L’udienza della Vigilanza Rai con il direttore dell’approfondimento Paolo Corsini e il conduttore di Report Sigfrido Ranucci si trasforma in uno show di cabaret. Al momento delle sue domande, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri si esibisce in un vero spettacolo tirando fuori cognac e carota, rivolgendosi con male parole al conduttore: “Qui non siamo al patibolo, ma se ne ha bisogno per farsi coraggio”. Un gesto che viene immediatamente ripreso dalla presidente e da stigmatizzare per i modi vista l’aula dove sono stati compiuti. Nella sostanza dei fatti però l’accusa mossa al conduttore è che, nell’ultimo periodo in particolare, le inchieste siano politicamente  a senso unico con il focus su quella che ha visto protagonista Ignazio La Russa.

Vigilanza Rai su Report, Gasparri e il video con la carota è virale

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Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, attacca in modo chiaro Ranucci per il servizio sulla seconda carica dello stato, parlando di giornalismo di teorema: “C’era abbondante uso del condizionale e strani collegamenti con l’associazione mafiosa Cosa Nostra. Tutto questo è grave”. Su questo non c’è stata chiara risposta, ma è stato ribadito come negli ultimi dieci anni la trasmissione abbia toccato tutti gli schieramenti politici con particolare enfasi su Speranza e Renzi. Tuttavia se Ranucci convince per i numeri oggettivi dei costi abbassati da 1900 a 1200 euro al minuto e per gli ascolti in questo caso lo fa meno. Anche l’accusa di aver mandato le repliche sulle inchieste contro il ministro Urso ottiene come spiegazione un laconico: “Mandiamo quelle che fanno più ascolti”. Poi però ci tiene a sottolineare come il sito di Report sia costantemente aggiornato qualora i protagonisti delle inchieste vengano poi assolti, quindi il diritto di replica viene garantito mente il caso Santanché non viene toccato a riprova di come l’attenzione ed il focus siano tutti per l’attacco all’inquilino di Palazzo Madama.

Ranucci incassa il colpo e la replica è meno animata dell’esposizione 

Ranucci illustra tutti i meriti di Report con documenti e numeri precisi: è battagliero ma convince meno nelle repliche. Forse le accuse mosse non meritavano la giusta attenzione? In realtà il tema del pluralismo è fondamentale nel contratto di  servizio, ed è anche su questo che la Vigilanza Rai deve vigilare ed è la motivazione che ha portato all’audizione del conduttore di Report. Quella che Gasparri definisce una “marcetta di 40 fedeli”  è un atto di democrazia, così come lo è chiedere chiarimenti per un’inchiesta che ha attaccato la seconda carica di uno stato democraticamente eletta dal popolo. Non è stata nominata la Santanché in alcun modo perché le inchieste si possono fare e sono giuste, ma a volte forse andrebbero modificati i modi specie quando il condizionale viene largamente utilizzato.

La marcia di Articolo 21 davanti alla Vigilanza Rai, il video

Una cinquantina gli intervenuti che hanno scortato Sigfrido Ranucci dal Pantheon, a Roma, fino a via del Seminario per la sua audizione, ai microfoni di TAG24 la segretaria dell’Ordine dei Giornalisti Paola Spadaro sottolinea: “Sosteniamo un rappresentante prezioso di un settore fondamentale dell’informazione come il giornalismo d’inchiesta. Una sentenza della Cassazione ne ribadisce il valore”, ma non entra nello specifico del caso dell’inchiesta su Ignazio La Russa limitandosi a ribadire: “Il giornalismo d’inchiesta ha il dovere deontologico di riportare la verità dei fatti”. Intanto Ranucci incassa e staremo  vedere se le prossime inchieste su membri del governo andranno avanti o se la serata di ieri avrà qualche ripercussione.

Le parole di Ranucci prima di entrare in Vigilanza Rai

Prima di entrare in Vigilanza Rai lo stesso conduttore di Report Sigfrido Ranucci si concede ai microfoni al Pantheon: “A me le carote non piacciono perché ho la glicemia, la risposta a Gasparri poi tornando serio: “In Rai mi sento libero perché la libertà è uno stato dell’anima. Invito i politici a confrontarsi con Report perché spesso evitano di farlo”. Tra i politici presenti spiccano Giuseppe Conte, Ilaria Cucchi e Nicola Fratoianni.