A Cosenza sono arrivate le condanne definitive per gli imputati della Strage di via Popilia. Ci sono conferme ufficiali da parte dei giudici della Corte di Cassazione. Due ergastoli e due condanne a 30 anni di carcere per i membri della cosca mafiosa, partecipi dell’agguato del 2000.
Cosenza, strage di via Popilia: le accuse
‘Ndrangeta: gli imputati sono stati accusati della strage di via Popilia, verificatasi nel 2000, precisamente il 9 novembre, a Cosenza. Sono partiti numerosi colpi di armi da fuoco. Un vero e proprio agguato di mafia che ha lasciato il segno sulle pagine di cronaca e nella vita della città.
Nel corso di quella sera traumatica hanno perso la vita, tra fuochi di pistole e fucili, Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci. L’unico a salvarsi è stato Mario Trinni.
Ad organizzare e condurre il commando è stato il pentito Francesco Bevilacqua, alias Franchino i Mafarda. Il bersaglio principale era Benito Aldo Chiodo, colpevole di non aver rispettato accordi definiti con il gruppo Lanzino-Cicero riguardo la spartizione dei guadagni provenienti da numerose attività illecite. Si parla in questo caso di estorsioni, usura e traffico di stupefacenti (in particolare cocaina).
Le condanne definitive per la strage di via Popilia
I giudici hanno dichiarato la conferma di ergastolo per Antonio Abbruzzese e Fioravante Abbruzzese. A Celestino Bevilacqua e Luigi Berlingieri toccano, invece, 30 anni di reclusione.
Per ciò che riguarda Saverio Madio è stato definito l’annullamento con rinvio della condanna a 12 anni e 4 mesi.
Il pentito Nicola Acri, collaboratore di giustizia, da quanto si apprende da cosenzachannel.it, ha recentemente dichiarato sul caso:
“So che è stato organizzato principalmente da Franco Bevilacqua, coadiuvato dal gruppo di fuoco, principalmente da Luigi Berlingieri, detto “faccia di ghiaccio“, Tonino e Nino, anche se non so se hanno partecipato attivamente all’esecuzione di questo omicidio. Queste circostanze, ed in particolare la partecipazione di Luigi Berlingieri, mi è stata riferita successivamente da Edoardo Pepe.”
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