Enrico Mattei, uno dei protagonisti chiave del “miracolo economico” italiano nel dopoguerra, è annoverato tra i “capitani coraggiosi,” una categoria di leader industriali che, in un periodo cruciale per l’Italia, hanno saputo investire coraggiosamente e contribuire alla creazione di grandi realtà aziendali in vari settori dell’economia. Tra questi capitani coraggiosi figurano anche Adriano Olivetti, Giulio Onesti, Piero Pirelli, Giovanni Treccani ed Ermenegildo Zegna.
Enrico Mattei, cosa ha fatto?
Enrico Mattei nacque il 29 aprile 1906 nel paese di Acqualagna, situato nella provincia di Pesaro. Nel 1919, il padre Antonio fu promosso da brigadiere dei carabinieri a maresciallo, evento che portò la famiglia a trasferirsi a Matelica, nella provincia di Macerata. Dopo aver completato la scuola elementare, Enrico decise di frequentare una scuola tecnica inferiore. La difficile situazione economica familiare e le severe regole imposte dal padre lo spinsero a cercare indipendenza finanziaria.
Nel 1923, trovò lavoro come verniciatore di letti in metallo per un breve periodo, e l’anno successivo divenne apprendista nella conceria Fiore. Grazie al suo impegno all’interno dell’azienda, la carriera di Mattei progredì in modo rapido: partì come operaio, poi fu promosso assistente chimico e, a soli vent’anni, venne nominato direttore del laboratorio. Questo importante avanzamento professionale gli consentì, nel 1926, di aprire un negozio di stoffe a nome di sua madre. Tuttavia, a causa degli effetti della crisi economica, il negozio ebbe un declino e, nel 1929, la conceria fu costretta a chiudere. Quindi, Mattei prese la decisione di trasferirsi a Milano e aprì un piccolo laboratorio specializzato nella produzione di oli emulsionanti per l’industria conciaria e tessile, insieme alla sua sorella e suo fratello. Nel 1934, fondò l’Industria Chimica Lombarda, istituendo uno stabilimento nella periferia industriale di Milano.
Nel 1936, sposò Greta Paulas, originaria di Vienna, conseguì il diploma di ragioniere e si iscrisse all’Università Cattolica di Milano. Nel maggio 1943, Enrico Mattei incontrò Giuseppe Spataro, un membro della Democrazia Cristiana, che lo introdusse al partito e alla resistenza antifascista milanese. Il 25 luglio 1943, si unì ai gruppi partigiani attivi sulle montagne circostanti Matelica, insieme a Marcello Boldrini, un economista dell’Università Cattolica. Tornato a Milano, riprese i contatti con la Democrazia Cristiana locale e fu nominato comandante del Corpo Volontari per la Libertà, la prima struttura di coordinamento delle forze partigiane riconosciuta sia dal governo italiano che dagli Alleati.
Successivamente alla conclusione della Seconda Guerra mondiale, cominciò il complesso periodo di ricostruzione dell’Italia. Nell’anno 1945, Alcide De Gasperi, che ricopriva la carica di Presidente del Consiglio, scelse proprio Mattei per il ruolo di commissario liquidatore dell’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli).
Tuttavia, Mattei si rese conto del potenziale dell’Agip e decise di non solo salvarla ma anche rilanciarla. Forte dei ritrovamenti di metano in Val Padana, incrementò la perforazione dei pozzi e ottenne finanziamenti. Inoltre, seguì personalmente il progetto di ristrutturazione dei distributori Agip, introducendo innovazioni come aree di servizio complete con bar, officine meccaniche e altri servizi di supporto.
Nel 1953, fu eletto presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), un’azienda che aveva contribuito a creare con tenacia e determinazione. In questa posizione, Mattei influenzò in modo significativo la politica energetica dell’Italia. Una delle sue principali iniziative fu quella di cercare di opporsi al cartello delle “sette sorelle” nel settore degli approvvigionamenti petroliferi nei paesi arabi. Mattei sostenne una nuova formula in cui il Paese produttore avrebbe ottenuto una partecipazione significativa nella produzione e nello sviluppo delle proprie risorse.
Enrico Mattei, cosa voleva fare?
All’inizio degli anni ’60, l‘Eni continuò a crescere rapidamente, ma aumentarono anche le tensioni e gli ostacoli. Mattei stava pianificando un importante accordo con la Esso quando, il 27 ottobre 1962, morì in un misterioso incidente aereo in provincia di Pavia, tornando da un comizio tenuto in Sicilia a Gagliano Castelferrato. L’incidente sollevò molte domande e sospetti, ma non è mai stata stabilita una verità definitiva.
Il dubbio riguardante il coinvolgimento della mafia nella morte di Mattei, magari come esecutore materiale a servizio di terzi, era una sospetto radicato da molto tempo, forse sin dalle origini stesse dell’indagine. Il Procuratore Vincenzo Calia raccolse una vastissima quantità di documenti, tra cui 12 perizie e le testimonianze di 614 persone che furono chiamate a deporre in tribunale. L’indagine produsse ben 13 faldoni contenenti oltre 5000 pagine di documenti, e persino la riesumazione del corpo di Mattei fu effettuata per ulteriori accertamenti. Il risultato fu la formulazione dell’ipotesi che un ordigno fosse esploso a bordo dell’aereo che trasportava Mattei. Nonostante questa mole impressionante di prove e testimonianze, l’inchiesta fu poi archiviata.
In un’intervista rilasciata tre anni fa, il magistrato che condusse questa indagine titanica e solitaria fornisce un epitaffio estremamente illuminante sulla vita e la morte del fondatore dell’Eni: “Mattei aveva posto come obiettivo l’autonomia energetica dell’Italia, e la sua morte stroncò quel progetto industriale, costringendo il nostro Paese a tornare a dipendere dai grandi produttori internazionali.”
Per garantire il fabbisogno di petrolio necessario all’Italia, alimentare il boom economico e consolidare la ricostruzione postbellica, Mattei intraprese una strategia audace. Si recò nei luoghi con i più grandi giacimenti petroliferi del mondo, come il Nord Africa e il Golfo Persico, stringendo accordi sia con paesi in via di sviluppo che con il sovrano dello Scià di Persia. La sua formazione di politico democristiano, le sue straordinarie abilità negli affari e la sua visione innovativa lo portarono a negoziare accordi rivoluzionari: capì che per incentivare i produttori era necessario lasciare loro il 75% delle royalties, mentre gli altri accordi preesistenti prevedevano solo il 5%. I principali firmatari di questi accordi, per non dirlo esplicitamente, erano i potenti cartelli internazionali del settore.
Mattei fece il suo ingresso in questo settore come un meteorite, sfidando apertamente le cosiddette “Sette sorelle”, le multinazionali che detenevano il monopolio sulla produzione e distribuzione del carburante. Queste società erano Exxon, Shell, British Petroleum, Mobil, Chevron, Gulf e Texaco. Con l’eccezione della Shell, olandese, e della British Petroleum, britannica, le altre cinque erano società statunitensi.
Nel 1957, gli americani arrivarono persino a definire Mattei come qualcosa di simile a un “pericoloso comunista”. Questa etichetta fu dovuta in parte al fatto che Mattei aveva appoggiato la resistenza algerina contro il colonialismo francese. In breve, il fondatore dell’Eni metteva seriamente in discussione il monopolio delle multinazionali petrolifere, minava gli equilibri politici stabiliti dagli Stati Uniti in Italia nel dopoguerra e tutto ciò non poteva rimanere senza conseguenze.
Enrico Mattei si trovò ad affrontare da solo alcune delle lobby più potenti del mondo allora e ancora oggi. Questo è uno dei motivi per cui le ombre sulla morte di Mattei nell’incidente di Bascapè non si sono ancora dissolte, in particolare l’ombra dei 100 grammi di Compound B, l’esplosivo che, secondo una perizia postuma, fu collocato nel cruscotto del bireattore per abbattere il volo di Mattei.