Secondo il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, l’analisi sul lavoro in Italia parla chiaro: gli impieghi ci sono, ma “mancano i lavoratori“. Un problema che costituisce un “conto salato per il Paese”, pari a 28 miliardi, “l’1,5% del Pil”.
Il presidente della Confederazione cooperative italiane ha snocciolato alcuni dati del focus Censis-Confcooperative su ‘Lavoro, il mercato contorto: l’Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni‘. Uno studio che evidenzia una condizione di disequilibrio tra domanda e offerta di lavoro in Italia.
Il quadro in essere determina così un costo economico che, negli anni, tende a crescere. Basti pensare che nel 2021 pesava per l’1,2% del Pil mentre oggi, a due anni di distanza, è arrivato all’1,5%.
Il presidente di Confcooperative Gardini sul lavoro in Italia: “Quadro che non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore”
Ma a cosa è dovuta questa asincronia tra domanda e offerta di lavoro? Gardini identifica più fattori, dagli aspetti demografici ad un’insoddisfazione generale verso la propria occupazione.
Dal rapporto, infatti, emerge un mondo del lavoro che invecchia sempre di più: in 10 anni, gli over 50 sono aumentati del 42,4%, “di quasi 3 milioni”.
Considerando gli over 65 fra il 2012 e il 2022 la componente più anziana è, di fatto, cresciuta del 72,2%. I 15-34enni occupati si riducono del 6,5%. La quota dei giovani fra gli occupati passa dal 25,1% del 2012 al 22,6%. Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull’acceleratore così come potrebbero.
“Nel 2022 il 36,1% dei lavoratori è insoddisfatto”
Dal punto di vista professionale c’è più mobilità, ma allo stesso tempo anche più insoddisfazione. Lo dimostra il confronto con il 2012: dieci anni fa gli insoddisfatti del proprio lavoro rispetto alle competenze possedute ammontavano al 13,1%. Oggi, questa percentuale ha raggiunto il 36,1%.
Il rapporto registra anche “un’accelerazione” nella ricerca di un nuovo lavoro, a caccia di “migliori condizioni lavorative“. Rispetto al passato, però, cambiano le motivazioni. Se nel 2012 il 51,2% degli occupati a tempo indeterminato dichiarava di voler cambiare lavoro “per guadagnare di più”, nel 2022 questa percentuale cala al 36,2%.
Il più delle volte, gli ‘insoddisfatti’ cercano “un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera“.