Il mondo del tennis, ma dello sport in generale, sta facendo i conti con continui malumori per i calendari sempre più fitti: gli ultimi casi a Parigi Bercy e alle Finals WTA hanno acceso un campanello d’allarme. Il caso che ha visto coinvolto, suo malgrado, il numero quattro al mondo Jannik Sinner è lampante: l’italiano ha dovuto rinunciare agli ottavi di finale del Master 1000 di Parigi Bercy per una gara fissata 14 ore dopo la sfida vinta con McDonald terminata soltanto alle 2.37 di notte. Anche nella WTA la situazione non è migliore. Iga Świątek, numero due al mondo, ha polemizzato contro il trattamento riservato alle tenniste del circuito. Anche la vincitrice di Wimbledon 2023, Marketa Vondrousova, ha fortemente criticato l’organizzazione delle Finals. Dal tennis agli altri sport la situazione, comunque, sembra essere la stessa: calendari sempre più fitti a discapito della condizioni fisica e mentale degli atleti.
Il caso Sinner a Parigi Bercy e le lamentele in WTA
Il Master 1000 di Parigi Bercy si avvia alla conclusione e oggi è tempo delle semifinali. Il torneo parigino, però, è stato teatro di un importante caso. Il numero 4 al mondo, Jannik Sinner, ha dovuto dare forfait prima della sfida degli ottavi di finale contro Alex De Minaur. Il classe 2001 non era nelle condizioni fisiche ideali per affrontare la gara, avendo terminato l’incontro precedente – alle 2.37 di notte – soltanto 14 ore prima. Diversi tennisti del circuito ATP hanno criticato l’organizzazione di Parigi Bercy, che ha disegnato un tabellone ai limiti della follia per gli atleti impegnati.
Jannik Sinner ha ricevuto l’appoggio di diversi tennisti: Novak Djokovic, Casper Ruud e Stan Wawrinka, giusto per citarne alcuni, hanno mostrato sostegno al numero quattro al mondo e hanno evidenziato la pessima organizzazione del torneo parigino. Parigi Bercy è soltanto l’ultimo caso. Le condizioni degli atleti vengono messe sempre più in secondo piano rispetto al profitto e ai diritti televisivi. Negli US Open, per fare un altro esempio, Daniil Medvedev non ha usato troppi giri di parole per indicare lo stato in cui si stavano disputando alcune gare con temperature davvero elevate:
“Non potete immaginare… Un giocatore morirà e voi lo vedrete… Le condizioni erano brutali”
Il calendario del circuito ATP è sempre più ingolfato e i momenti di riposo per i tennisti sono sempre di meno. Una situazione simile anche nella WTA. In questo caso, poi, le tenniste stanno anche alzando la voce per protestare contro un trattamento non ritenuto consono.
“Sentiamo che nessuno ci ascolta, nessuno è interessato alla nostra opinione, è molto triste. Le finals WTA sono state una delusione”
Queste le parole di Markéta Vondroušová in occasione delle WTA Finals. La tennista ceca si è lamentata per le condizioni del terreno di gioco. Anche la numero due al mondo, la polacca Iga Świątek, è scesa in campo per chiedere un equo trattamento. Le tenniste, infatti, si lamentano dei premi, dei bonus in caso di infortuni e maternità e delle tante partite.
Il paragone con gli altri sport
Il tennis segue la scia di quanto sta accadendo anche negli altri sport. Calendari fitti di eventi si registrano in tanti sport. In NBA, per esempio, ogni franchigia gioca 82 partite l’anno, a cui si aggiungerà la neonata NBA Cup. Nel mondo dei motori, ormai, le sprint race sono diventate una consuetudine. Mentre in Formula 1 ce ne sono state sei su ventitré gare, la MotoGP ha scelto di farle disputare in tutte le gare. Uno stress fisico e mentale in più per gli atleti, chiamati a dover gestire le energie anche per questo format.
Anche il mondo del calcio non è esente. Le partite sono ormai ogni tre giorni e poche squadre riescono ad avere un’intera settimana per poter lavorare. FIFA e UEFA, come se non bastasse, hanno deciso di apportare modifiche: dalla nascita della UEFA Conference League al nuovo format della UEFA Champions League (che entrerà in vigore nella stagione 2024/25) fino all’allargamento del numero delle squadre ammesse alMondiale per Club e alla Coppa del Mondo. Più partite e più profitti a discapito, anche in questo caso, dei giocatori.