La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per Alessandro Impagnatiello, il 30enne di Senago accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, uccisa e data alle fiamme insieme al bimbo che portava in grembo da sette mesi lo scorso 27 maggio. Quattro le aggravanti – da ergastolo – contestategli: quella della premeditazione, della crudeltà, dei futili motivi e del vincolo di convivenza.
Omicidio Giulia Tramontano, chiesto il giudizio immediato per Alessandro Impagnatiello
Se il gip Angela Minerva accoglierà la richiesta della Procura, decidendo di processare Impagnatiello con il rito immediato, il 30enne andrà direttamente davanti alla Corte di Assise di Milano, dove rischia il massimo della pena, l’ergastolo: è accusato di aver ucciso a coltellate la compagna Giulia Tramontano, al settimo mese di gravidanza, e di averne soppresso il corpo.
Un omicidio premeditato per mesi. Come è stato appurato nel corso delle indagini, prima di arrivare all’estremo gesto il 30enne avrebbe provato ad avvelenare la giovane e il feto per diverso tempo, senza riuscirci: prima con del veleno per topi, poi anche con l’ammoniaca e con il cloroformio. Sul suo smartphone faceva ricerche come “quanto veleno è necessario per uccidere una persona”.
Nel frattempo conduceva una vita parallela, uscendo insieme a una collega di origini statunitensi. Era stata lei a smantellare il castello di bugie del 30enne, avvisando Giulia e chiedendole un incontro chiarificatore. Si erano viste, dopo aver parlato telefonicamente, all’Armani Bamboo bar di Milano, dove Impagnatiello lavorava come barman: lui aveva deciso di non presentarsi.
Una videocamera di sorveglianza installata nei pressi di una delle uscite del locale le aveva immortalate quando, dopo essersi confrontate, si stringevano in un commovente abbraccio. La ragazza avrebbe poi riferito che Giulia era intenzionata a lasciare il compagno e a trasferirsi dai suoi a Sant’Antimo, in provincia di Napoli: voleva costruirsi una nuova vita.
Dall’omicidio alla soppressione del cadavere
Impagnatiello si aspettava un suo allontanamento. Immaginava che, quel pomeriggio, la collega le avesse parlato di tutto: della loro relazione, durata un anno, della gravidanza interrotta per volere della giovane, che non si sentiva pronta a diventare madre. Sapeva che Giulia si sarebbe rivista nella sua situazione.
Per questo, dopo averla aspettata in casa – l’aveva colta di sorpresa, accoltellandola alla gola mentre era di spalle, impedendole di difendersi e di chiedere aiuto. Secondo l’autopsia le avrebbe sferrato 37 coltellate. Giulia sarebbe rimasta cosciente per tutto il tempo, morendo, ore dopo, per dissanguamento. A quel punto il 30enne ne avrebbe spostato il corpo nella vasca da bagno e avrebbe provato a dargli fuoco.
Non riuscendoci, dopo averlo coperto con della pellicola, lo avrebbe spostato, trascinandolo, nel suo box auto, provando a darlo alle fiamme una seconda volta. Lo avrebbe spostato ancora, in cantina e poi nel bagagliaio della sua auto. Quando lo aveva abbandonato, dietro all’intercapedine di un garage poco lontano dall’abitazione in cui convivevano, gli inquirenti si erano già messi alla ricerca della giovane.
Era stato lui a denunciarne la scomparsa, fingendo che si fosse allontanata volontariamente da casa al culmine di una lite. Insieme alla madre aveva passato al setaccio i locali adiacenti alla loro casa, chiedendo se qualche telecamera l’avesse immortalata. Si mostrava apprensivo, ma stava solo cercando di proteggere sé stesso.
Aveva confessato, accompagnando i carabinieri sul luogo del ritrovamento, mentre la scientifica analizzava, col luminol, ogni stanza della sua abitazione: sapeva che avrebbero trovato delle tracce, nonostante per giorni avesse cercato di eliminarle, pulendo. Avrebbe agito perché incapace di uscire dalla situazione nella quale si era cacciato conducendo una doppia vita e perché l’imminente parto della compagna avrebbe inficiato sulle sue ambizioni lavorative. È ciò che hanno ricostruito gli investigatori. Lui dal carcere ha sempre detto di averla ucciso “senza motivo”.