Nell’annosa diatriba che si riaccende ogni anno tra i detrattori di Halloween che festeggiano Ognissanti e gli appassionati di travestimenti e luminarie di zucca intagliata, come mi viene chiesto da Livia Ventimiglia e Simone Lijoi nella trasmissione “AAA stabilità cercasi”, in onda su Radio Cusano Campus, io mi colloco in una posizione che promuove l’integrazione tra due ricorrenze i cui contenuti, non solo non sono in contrasto, ma hanno sorprendenti punti di contatto che per i più risulteranno inattesi, dal momento che su Halloween gravano una serie di pregiudizi facilmente confutabili.
Il primo è che Halloween sia una festa americana, dunque estranea alla nostra cultura: peccato che la sua origine affondi le radici nel nord Europa e precisamente in Irlanda, dove veniva chiamata Samhain e corrispondeva al Capodanno celtico che veniva celebrato nelle giornate dal 31 ottobre al primo novembre a sancire definitivamente la fine dell’estate che lasciava il posto all’inverno.
Halloween o Ognissanti? La psicoterapeuta Di Filippo: “Sono per l’integrazione delle due ricorrenze”
Lo stesso termine Halloween deriva dall’arcaico All Hallows Eve, che vuol dire Vigilia di Ognissanti e corrisponde a quel particolare momento sospeso tra la luce e il buio, tra il vecchio ed nuovo, ma anche tra la dimensione umana e quella ultraterrena.
I celti, infatti, ritenevano che durante Samhain la barriera tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliasse, in modo che i secondi potessero tornare nei luoghi amati e che i primi si preparassero ad accoglierli con calore.
Ciò che non tutti sanno è che, in seguito al dominio dei Romani sui Celti, la Chiesa tentò di convertire i culti pagani, cui i dominati erano pervicacemente legati e così nel VII sec. d.C. il culto di Ognissanti che onorava il martirio dei primi cristiani, venne spostato da Maggio al primo novembre in modo da sovrapporlo ai riti celtici del 31 ottobre.
Ecco perché vi sono, nelle tradizioni locali del nostro Paese, inaspettate analogie con simboli e ritualità di Halloween che si integrano armonicamente con la commemorazione di Ognissanti.
Ogni regione ha un dolce dedicato alla festività di Ognissanti in memoria della richiesta da parte dei primi cristiani di una prelibatezza che aveva il nome di “pane d’animo” in cambio delle loro preghiere per i defunti e da questa usanza ebbe origine nel Medioevo la consuetudine di far andare i bambini di casa in casa con questa finalità, mentre ancora oggi in Sardegna i piccoli si recano nelle altrui dimore alla ricerca di offerte per le anime dei trapassati.
La commemorazione dei defunti nelle Regioni d’Italia
In Sicilia è radicata la credenza che i defunti la notte di Ognissanti portino in dono dolci ai bambini e a Manfredonia che riempiano delle calzette appese accanto ai loro letti.
In diverse località si ritiene che i cari estinti possano tornare temporaneamente nei luoghi in cui hanno vissuto per assistere alle celebrazioni a loro dedicate e/o per nutrirsi e riposarsi. Nelle campagne del Friuli si pensa che i morti vadano in processione presso chiese fuori dall’abitato dopo essere usciti dai sepolcri vestiti di bianco e se qualcuno, per sbaglio, dovesse assistere a tali celebrazioni morirebbe prima dell’alba.
In Veneto si crede che i morti tornino per riposare: nelle zone rurali del vicentino le donne, il due novembre, lasciano la mattina presto le loro case perfettamente rassettate, in modo che i trapassati possano farvi ingresso e riposarsi.
In Piemonte, dopo aver recitato il rosario e consumato la cena di Ognissanti a base di castagne, viene lasciata la tavola imbandita per permettere ai defunti di rifocillarsi.
Questo rapporto tra l’affettuoso ed il terrifico con i defunti, ancora così sentito nelle tradizioni locali, ricorda certe suggestioni della festività celtica, così come aspetti rituali simbolici ed iconici che sembrano essere stati tramandati da tempi immemorabili attraverso influssi prevedibili.
La giornalista Livia Ventimiglia, a proposito di ciò, ricorda la poesia “La tovaglia” di Giovanni Pascoli, in cui ad una bambina veniva raccomandato di togliere la tovaglia dopo il pasto per evitare l’arrivo delle anime dall’oltretomba. La piccola però, divenuta adulta, la lascia proprio per far accomodare i cari scomparsi, mostrando così l’altro volto del legame che si ha con i trapassati.
Quindi ognuno declina determinate manifestazioni della festività secondo il proprio sentire? Mi ha chiesto il conduttore Simone Lijoi.
Indubbiamente, ho risposto io. Non ha senso screditare una festa in luogo dell’altra: la ricorrenza di Ognissanti può rappresentare l’opportunità di rendere omaggio ai Santi e il giorno dopo ai defunti secondo la ritualità tradizionale per chi è credente.
Al contempo può dar modo di riconsiderare, valorizzandole, le tradizioni locali, così vicine ad Halloween che consentono una qualche prossimità con chi abbiamo perduto tenendo conto che il consumismo, la superficialità e la mistificazione non appartengono all’una o all’altra festività quanto alla modalità con cui la ricorrenza è percepita e conseguentemente vissuta.
di Alexia Di Filippo psicologa e psicoterapeuta