A nove anni dall’inizio del processo relativo all’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate di Sopra trovata morta tre mesi dopo la sua scomparsa in provincia di Bergamo, i legali difensori di Massimo Bossetti – condannato all’ergastolo nel 2018 – potranno accedere per la prima volta ai reperti che hanno permesso di incastrarlo, visionandoli in aula il prossimo 20 novembre. Si tratta di un risultato atteso, che però li soddisfa solo in parte. Abbiamo parlato del perché con l’avvocato Claudio Salvagni, che sostiene l’uomo, oggi 53enne, dal primo grado di giudizio.

Yara Gambirasio, ok all’accesso ai reperti per la difesa di Massimo Bossetti: l’intervista all’avvocato Claudio Salvagni

Un risultato che soddisfa solo in parte

Avvocato, di recente avete saputo che come legali di difesa avrete accesso ai reperti sul caso. Perché ci sono voluti tanti anni per arrivare a questo risultato?

“Come difesa abbiamo sempre chiesto di visionarli (perché in tutti questi anni i reperti non li abbiamo neanche mai visti, infatti io avevo detto, un po’ provocatoriamente, che per me potrebbero anche non esistere) e secondariamente di esaminarli, cioè di andare a verificare se il Dna rintracciato sui leggins e sugli slip della povera Yara – denominato ‘Ignoto 1’ – ci dà ancora lo stesso risultato, per capire se l’esame è stato fatto bene o è stato fatto con degli errori. Questa è la premessa”, spiega l’avvocato.

E aggiunge: “Il 27 novembre 2019, ben quattro anni fa, siamo stati autorizzati dal giudice dell’esecuzione di Bergamo ad effettuare sia la visione dei reperti che l’esame degli stessi. Quando abbiamo chiesto alla Corte d’Assise di Bergamo di indicarci le modalità operative, chiedendole: ‘Tecnicamente come facciamo ad esaminarli? Dove e come li esaminiamo?’, la Corte ci ha risposto che la nostra domanda era inammissibile. Da lì è cominciato un braccio di ferro con Bergamo. Noi a questa inammissibilità abbiamo opposto dei ricorsi in Cassazione (se non ricordo male siamo arrivati al sesto): la Cassazione ci dava ragione e ci rimandava a Bergamo e Bergamo dichiarava nuovamente inammissibili le nostre richieste”.

“Siamo così arrivati all’ultima sentenza della Cassazione, che nel maggio 2023 ha annullato il provvedimento di Bergamo, rinviando sempre alla Corte d’Assise la decisione – prosegue -. Questa volta però ha detto: ‘Il provvedimento del 27 novembre vi autorizzava solo a vedere i reperti, quindi se volete esaminarli dovrete fare una nuova istanza’. In realtà nel provvedimento c’è scritto che potevamo e dovevamo analizzarli. Ora, avendo così deciso la Cassazione, Bergamo per la prima volta dopo nove anni dall’inizio del processo e dopo quattro anni dalla nostra autorizzazione ha detto sì”.

“Ci farà vedere i reperti, con tutte le cautele del caso. Sicuramente è un provvedimento che introduce una novità rispetto a tutta l’epoca precedente, ma manca un pezzo, che è quello dell’esame. Io spero e credo che, avendo invertito l’orientamento di marcia, questa cosa si potrà fare in un prossimo futuro – aggiunge -. Si tratta del primo passo per un percorso più complesso, che speriamo ci possa portare alla revisione. Ma è solo un primo passo. Quindi siamo moderatamente soddisfatti”.

La possibile revisione del processo sull’omicidio di Yara Gambirasio

Se doveste decidere di presentare una nuova istanza per riesaminare i reperti e dal riesame dovessero emergere delle novità potreste chiedere una revisione del processo, quindi…

“Certo, perché questo processo si fonda praticamente tutto sull’esame del Dna. Senza quel Dna cadrebbe tutta l’impalcatura, quindi dobbiamo riesaminarlo. Chiaro è che se il risultato fosse confermato non ci sarebbe la necessità di fare una revisione. Se invece il risultato dovesse essere stravolto, a quel punto sarebbe automatica la richiesta di revisione”.

Massimo Bossetti innocente?

Qual è lo stato d’animo del suo assistito alla luce di questi sviluppi? Spera di poter arrivare a una revisione e di poter essere scagionato?

“Mentre noi della difesa siamo contenti, ma con delle riserve, Massimo Bossetti è contento perché per lui si accende una luce in fondo al tunnel. Dice di essere convinto che piano piano arriveremo alla verità – spiega ancora l’avvocato -. Purtroppo è una maratona, ma ce la faremo. La cosa incredibile, e questo voglio sottolinearlo, è che questa cosa c’era stata autorizzata quattro anni fa. Sono stati sprecati quattro anni a colpi di ‘carta bollata’, ricorsi e controricorsi. È totalmente assurdo, è un diritto del condannato fare queste indagini difensive, quindi perché non fargliele fare subito? Alla fine lui è in carcere e se fosse in carcere da innocente sarebbe gravissimo”, conclude.