Durante gli ultimi anni, le aziende hanno dato sempre più peso al benessere dei propri dipendenti, adottando maggiori misure nell’ambito dei welfare aziendali: si pensi, per esempio, ai fringe benefit oppure ai buoni pasto: come funzionano, quando spettano alle Partite Iva?

Nel testo, parleremo proprio dei buoni pasto, spiegando quando spettano alle partite Iva e alle ditte individuali, come funzionano, quali sono i vantaggi economici e quando sono dovuti.

A chi spettano i buoni pasto

Le aziende prestano sempre maggiore attenzione al benessere dei propri dipendenti, erogando diverse misure rientranti nell’ambito del welfare aziendale.

Tra i benefit, ci sono i buoni pasto. Di cosa si tratta? I buoni pasto sono un sistema sostitutivo di pagamento per l’acquisto di un pasto o un prodotto alimentare. Vengono conosciuti, più comunemente, con il nome di ticket restaurant e sono definiti dall’articolo 2 del DM n. 122/2017.

I benefit possono essere erogati a tutti, a prescindere dal tipo di contratto e dal regime di lavoro. Possono usufruire dei benefit, compresi i buoni pasto, sia i lavoratori con contratto a tempo indeterminato che a tempo determinato, sia i lavoratori con contratto di lavoro a tempo pieno che quelli con contratto parziale.

I buoni pasto non spettano solo ai dipendenti, ma anche ai dirigenti, ai soci, ai liberi professionisti e a tutti i collaboratori. Inoltre, spettano anche agli stagisti e agli apprendisti.

Come sapere, nello specifico, chi ne ha diritto? È sufficiente far riferimento al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di appartenenza.

Come funzionano i buoni pasto per le Partite Iva

Uno degli argomenti più gettonati quando si parla di buoni pasto, è la deducibilità per i liberi professionisti e per le ditte individuali. Ci sono, infatti, alcuni limiti, sia per quelli elettronici che cartacei, entro i quali non concorrono alla formazione del reddito complessivo di lavoro.

Il libero professionista, il titolare di Partita Iva o la ditta individuale che decide di fornirli ai propri dipendenti potrà dedurre totalmente il costo sostenuto per il loro acquisto.

I buoni pasto per le Partite Iva hanno un valore che va da un minimo di 2 euro ad un massimo di 10 euro. Come funzionano? Abbiamo spiegato che sono disponibili in due forme:

  • Cartaceo, ovvero rappresentato da un ticket su cui è posto il valore economico del documento e l’impresa che l’ha rilasciato;
  • Elettronico, che può essere utilizzato direttamente tramite i POS degli esercenti oppure online.

Naturalmente, i buoni pasti si possono usare solo per l’acquisto di alimenti, bevande e per fare la spesa al supermercato. A partire dal 2020, è stato ammesso l’utilizzo dei ticket restaurant anche nei ristoranti oppure negli agriturismi.

Quando spettano e quali sono i vantaggi

Tutti i lavoratori hanno diritto a ricevere i buoni pasto, ma il datore di lavoro non è tenuto ad erogarli, se non in due casi:

  • Se il benefit rientra nella contrattazione individuale o decentrata;
  • Se il benefit è previsto dal CCNL.

L’utilizzo dei buoni pasto può portare molti benefici, sia a chi li concede che a chi li usa. Chi li emette può fare affidamento su un risparmio fiscale considerevole. Nello stesso tempo i dipendenti che li ricevono hanno un maggiore potere d’acquisto.

Soffermiamoci sempre sul caso dei professionisti o dei lavoratori autonomi. Se vengono acquistati per erogarli ai propri collaboratori o dipendenti, allora l’autonomo potrà dedurre integralmente il costo che sostiene per il loro acquisto. Non potrà, però, detrarre l’Iva agevolata al 4% addebitata dalla società che emette i buoni pasto per i dipendenti.

Quando, invece, i buoni pasto vengono acquistati per se stessi perché non si hanno dipendenti, la deducibilità è inferiore. In questo caso, il costo è del 75% del prezzo d’acquisto ma solo nel limite del 2% del fatturato totale annuo.

Leggi anche: Buoni pasto elettronici: cosa sono, come funzionano e soglie di esenzione e Riforma fiscale, nuove regole e limiti per i fringe benefit: ecco cosa cambia