nelle trattative lavorative degli stagionali o dei braccianti. Su questo aveva un’idea molto precisa che ha continuato a professare coerentemente negli anni.

Fu dopo queste collaborazioni che entrai in contatto con il CAS gestito dalla suocera di Aboubakar che spontaneamente mi rivelò, durante la visita, dell’esistenza della parentela. Constatate le condizioni che dicevo prima, scrissi un rapporto all’allora sottosegretario agli Interni Garetti denunciando le condizioni non consone in cui versava la struttura.

Da quel momento, in ogni caso, chiusi la mia collaborazione con Soumahoro. Perorare la causa dei finanziamenti dei centri di accoglienza con qualcuno che aveva in famiglia interessi economici nel settore mi sembrava infatti assolutamente inappropriato.

Essendo lui un personaggio già noto, poi, dissi ai miei colleghi Cinque stelle di essere cauti e di tenere in considerazione, nei loro rapporti con Soumahoro, l’esistenza di questo conflitto.

Ripetei queste considerazioni, infine, ai dirigenti di Sinistra italiana anni dopo, quando entrata nel partito appresi della volontà di valutare la candidatura di Abubakar alle elezioni del settembre 2022.

In un’altra occasione, segnalai poi l’inopportunità di far intervenire Soumahoro a un convengo online del partito che avrebbe trattato, fra gli altri, il tema del caporalato. Come dicevo prima, infatti, Soumahoro era contrario a una legge voluta dalla sinistra, dai Cinque stelle e soprattutto da FLAI CGIL: non capivo dunque l’attinenza delle sue posizioni con la nostra linea politica.

Ogni mia osservazione, in ogni caso, cadde sempre nel vuoto, nonostante la presenza di diversi articoli giornalistici che avevano già approfondito il tema. Ma niente».

Fattori: “La candidatura di Soumahoro forse un discorso di opportunità elettorale. Così si è però compromessa un’intera causa”

Crede che il tema sia stato sottovalutato perché non si è compresa la gravità dei fatti? O semplicemente si è preferito far finta di non intendere?

«A questo non so rispondere. Dai Cinque stelle fui sicuramente più ascoltata che da Sinistra italiana.

Sicuramente era difficile ignorare totalmente l’entità della questione e come questa avrebbe potuto facilmente divenire un boomerang.

Forse è stato fatto un discorso di opportunità prima delle elezioni. Magari si sono valutati i voti trascurando come lo scoppio di questo caso avrebbe duramente colpito la battaglia più grande che si stava conducendo. Battaglia che infatti oggi è vanificata, dato che è difficile poter presentare altre voci credibili sul tema.

Di certo c’è, come dicevo prima, che la stampa locale aveva già ampiamente documentato la questione. Per questo ho più volte sottolineato come sia impossibile appellarsi alla scusa del “non sapevo”. Il partito sapeva, casomai si è rifiutato di approfondire. Ma come si difendono gli ultimi in questo modo?

Lo stesso discorso vale, a mio parere, anche per giornalisti come Diego Bianchi o Marco Damilano. Perché non sono mai andati a verificare con i loro occhi cosa accadeva in queste cooperative? Perché si è preferito creare un simbolo che oggi ha creato un corto circuito molto pesante?»

Fattori: “La dirigenza di Alleanza Verdi Sinistra non si è assunta nessuna reale responsabilità circa la candidatura di Soumahoro”

La classe dirigente del gruppo Alleanza Veri Sinistra si è assunta realmente la responsabilità della scelta?
«E come l’avrebbero assolutamente? A me non sembra proprio».

È per questa faccenda che lei ha deciso di lasciare Sinistra italiana?

«Hanno influito una serie di fattori, ma sicuramente la vicenda Soumahoro ha contribuito drasticamente a farmi disamorare dalla politica. Per quanto riguarda Sinistra Italiana, ho semplicemente capito che non avrei potuto combattere con loro alcune battaglie, come quelle più antipatiche che arrivano a mettere in discussione gli idoli».

Caso Soumahoro, Fattori: “Tutta la sinistra ha una responsabilità morale che continua a ignorare”

Oggi, al di là del tema della cooperativa Karibù, del consorzio Aid e di tutte la galassia gravitante attorno a queste due realtà il deputato Soumahoro è sotto accusa per un’opaca gestione dei fondi destinati alla campagna elettorale.

«Il tema di un’opacità di gestione da parte di Soumahoro era già emerso per la Lega Braccianti, che peraltro è un’associazione e non un vero sindacato come invece è stato raccontato. Dunque questa criticità, non so se sia vera o meno, ma non è nuova.

Tra l’altro la sede della Lega Braccianti coincide con la cooperativa della suocera di Aboubakar. Di nuovo, come era possibile non sapere? E se davvero Aboubakar non sapeva, come fidarsi di qualcuno che vuole combattere le ingiustizie ma non vede neanche quelle che avvengono accanto a lui?

Io credo che in questa faccenda ci sia una responsabilità politica che la sinistra non si è voluta assumere, sbagliando. Nelle mie ispezioni ho potuto verificare come il solo vigilare su alcune realtà sia per molti sinonimo di osteggiarle. Come se il marcio non debba essere denunciato altrimenti è come si attaccasse l’accoglienza».

Soumahoro dovrebbe dimettersi?

«Aboubakar è stato cercato e candidato. Ha tutto il diritto di rimanere là, perché chi lo ha candidato sapeva bene delle zone d’ombra che c’erano. Adesso si vedrà con la questione dell’irregolarità dei fondi, che è tutta un’altra storia. Per quanto accaduto prima, tuttavia, chi si sarebbe dovuto porre la questione era il direttivo del partito che, ribadisco, sapeva tutto».

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