Nelle ultimi due settimane si è osservato un rallentamento significativo nel processo deformativo della zona dei Campi Flegrei. Tale fenomeno ha portato a una diminuzione degli sciami sismici e della frequenza dei terremoti, portando a riflettere sulla dinamica vulcanica in evoluzione e sugli scenari futuri per questa area geologicamente attiva. Si parla ancora di magma superficiale nei Campi Flegrei e delle conseguenze che il sollevamento terreno potrebbe causare. Questa situazione di rallentamento ha portato il ministro Nello Musumeci a non modificare il colore dell’allerta, della quale era stato inizialmente prospettato un passaggio da gialla ad arancione, il che avrebbe portato conseguenze importanti in termini di gestione pubblica.
Magma superficiale Campi Flegrei: l’allerta resta gialla
Il Ministro Nello Musumeci, alla fine di ottobre, ha segnalato la potenziale evoluzione dell’attività vulcanica dei Campi Flegrei, contemplando l’ipotesi di passaggio al livello di allerta arancione. Tali dichiarazioni hanno sollevato l’interesse pubblico e stimolato approfondimenti sulle condizioni attuali del vulcano. Nella riunione con i sindaci avvenuta nel primo pomeriggio del 7 novembre, tuttavia, si è deciso di mantenere l’allerta gialla.
Magma superficiale Campi Flegrei: cosa dicono le analisi scientifiche degli esperti
Recenti risultati scientifici sottolineano il coinvolgimento di magma nel fenomeno di sollevamento bradisismico del suolo. Questa constatazione arriva in un periodo di apparente stabilità, ma rafforza l’importanza di un monitoraggio costante.
Il bollettino settimanale del 31 ottobre emesso dall’Osservatorio Vesuviano non ha evidenziato cambiamenti sostanziali, confermando il rallentamento del processo deformativo. Esperti come il prof. Mauro Rosi della commissione Grandi Rischi hanno espresso un cauto ottimismo, non rilevando elementi di drammaticità nella situazione corrente.
L’ipotesi di magma a bassa profondità
Un importante studio dell’INGV, intitolato “Magma Chamber Dynamics at the Campi Flegrei Caldera, Italy” pubblicato da Montagna, Papale e Longo, ha rivelato la presenza potenziale di magmi a bassa profondità, a soli due chilometri sotto la superficie. Questa scoperta ha sollevato questioni sulla variabilità e connessione tra i serbatoi magmatici e l’influenza di CO2 in risalita, conducendo a nuove ipotesi sulla struttura del sottosuolo, suggerendo la presenza di magmi a bassa profondità e la possibilità di diversi serbatoi magmatici a varie profondità, che potrebbero interagire tra loro in determinate condizioni evolutive del sistema vulcanico.
I ricercatori hanno utilizzato modelli matematici per interpretare dati quali la composizione delle fumarole e dei minerali nell’area dei Campi Flegrei. Tuttavia, essi stessi hanno sottolineato i limiti di questi modelli nel descrivere la complessità del sistema magmatico profondo.
Entrando più nel dettaglio, le indagini sui Campi Flegrei hanno rivelato un sistema magmatico complesso, con serbatoi che si estendono orizzontalmente per decine di chilometri a una profondità di circa otto chilometri. Questi serbatoi superficiali sono stati descritti come contenenti magmi con diverse composizioni, variando dalla trachite alla fonolite. Le ricerche suggeriscono un dinamico scambio tra i magmi più profondi e quelli più superficiali, un processo che include sia il trasporto che il mescolamento di questi materiali geologici. Tale attività non solo fornisce una visione dettagliata del comportamento interno del vulcano, ma anche dati preziosi per eventuali scenari di rischio.
Tuttavia, occorre precisare una cosa: sebbene lo studio suggerisca la presenza di magma superficiale, questo non implica necessariamente un’eruzione imminente. È essenziale quindi mantenere un approccio informato e seguire le comunicazioni degli enti ufficiali come l’INGV e la Protezione Civile.
La mancanza di una correlazione diretta tra la presenza di magma superficiale e l’immediato pericolo eruttivo rimane un punto focale per gli esperti nel campo della vulcanologia.
Campi Flegrei: perché l’allerta è rimasta gialla
Il Presidente dell’INGV, Carlo Doglioni, ha escluso una consapevolezza scientifica su un’eruzione imminente ai Campi Flegrei nonostante le 553 scosse a ottobre. Tutelando la posizione cautelativa del Ministro Musumeci sull’allerta arancione, ha precisato che non ci sono prove per un innalzamento del livello d’allarme. Infatti, la Commissione Grandi Rischi conferma l’allerta gialla. Il magma è noto e stabile a 7-8 km di profondità da 15 anni, e non si prevedono cambiamenti che giustifichino un aumento dell’allerta.
Al Fatto Quotidiano ha dichiarato:
[Musumeci, ndr] ha solo riportato quelle che erano le valutazioni della Commissione Grandi Rischi. Ma non c’è mai stata una vera valutazione di passare all’arancione, perché questa è una decisione che ha delle conseguenze e delle implicazioni molto serie e dunque si deve basare su una vera e propria consapevolezza scientifica che c’è un’eruzione imminente.
Consapevolezza scientifica che, a quanto a pare, al momento non ha ragione di esistere.