Il periodo di prova lavoro è una fase fondamentale nella relazione lavorativa tra un’impresa e un nuovo assunto. Nel panorama lavorativo legale odierno, è il primo step da superare per poi ottenere l’assunzione definitiva e il contratto. Andiamo a vedere come funziona e se e quanto può essere ripetuto nel tempo.
Periodo di prova lavoro: cosa dice il nuovo Decreto Trasparenza
La normativa vigente, riassunta nel Decreto Legislativo n. 104/2022 (art. 7, comma 1), ha delineato un quadro preciso per la gestione del periodo di prova, imponendo alle aziende di rimanere aggiornate per evitare sanzioni. La durata massima del periodo di prova, secondo la normativa vigente, non può essere superiore a sei mesi, fatta eccezione la possibile durata inferiore prevista dalle normative dei vari contratti collettivi.
Cos’è il periodo di prova nel contratto di lavoro?
Nel momento in cui si sottoscrive un contratto di lavoro, il periodo di prova rappresenta quella fase iniziale dove datore di lavoro e lavoratore possono valutare la reciprocità della scelta fatta. È una fase di reciproco esame, in cui si possono verificare le attitudini del lavoratore e la sua adattabilità al contesto aziendale, senza dimenticare la possibilità per il lavoratore stesso di valutare l’ambiente di lavoro.
Diritti e durata del periodo di prova
Durante questa fase iniziale, i diritti e i doveri sono identici a quelli post-assunzione, con la particolarità che il rapporto di lavoro può essere interrotto da entrambe le parti senza preavviso o motivazione specifica. Al termine del periodo di prova, se non vi sono state rescissioni, il rapporto lavorativo prosegue senza necessità di ulteriori formalità.
Il patto di prova è un elemento contrattuale che deve essere chiaro e sottoscritto all’inizio del rapporto lavorativo. Deve quindi essere esplicitato al momento dell’assunzione, preferibilmente nella lettera di assunzione o in un documento separato, e deve essere firmato prima dell’avvio dell’attività lavorativa. L’omissione di tale patto o la sua stipulazione postuma annulla la sua validità legale.
Qualsiasi accordo preso dopo l’avvio dell’attività lavorativa non avrà valore legale e le parti dovranno attenersi alle clausole generali del contratto di lavoro.
Qualora un lavoratore desiderasse recedere dal rapporto di lavoro senza aver firmato un patto di prova, sarebbe necessario seguire le procedure standard, incluse le dimissioni telematiche.
La durata del periodo di prova è stabilita in modo specifico e non può eccedere i 6 mesi per i lavoratori non dirigenziali e i 3 mesi per i dirigenti. Tali durate possono subire variazioni solo in accordo con il contratto collettivo nazionale di riferimento.
Come gestire il periodo di prova nei contratti a tempo determinato
I contratti a tempo determinato sono soggetti a regole precise per quanto riguarda il periodo di prova. Per i contratti a tempo determinato, la durata del periodo di prova deve essere adeguata alla lunghezza del contratto e alle specifiche mansioni. Questo significa che il periodo di prova deve essere proporzionale alla natura e alla durata dell’impiego.
Una possibile linea guida per la proporzione della durata del periodo di prova potrebbe essere la seguente: per contratti di lavoro a tempo determinato con durata inferiore a un anno, si potrebbe applicare una formula che divide la durata standard del periodo di prova per dodici e moltiplica il risultato per i mesi di durata del contratto.
A ogni modo, il periodo di prova nei contratti a tempo determinato, generalmente, non può essere inferiore a un giorno lavorativo e non superiore a un quindicesimo della durata totale del contratto.
Cosa succede nei contratti a tempo indeterminato
Per i contratti a tempo indeterminato, la durata del periodo di prova varia in base alla posizione lavorativa occupata dal dipendente. Il periodo massimo ammesso per personale con funzioni dirigenziali è di 6 mesi di calendario, mentre per impiegati e operai specializzati con autonomia operativa si parla di 50 giorni lavorativi, e per quelli senza autonomia operativa il limite è di 30 giorni lavorativi.
È importante notare che, nel passaggio da un contratto a termine a uno indeterminato, la legge preclude la possibilità di concordare un nuovo periodo di prova.
Il periodo di prova lavoro può essere interrotto o sospeso?
Il periodo di prova può essere interrotto o sospeso in casi particolari, come malattie o altri eventi che impediscano l’espletamento del lavoro. In questi casi, il periodo di prova si estende di un periodo equivalente a quello della sospensione.
Pertanto, la legge italiana prevede che il periodo di prova possa essere esteso in relazione a specifiche circostanze che comportano l’assenza del lavoratore. Tali circostanze includono eventi quali malattie, infortuni, congedi per maternità o paternità obbligatori. Secondo le disposizioni legislative, ogni giorno di assenza dovuto a queste cause porta a un equivalente prolungamento del periodo di prova.
Al contrario, pause lavorative standard come giorni festivi e riposi settimanali non sono considerate interruzioni valide per l’estensione della fase di valutazione.
Una questione spinosa si presenta quando l’accumulo di assenze porta il periodo di prova a superare la soglia massima di sei mesi. La normativa non fornisce una soluzione univoca, lasciando spazio a interpretazioni che devono essere bilanciate tra il rispetto della durata massima e la necessità di un periodo di prova efficace per valutare le competenze del lavoratore.
Il periodo di prova lavoro può essere ripetuto?
Per chi si ritrova a negoziare un nuovo contratto con un’ex impresa, è essenziale sapere che, secondo l’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 104/2022, il periodo di prova non è ammissibile se si è già lavorato per la stessa azienda svolgendo identiche funzioni. Pertanto, i datori di lavoro devono esaminare attentamente la storia lavorativa del candidato prima di proporre un nuovo periodo di prova. Le tipologie contrattuali precedenti, indipendentemente dalla loro natura, possono influenzare la legittimità di introdurre un periodo di prova nel nuovo contratto.
Nel caso di rapporti di lavoro precedenti di natura intermittente o collaborazioni coordinate e continuative, si rende necessaria un’analisi approfondita. La valutazione deve prendere in considerazione non solo le attività svolte, ma anche le modalità di esecuzione per determinare se il periodo di prova sia stato già effettivamente sperimentato.
Situazioni di licenziamento illegittimo
La legge tutela i lavoratori da licenziamenti ingiustificati durante il periodo di prova. Se un lavoratore viene licenziato per motivi discriminatori o non strettamente legati alle sue prestazioni lavorative, egli ha il diritto di chiedere un risarcimento per il danno subito.
Leggi anche: Licenziamento per rifiuto passaggio a full time è legittimo?
Periodo di prova e lavoro domestico
Il lavoro domestico si distingue per avere un periodo di prova specifico, la cui durata varia in funzione del ruolo svolto. Le normative proteggono anche queste categorie lavorative, garantendo la remunerazione durante il periodo di prova e prevedendo obbligazioni precise per i datori di lavoro in caso di licenziamento.
Periodo di prova tramite agenzie di somministrazione
Quando il rapporto di lavoro si stabilisce attraverso un’agenzia di somministrazione, le regole del periodo di prova cambiano in base al tipo di contratto. Questo aspetto risulta cruciale per definire la struttura e la validità del periodo di prova.