Smettere di fumare è una delle decisioni più importanti che una persona possa prendere per migliorare la propria salute e la qualità della vita, ma non è semplice liberarsi dalla dipendenza da nicotina. Ne parliamo con il Professor Giuseppe Biondi-Zoccai, nella rubrica “Non solo trentatré”, curata dai Prof. Claudio Loffreda-Mancinelli ed Enrico Ferri.
ProfessoreAssociato inCardiologia presso Sapienza Università di Roma, oltre che presso l’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina.Laureato inMedicina eChirurgia presso l’Università di Milano. Specializzazione in Cardiologiapresso l’Università Cattolica del Sacro Cuoredi Roma. Fellowship in Cardiologia Interventisticapressol’Ospedale San Raffaeledi Milano. Master in Statistica presso Università Tor Vergata, Roma. Durante la sua formazione, ha effettuato periodi di training clinico-scientifico presso l’Hopital Hautepierre, Strasburgo, Francia, l’Aintree Hospital, Liverpool, UK, la Mayo Clinic, Rochester, USA, e il Mount Sinai Hospital, New York, USA. Curatore di numerosi libri e di oltre 970 articoli scientifici, è Editor-in-Chief di Minerva Cardiology and Angiology e membro dell’Editorial Board di numerosi giornali scientifici internazionali, tra cui l’European Heart Journal.
Smettere di fumare, le nuove opzioni
In Italia, la maggioranza degli adulti 18-69enni non fuma (59%) o ha smesso di fumare (17%), ma secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, 1 italiano su 4 fuma per un totale di circa 12 milioni.
È sbagliato credere che l’industria del tabacco contribuisca positivamente al bilancio dello Stato, grazie alle tasse imposte sui loro prodotti, creando lavoro nei settori dell’agricoltura, manifattura e distribuzione. Alcuni studi, inoltre, ipotizzano cinicamente che un ulteriore beneficio alle casse dell’erario sarebbe rappresentato dal fatto che molti fumatori morirebbero prima di raggiungere l’età pensionabile.
In realtà, lo Stato, ogni anno, introita dai 10 ai 14 miliardi di euro (includendo l’IVA), dalle vendite di tabacchi e affini. I costi alla Sanità, legati al tabagismo (malattie respiratorie, cardiovascolari, tumori, morti) sommate alla perdita di produttività delle persone affette da queste patologie, si aggirano intorno ai 26 miliardi di euro.
Professor Biondi-Zoccai, quanti tipi di fumo sono a disposizione del fumatore oggi?
Oltre alle sigarette classiche, si è assistito negli ultimi anni alla diffusione di prodotti alternativi e a un aumento di vendite di tabacchi trinciati dovuto forse al falso preconcetto che fumare sigarette confezionate a mano con tabacco sciolto, con tabacco naturale ritenuto privo di additivi, sia meno dannoso per la salute. Questo è falso. Anzi, soprattutto tra i meno abbienti, il minor costo di questi prodotti può avere l’effetto di avvicinare più persone al fumo.
Vi è la sigaretta elettronica, un dispositivo che riscalda una soluzione di una sostanza con o senza nicotina, produce un aerosol dal sapore e sensazione simili a quelle provocate dal fumo di tabacco. A differenza di quest’ultimo manca la combustione e il rischio cancerogeno è teoricamente più basso. infine abbiamo sigarette con tabacco riscaldato, nuovo prodotto entrato sul mercato, che funziona inserendo una piccola sigaretta di tabacco all’interno di un apparecchio, che scalda il tabacco senza bruciarlo.
Sia le sigarette elettroniche (e-cig) che i dispositivi a tabacco riscaldato vengono commercializzati come prodotti meno nocivi alla salute, prodotti a potenziale rischio ridotto, soprattutto per la mancanza di combustione.
Le sigarette di nuova generazione
Qual’ è l’opinione degli esperti al riguardo?
Sicuramente le sigarette di nuova generazione o, come vengono chiamati nel mondo scientifico: “i prodotti a rischio modificato”, hanno un rischio significativamente minore delle sigarette a combustione. Sul fatto che siano prodotti meno pericolosi, sembra esserci una sostanziale convergenza dei molti esperti e ricercatori che hanno partecipato al quinto summit scientifico ‘Tobacco harm reduction: novel products, research & policy’, svoltosi ad Atene nel Settembre 2022. Il problema è che, essendo prodotti nuovi, non abbiamo studi di follow-up a 20-30 anni.
Mentre a livello anglosassone queste nuove forme di fumo vengono viste come un primo passo verso l’eliminazione del fumo, in Italia c’è forse un atteggiamento diverso?
La posizione italiana, a differenza di quella anglosassone, è poco pragmatica. In un certo senso si tende a “demonizzare” l’uso di tabacco o di forme alternative, considerando quest’ultime un po’ come un cavallo di Troia per creare un nuovo tipo di dipendenza.
Vi sono, tra gli esperti, due scuole di pensiero. Alcuni ritengono che la miglior cosa sia smettere completamente di fumare, processo a volte difficile da implementare e che spesso richiede non solo grande motivazione, ma anche supporto farmacologico ed emotivo. Altri propendono per un processo più graduale, che eviti quegli squilibri che la privazione acuta della nicotina, nel fumatore cronico, possono causare. In questo caso, l’utilizzo di dispositivi senza combustione può essere una opzione.
Il fatto che questi nuovi prodotti vengano ritenuti meno pericolosi può essere un motivo che spinge anche non fumatori a farne uso?
Questa è la domanda chiave. Si possono vietare, come è stato fatto per l’alcol in passato, e dover poi fronteggiare una marea di problematiche scaturite da questo divieto. Basta pensare al periodo di proibizionismo negli Stati Uniti. Noi siamo molto combattuti tra il rendere questi prodotti accessibili ai fumatori tradizionali in modo che riescano a smettere con più facilità e, allo stesso tempo, si teme di creare una nuova classe di dipendenti, tra i giovani, tra chi fuma o non fumava più.
Ma l’uso di queste alternative ha senso?
Certamente. Ma l’approccio migliore è rappresentato da un uso temporaneo e mirato. Personalmente io raccomando che il fumatore di sigarette tradizionali passi all’uso di sigarette a vapore o dispositivi che utilizzano il riscaldamento del tabacco per un tempo limitato (3-6 mesi), per poi smettere completamente. Ma questo non rappresenta ciò che vuole la grande azienda che mira alla formazione di una nuova classe di dipendenti cronici.
Il pubblico è informato sulle qualità di questi prodotti e sul loro uso ottimale?
Purtroppo, no. Il loro uso, il più delle volte, è fatto in maniera poco consapevole, non vengono promossi o utilizzati nel modo corretto. Diretta conseguenza della disponibilità di questi dispositivi alternativi al fumo classico, è il fatto che molti consumatori abbiano cambiato le proprie preferenze perché ritengono che queste modalità siano meno dannose e possano rappresentare un primo passo verso la cessazione completa nel fumare. È comunque importante fornire al fumatore indicazioni valide e fondate su ricerche specifiche, in modo da evitare che la conoscenza di potenziali benefici o problemi si basi solo sul “sentito dire”. La cultura di prevenzione, di comportamenti corretti, di conoscenza di alternative, deve basarsi su informazioni scientifiche comprovate. Alcuni studi inoltre pongono in evidenza che con l’uso di questi dispositivi, quando associati a consulenza e supporto medico, si sia riscontrato il doppio di probabilità di successo nello smettere di fumare, rispetto a chi ha utilizzato sostituti a base di nicotina, come gomme o cerotti”.
Sarebbe quindi fondamentale che il processo di uso, consumo, tipologia e durata del trattamento, fosse promosso e attuato sotto controllo medico, anche con dimostrazioni, seminari, tutorials, opuscoli. Fermo restando che si deve raccomandare questo trattamento per un periodo temporaneo definito, ricordando che lo scopo finale è quello di smettere di fumare. Purtroppo, attualmente non vi è appunto un sistema, linee guida, protocolli che affrontino il problema in modo organizzato e standardizzato.