Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella è stato in visita nella zona del 38esimo parallelo: attualmente de-militarizzata, corrisponde al confine che tiene divise le due Coree, quella del Nord da quella del Sud. Il presidente Mattarella ribadisce come si tratti di un’area fondamentale per prevenire nuovi contrasti: il mancato conseguimento della pace, infatti, per definizione include il rischio di nuove successive violenze.
“Qui si è svolta una pagina cruciale della storia. Si comprende come una guerra che non si è mai conclusa con il conseguimento della pace comporta il rischio costante di nuove violenze e quanto qui viene fatto ha il respiro della storia, è particolarmente importante per evitare esplosioni di violenza ulteriori.”
Mattarella in Corea del Sud: il Presidente visita l’unico punto di incontro con Pyongyang
Il presidente italiano ha fatto visita alla Joint Security Area, ciò che rimane della piccola cittadina nel 38esimo parallelo dove si svilupparono le trattative per la fine della Guerra di Corea (tra il 1951 e il 1953). Di fatto, però, non si arrivò mai ad una pacificazione completa, motivo per cui fu creata questa zona attualmente de-militarizzata e continua ad essere l’unico punto di contatto tra le due nazioni. Si tratta di una striscia di terra lunga un pio di chilometri e oggi detiene un grande valore politico e militare, tanto da nominare gli edifici in cui tenne la firma il “villaggio dell’armistizio.“
Tenente Harrison della base ONU: “C’è sempre un rischio effettivo di guerra”
Ad accompagnare il presidente Mattarella in visita al paese è stato, tra gli altri, il tenente generale Andrew Harrison, vice comandante della base ONU del JSA.
“Questo è un luogo surreale perché dietro l’apparente tranquillità e pace si nasconde un effettivo rischio di guerra. La storia ci dà avvertimenti minacciosi.”
L’uomo si sofferma poi sul contributo dato dall’Italia all’epoca: pur non essendo ancora entrata formalmente nell’ONU, aveva dato un sostanzioso aiuto nella creazione di “un ospedale da campo durante la guerra di Corea, qualcosa che i coreani non dimenticano e ripropongono continuamente.”