La Procura di Ancona sta lavorando senza sosta per cercare di fare luce sul caso della ragazza bengalese morta suicida a soli 15 anni. Nel registro degli indagati per istigazione al suicidio è stato iscritto il padre: secondo gli inquirenti potrebbe averla costretta a contrarre un matrimonio combinato, spingendola al gesto estremo.

Ragazza bengalese suicida a 15 anni ad Ancona: indagato il padre

Lo scorso lunedì la 15enne era precipitata da un balcone al terzo piano dell’edificio in cui viveva insieme alla famiglia di origine bengalese, ad Ancona, riportando ferite gravissime. Era morta in ospedale dopo giorni di agonia. I passanti che hanno assistito alla scena hanno parlato di un gesto volontario, sostenendo che la ragazza si sia sporta e poi gettata di sua volontà, facendo un volo di oltre dieci metri.

Gli inquirenti, però, sospettano che dietro al gesto si celi altro. Per questo, dopo aver aperto un fascicolo d’inchiesta per istigazione al suicidio, hanno iscritto nel registro degli indagati il padre. Secondo molti si tratta di un “atto dovuto”, per permettere all’uomo di prendere parte ai vari accertamenti che saranno effettuati per fare luce sul caso.

Altri parlano, invece, di “ombre”: è possibile che l’uomo, operaio in un cantiere navale, possa aver influito, con i suoi comportamenti, sulla decisione della figlia. Sembra che il giorno successivo al suicidio la 15enne avrebbe dovuto sottoporsi a una visita ginecologica all’ospedale Salesi e che sul suo diario segreto avesse scritto di esserne spaventata. Non voleva andarci. Forse temeva di scoprire una gravidanza indesiderata?

Il Resto del Carlino avanza un’altra pista: quella del matrimonio combinato. È possibile, dice, che la 15enne fosse venuta a conoscenza della scelta del padre di prometterla in sposa a qualche connazionale. Per questo, forse, avrebbe voluto portarla in Pakistan per qualche mese, contro la sua volontà. Era un’adolescente, probabilmente sognava una vita come tante, contro le regole imposte dalla religione.

I precedenti

Nelle prossime ore gli inquirenti passeranno al setaccio il suo smarthpone, alla ricerca di indizi che possano fare luce sulla verità. Fondamentali saranno i risultati dell’esame autoptico. Per ora sul corpo della 15enne non sarebbero stati trovati segni di violenza. Se ci siano indizi relativi a una gravidanza, invece, non è chiaro: al riguardo vige il massimo riserbo.

Meno dubbi si hanno sul contesto in cui il suicidio si è consumato. Un contesto di dissidi e di costrizioni, che a molti ricorderà quello che ha avvolto anche altre storie: quella di Sana Cheema e di Saman Abbas, ad esempio, di cui si discute molto in questi giorni. La 18enne pakistana, residente a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, fu uccisa dai familiari dopo aver rifiutato le nozze combinate: avrebbe dovuto sposare un cugino che il padre e lo zio avevano scelto per lei, tornando in Pakistan.

In cambio l’uomo avrebbe dato loro una somma di circa 15mila euro. Lei, però, amava un altro: un ragazzo che la famiglia non aveva mai accettato, di nome Saqib Ayub. Insieme erano scappati di casa, alla ricerca di un futuro migliore. Poi la 18enne era stata convinta a tornare dalla madre Nazia (attualmente ricercata), con la promessa che avrebbero accolto di buon grado ogni sua scelta.

Quando Saman era rincasata, i piani per ucciderla erano già pronti e i cinque parenti finiti a processo avevano già preparato la fossa in cui sarebbe stata ritrovata senza vita. Parlavamo degli ultimi sviluppi del caso in questo articolo: Processo Saman Abbas, il fratello Alì Haider: “Ho detto la verità, voglio giustizia. Prima ero come i miei, ora mi sento libero”.