Cresce la preoccupazione per la risoluzione della crisi La Perla, lo storico marchio bolognese di lingerie di lusso da anni in vertenza contro la gestione – o non gestione – della proprietà, dal 2018 in mano al finanziere tedesco Lars Windhorst e del suo Fondo Tennor.
Il tavolo ministeriale convocato ieri presso il MIMIT con la proprietà, le sezioni bolognesi e regionali dei sindacati Filctem Cgil e Uiltec, il rappresentante della città metropolitana di Bologna Lo Giudice e l’assessore regionale allo Sviluppo economico dell’Emilia Romagna Colla si è infatti risolto con un incredibile e ingiustificabile nulla di fatto.
Non solo, contrariamente a quanto convenuto, Windhorst non si è presentato all’incontro, ma dai consulenti inviati in rappresentanza non è arrivato quel piano industriale per il rilancio dell’azienda atteso dal 2018.
Per assurdo, anzi, nelle generiche dichiarazioni offerte alle Istituzioni italiane, il fondo Tennor ha chiaramente parlato di «razionalizzazione del sito bolognese» e di una prossima ulteriore «riduzione del personale» che arriverebbe dopo che la politica aziendale degli ultimi anni ha già ridotto all’osso le maestranze che hanno reso La Perla grande in tutto il mondo.
Crisi La Perla, il Fondo Tennor diserta l’incontro al MIMIT con le istituzioni italiane
Quanto accaduto ieri presso il MIMIT aggiunge, se fosse possibile, un nuovo incredibile e inaccettabile tassello alla storia della vertenza La Perla che non fa che aumentare le preoccupazioni circa la risoluzione di questa assurda crisi.
Il fondo Tennor, proprietario dello storico marchio bolognese dal 2018, ha infatti mostrato per l’ennesima volta di non avere alcun piano concreto per il rilancio del brand di lingerie bolognese, nonostante l’impegno precedentemente assunto e già scaduto il 15 di ottobre scorso.
Ma non solo. Ad emergere, in modo limpido, è lo sprezzo della proprietà nei confronti degli accordi presi con le Istituzioni italiane, rappresentate ieri dalla sottosegretaria Fausta Bergamotto e dai rappresentati della regione Emilia Romagna e della città metropolitana di Bologna.
A raccontare quanto accaduto ieri a TAG24 è Stefania Pisani, segretario generale Filctem Cgil di Bologna.
Crisi La Perla, Pisani (Filctem Cgil): “Il fondo Tennor non viene da noi? Andremo noi da loro”
Stefania Pisani, quanto accaduto ieri è davvero grave. Avete già deciso come proseguire la vostra lotta?
«Oggi abbiamo fatto le assemblee con le lavoratrici e abbiamo illustrato loro quanto accaduto ieri. Lo sconforto è tanto, anche perché quella di ieri è stata una situazione paradossale che crea non poche preoccupazioni.
Le dipendenti della Perla sono tuttavia fantastiche e hanno saputo subito trasformare il loro sconforto in lotta rivendicativa a presidio della democrazia. Hanno dimostrato immediatamente il senso di responsabilità sociale che manca totalmente a questa impresa.
All’unanimità si è deciso che, se il fondo Tennor non viene da noi, andremo noi da loro. Vogliamo alzare il livello della partita, dando alla nostra lotta una dimensione europea. Andremo presso la sede del fondo a Londra e cercheremo di metterci insieme ai sindacati londinesi e portoghesi.
Andare a Londra significa, peraltro, approfondire cosa c’è dietro la richiesta di fallimento de La Perla UK London.
La finanza speculativa non ha confini nazionali: bene, allora neanche la nostra voce deve averne»
Tavolo al MIMIT per La Perla, Pisani (Filctem Cgil): “Il comportamento del fondo Tennor è senza precedenti. Ma noi non ci fermeremo”
L’atteggiamento mostrato ieri dal fondo Tennor ha suscitato un senso di rivalsa anche nelle nostre Istituzioni?
«Quanto è accaduto ieri è stato davvero imbarazzante. Nessuno di noi, dai soggetti istituzionali alle rappresentanze sindacali, aveva mai vissuto una situazione surreale come quella che si è verificata.
Non solo l’azienda non ha mandato un suo rappresentante, ma addirittura ha mandato tre consulenti privi di alcun tipo di mandato in un incontro non informale, ma davanti le istituzioni italiane.
Neanche a dirlo, non è stato poi presentato nessun piano industriale né le garanzie finanziarie a supporto dello stesso. Alla nostra richiesta di fideiussioni bancarie c’è stato risposto che serviranno altri quattro mesi per presentare un piano industriale che doveva essere in campo già dal 2018.
La richiesta di questa ulteriore proroga, oltre a essere inqualificabile, mostra poi come la proprietà non abbia la più pallida idea di come funzioni il settore. Altri quattro mesi di attesa significano perdere la collezione primavera-estate, dunque ulteriori fatturati, e di conseguenza anche quella autunno-inverno. Dunque un altro anno di stallo che nei fatti significa che l’azienda è finita.
Senza considerare, infine, che hanno chiesto quattro mesi per un piano di razionalizzazione del sito di Bologna e per un piano di riduzione personale che hanno già massacrato ampiamente.
Ecco la fotografia della finanza speculativa che sta ammazzando il futuro delle nuove generazioni di questo Paese creando un deserto. Ma noi non ci fermeremo, vogliamo salvare la Perla».
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