Dallo scorso sabato mattina si trova in stato di fermo con l’accusa di aver ucciso i suoi due figli, Alice e Mattia, di quattro e due mesi: chi è Monia Bortolotti, la mamma di Pedrengo di cui parlano le pagine di cronaca. Avrebbe soffocato i bambini a distanza di neanche un anno l’uno dall’altro. Sui social per mesi avrebbe finto che fossero morti in culla, senza che lei potesse fare niente, mostandosi addolorata.

Chi è Monia Bortolotti, la 27enne accusata di aver ucciso i suoi due figli a Pedrengo

All’anagrafe si chiama Monia “Mia” Bortoletti, ha 27 anni ed è nata in India. A Pedrengo, in provincia di Bergamo, era arrivata – dopo essere cresciuta a Gazzaniga con i genitori adottivi, di origine italiana – insieme al compagno Cristian Zorzi, 52 anni, operaio. Vivevano in un piccolo appartamento di via Falcone e Borsellino, in un quartiere residenziale molto tranquillo, insieme ai due figli neonati.

Alice aveva quattro mesi, Mattia due. La giovane mamma è accusata di averli soffocati con un cuscino e con le braccia perché esasperata dal loro pianto, in due momenti diversi: la prima il 15 novembre del 2021; il secondo il 25 ottobre del 2022. Si pensava che fossero state morti “incidentali”, ma il fatto che fossero avvenute a poca distanza l’una dall’altra aveva insospettito gli inquirenti, spingendoli ad indagare.

L’autopsia effettuata sul corpicino di Mattia aveva rinviato la causa del decesso a un’asfissia meccanica da “compressione del torace”, facendo pensare a un gesto volontario della donna, che nel frattempo si era contraddetta più volte. Ulteriori accertamenti – tra cui la riesumazione della piccola salma di Alice – avrebbero permesso agli investigatori di scoprire che sarebbe stata lei a togliergli la vita.

La neomamma aveva già provato ad uccidere il piccolo Mattia

Non è tutto. Sembra che la 27enne avesse già provato a fare del male al piccolo Mattia. Qualche settimana prima che morisse, aveva chiamato allarmata il compagno, dicendogli che il neonato non respirava più. Quando l’uomo era arrivato a casa, trovando il figlio cianotico, aveva immediatamente chiamato i soccorsi. Il piccolo era stato trasportato d’urgenza all’ospedale Papa Giovanni XXIII e salvato dai medici di turno. Qualche giorno dopo sarebbe morto “in culla”, come la giovane mamma ostentava sui social.

Ho perso  la mia prima bimba in culla, soffocata da un rigurgito. La colpa è mia, per averla messa a dormire di lato sui suoi cuscinotti tanto morbidi. E il secondo, nato l’anno successivo, andatosene molto probabilmente schiacciato da me mentre mi sono addormentata allattandolo. Al mio risveglio era ancora vivo, ma per poco. La colpa è ancora mia perché, per evitare la stessa tragedia avvenuta alla sorellina, lo tenevo in braccio giorno e notte, camuffando le mie paure per non disturbare nessuno,

scriveva, cercando di difendersi dalle accuse che inevitabilmente sapeva sarebbero arrivate. Nel farlo incolpava la donna che l’ha cresciuta, Laura Brena, definendola “nociva e anaffettiva”, come se dai suoi comportamenti dipendessero i suoi. Poi, per mostrandosi addolorata per le perdite subite, aggiungeva:

Io giorno e notte continuo a chiedermi come sia successo e se sia davvero possibile sopravvivere a questo dolore, perché i bimbi non dovrebbero stare da nessuna parte, se non tra le braccia di mamma e papà.

Secondo coloro che l’hanno tratta in arresto avrebbe agito con lucidità e consapevolezza: sapeva bene, cioè, quel che stava facendo.

I precedenti di infanticidio in Italia

La storia di Bortolotti ha lasciato esterrefatta l’opinione pubblica nazionale, riportando alla mente di molti un’altra storia: quella di Veronica Panarello, di cui, da qualche giorno, si è tornati a parlare. La 26enne, originaria di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, uccise il figlio Lorys, di 8 anni, strangolandolo con delle fascette di plastica e ne gettò il corpo in un canalone della periferia comunale.

Arrestata e processata, non ha mai confessato il movente, ammettendo solo in parte le proprie responsabilità nel delitto. Di recente è stata condannata a due anni per calunnia perché in passato puntò il dito contro il suocero, sostenendo che fosse stato lui ad uccidere il bambino, per evitare che raccontasse al padre della relazione che aveva intrapreso con la madre.

In questo articolo parlavamo di questo e di altri casi simili: Infanticidi in Italia: tutti gli omicidi di bambini tristemente noti alle cronache