Pur non avendo una grande copertura mediatica, Unus Sed Leo è riuscito a raggiungere il 21° posto nella classifica relativa alla capitalizzazione di mercato. Un risultato assolutamente inatteso, anche in considerazione del fatto che si tratta di un token nato per rimediare ad uno dei maggiori scandali mai avvenuti in ambito crypto.
Il token, infatti, è stato lanciato dopo un maxi sequestro con conseguente multa da 750 milioni di dollari di cui fu oggetto Ifinex, l’azienda che gestisce l’exchange centralizzato BitFinex. Una vicenda collegata all’opaca gestione di Tether, perseguita dal procuratore generale di New York, Laetitia James. In pratica, LEO fu messo in campo con un piano ben preciso e molto diverso all’atto pratico da quello di tutte le altre criptovalute: permettere la prosecuzione delle attività dello scambio venendo utilizzato al suo interno per il pagamento delle commissioni e avere altri vantaggi, rappresentando di fatto una ipoteca sui futuri guadagni.
Unus Sed Leo: cos’è e come funziona
Unus Sec Leo è una stablecoin lanciata sul mercato dall’exchange BitFinex. Il suo varo è collegato allo scandalo di cui è stata protagonista Ifinex, la società che ha lanciato anche Tether, la maggiore stablecoin esistente. Come è noto, questo genere di criptovalute promette stabilità ai possessori, da realizzare ancorandole ad un asset reale, nel caso di Tether i dollari statunitensi. Per ogni dollaro digitale emesso, ce ne deve essere uno reale a garanzia.
Nel caso di Tether, però, nonostante le rassicurazioni di Ifinex questo ancoraggio è venuto a mancare più di una volta. Considerati i rischi per i consumatori, è quindi intervenuta la procura di New York che ha comminato una maxi multa alla società. I 750 milioni di dollari avrebbero potuto rappresentare una pietra tombale per la prosecuzione delle attività, evitata appunto mettendo in campo Unus Sed Leo.
Si tratta in pratica di un utility token cui spetta il compito di agevolare le operazioni all’interno dello scambio. Inoltre riveste una funzione di garanzia. Ogni mese, infatti, l’azienda provvede a riscattare token per un importo pari al 27% dei profitti. Una parte dei token utilizzati sotto forma di commissioni viene inoltre sottoposto a burn, ovvero eliminato dalla circolazione, conferendo al token un ulteriore impulso in senso deflazionistico.
Stando al white paper emesso da Ifinex, l’offerta massima di LEO è pari ad un miliardo di esemplari. Mentre per quanto concerne l’ancoraggio è a Tether. Si tratta quindi di un sistema congegnato all’interno dell’azienda che, stando al riscontro di pubblico, sembra aver convinto i mercati, nonostante la controversa nascita.
I rischi di Unus Sed Leo e le prospettive
Solitamente, ogni criptovaluta presenta vantaggi e svantaggi da tenere in conto. Nel caso di LEO grandi vantaggi non sembrano essercene, se si fa eccezione per gli sconti ad esso collegati all’interno di BitFinex, pari al 15% sulle commissioni e sino al 25% sul prelievo e sul rifornimento di criptovaluta e denaro fiat.
A fronte di questi sconti, si prospetta però un pericolo di non poco conto. Unus Sed Leo, infatti, è praticamente legato mani e piedi al successo di BitFinex. Se l’exchange dovesse crollare per una improvvisa crisi di mercato o per nuovi incidenti con la giustizia, i soldi investiti sarebbero praticamente persi. Alla luce delle tante vicende oscure che hanno colpito gli scambi nel corso degli anni, si tratta di una ipotesi sempre presente.
Nonostante ciò, il token è riuscito ad affermarsi contro ogni previsione, sino a lambire la Top Ten della classifica di settore. In pratica è riuscito a calamitare la fiducia di un gran numero di investitori. Probabilmente il fatto di essere legato a Tether ha giovato alla sua immagine, invece di rappresentare un ostacolo. Considerata la schiarita che si prospetta per le criptovalute nell’immediato futuro, per LEO si può prevedere una crescita in termini di quotazione. La speranza è che tale crescita avvenga anche in termini di trasparenza, quella che troppo spesso è mancata a Ifinex.