Di misteri tutti italiani ne esistono molti. Qualcuno li chiama “i grandi misteri” del Bel Paese. Sono i delitti che non hanno mai trovato un colpevole, le stragi rimaste senza un movente, accomunate dal fatto di aver scosso, toccato, l’opinione pubblica nazionale. È anche il caso dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini, “l’intellettuale scomodo”, brutalmente ucciso nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975.

La misteriosa morte di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia: un omicidio sessuale o politico?

L’assassinio

Sono le 6.30 di una fredda mattina di novembre. Il corpo di Pier Paolo Pasolini giace, senza vita, su una spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. È una signora che ha una piccola baracca nei dintorni a trovarlo, dando l’allarme. Il suo volto è praticamente irriconoscibile. Ma un amico, Ninetto Davoli, conferma che è lui.

Morte Pier Paolo Pasolini Ostia
2 novembre 1975, il corpo di Pier Paolo Pasolini negli attimi successivi al ritrovamento (foto di Ansa).

La voce corre, i giornali titolano le prime pagine “Pasolini assassinato”. Nelle case e nei bar non si parla d’altro. Solo qualche giorno prima, nella sua ultima intervista, rilasciata al giornalista Furio Colombo, il poeta (come lo avrebbe chiamato Moravia nella sua celebre orazione funebre), aveva detto:

“Siamo tutti in pericolo. Ecco il seme, il senso di tutto. Tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti”,

preannunciando, secondo molti, la sua fine.

L’arresto e la confessione di Pino Pelosi

Gli inquirenti sono convinti che l’assassino di Pasolini lo abbia prima percosso e poi investito: i segni rinvenuti sulla salma sono chiari. Le indagini si concentrano sugli ambienti frequentati dal poeta, notoriamente omosessuale.

A finire in manette, alla fine, è un 17enne di nome Pino Pelosi, dai tipici tratti dei “ragazzi di vita” protagonisti di molte opere pasoliniane: un giovane di strada, diviso tra microcriminalità e prostituzione. Fermato mentre si trova a bordo dell’auto del poeta, il ragazzo confessa il delitto.

Racconta che dopo essere stato adescato dallo scrittore vicino alla Stazione Termini, insieme avevano cenato al ristorante Biondo Tevere, nei pressi della Basilica di San Paolo, per poi dirigersi ad Ostia, dove avrebbero dovuto consumare un rapporto sessuale.

Pino Pelosi
Una foto di Pino Pelosi tratta dall’archivio Ansa.

Dice di aver colpito Pasolini con un bastone di legno rinvenuto sulla spiaggia al culmine di una lite, dopo aver rifiutato le sue avances. Dice anche che, dopo averlo lasciato a terra inerme, gli sarebbe passato sopra con l’auto, per sbaglio. Tutti si convincono che quello del poeta sia stato un omicidio sessuale.

Il Tribunale per i minori, allora presieduto da Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo Moro – che sarebbe stato rapito e ucciso dalle BR tre anni più tardi –, condanna Pelosi per omicidio in concorso con ignoti. In secondo e in terzo grado, per volere della Procura, il “concorso con ignoti” cade. Si stabilisce, in pratica, che Pelosi ha agito da solo.

Le altre ipotesi sull’omicidio di Pasolini

Degli elementi, però, non tornano. Nel corso degli interrogatori a cui viene sottoposto, Pelosi si contraddice più volte. Si scopre che il bastone che avrebbe usato per uccidere Pasolini sarebbe, piuttosto, una tavoletta di legno deteriorata dall’umidità.

In molti si chiedono come sia possibile che abbia avuto la meglio, essendo il poeta molto allenato. Si ipotizza che il giovane fosse davvero con altre persone. Lui stesso, a un certo punto, parla di tre uomini dall’accento meridionale che, la sera del delitto, avrebbero raggiunto lui e Pasolini, offendendoli e scagliandosi fisicamente contro il poeta.

Qualcuno ipotizza addirittura che quello di Pasolini sia un omicidio politico, che qualcuno possa averlo preso di mira per le sue opinioni “scomode” o per via di un libro che era impegnato a scrivere, “Petrolio”, un’indagine sul ruolo di Eugenio Cefis nello stragismo italiano, che sarebbe uscito postumo.

Uno dei gialli più grandi resta il luogo del ritrovamento. Perché Pasolini e Pelosi sarebbero andati fino ad Ostia per un rapporto? L’Idroscalo non figurava di certo tra gli abituali luoghi frequentati dagli omosessuali del tempo. Una delle spiegazioni coinvolgerebbe un furto subìto dal poeta ad agosto: quello di alcune bobine del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”. Pasolini potrebbe essere stato attirato in una trappola, speranzoso di poterle recuperare.

I sospetti su Johnny Lo Zingaro

Tra le tante ipotesi, ce n’è una che sembra convincere più di altre: quella secondo la quale Pelosi avrebbe avuto solo il compito di “avvicinare” Pasolini, che poi sarebbe stato ucciso da più persone.

Secondo l’ex capo della squadra omicidi di Roma, oggi direttore operativo della Italpol, Antonio Del Greco, intervenuto come ospite nel corso dell’ultima puntata di “Crimini e criminologia”, andata in onda domenica su Cusano Italia Tv, potrebbe trattarsi di Giuseppe Mastini, alias Johnny Lo Zingaro (il cui anello fu ritrovato accanto al corpo del poeta), e di altri due pregiudicati.

“La tattica di Pino Pelosi e di Johnny Lo Zingaro era proprio quella: uno adescava l’omosessuale di turno e l’altro si appostava; lo rapinavano, lo riempivano di botte e quello non faceva mai denunce – ha spiegato –. Questa storia è andata avanti per tanto tempo. […] E molte rapine di queste sono sfociate in omicidi, occupando le cronache nere della Capitale”.

Pelosi non avrebbe mai fatto il nome del suo complice per paura: lo temeva.

Verso una possibile svolta

Per fare luce sull’accaduto occorrerebbe tornare ad indagare. Lo sostiene da anni l’avvocato Maccioni, che di recente ha chiesto alla Procura di Roma di riaprire il caso. Indizi importanti potrebbero emergere dall’analisi dei tre Dna rinvenuti sul luogo dell’assassinio di Pasolini e non attribuibili né al poeta né a Pelosi, da comparare, eventualmente, con quelli degli esponenti della criminalità organizzata romana. Si tratterebbe di un passo in avanti importante e potrebbe finalmente chiarire i contorni di un delitto che, dopo 48 anni, resta ancora senza una spiegazione.   

Domenica sera dalle 21.30 alle 23.30 sul canale 264 del digitale terrestre Fabio Camillacci e Gabriele Raho affronteranno, insieme ai loro ospiti, il caso del suicidio di Daniele Visconti, approfondendo l’argomento delle truffe amorose.