La prima volta che lo insultarono per il colore della pelle aveva 12 anni ed era appena arrivato in Italia dal Marocco. Lui – mettiamola così – rispose usando in maniera poco consona una sedia “e si scatenò il macello tra insegnanti, genitori, coordinatori di classe,… E meno male che poi è andata com’è andata”. Certo non è per questo che Flow Murry è diventato un eroe. E neanche perché “stavo per prendere anch’io la mentalità dei maranza, contro gli italiani. Ma poi crescendo e parlando con le persone ho visto qualcosa di diverso. Così come ho scoperto che ci sono i razzisti italiani e quelli non italiani, i razzisti al contrario“. No, Flow Murry non è un eroe neanche per questo. Anzi, Flow Murry non è affatto un eroe e non ha nemmeno la pretesa di esserlo. “Troppo nero” per i bianchi, “troppo bianco” per i neri. Di sinistra, secondo quelli di destra; e di destra, secondo quelli di sinistra. Tag24 vi vuole raccontare la sua storia perché, quando si parla di immigrazione, si pensa solo agli sbarchi. Perché quando si usa l’aggettivo “nordafricani“, questo è quasi sempre legato ad attività criminali. Perché, al di là della retorica, le etichette fanno male in egual misura a una parte e all’altra. Sempre ammesso che esistano delle parti da prendere.
Il razzismo al contrario, le etichette, la storia del rapper marocchino che se la prende con i maranza
“Oh, io in vita mia, politicamente, tra destra e sinistra ho sempre provato ad andare ‘dritto‘”. Che poi non significa essere di centro. Sul suo profilo TikTok, Flow Murry al secolo Mourad Marmouta se la prende coi maranza (quelli che tempo fa se le presero anche con Salvini). S’inc… come un picchio, camminando per Bologna, per un cestino dell’immondizia divelto e buttato a terra e prende insulti a destra e a manca. Però anche i detrattori restano lì, follower fedeli. Sono 6.000, 43.200 i “mi piace”. Dai, un “vaffa” non si nega a nessuno e i commenti “devono essere” sempre al vetriolo. Ne sa qualcosa Brielle Asero.
“Sono nato vicino Casablanca, in Marocco, nel ’98. Mio padre, Mohamed, ha raggiunto l’Italia prima di noi. Lavorava in un’azienda che dopo 15 anni ha dovuto lasciare per problemi di asma. Con mia madre, Naima, lo abbiamo raggiunto in aereo quando è stato possibile. Gli inizi un disastro. I problemi con la lingua erano notevoli: gli altri parlavano e io non li capivo. E comunque non vestivo come loro, mi sentivo osservato”.
La passione per il calcio, poi quella per la musica. Rapper, testi che parlano di radici, momenti difficili, luoghi lasciati per cercare fortuna altrove, madri, padri, “le cose brutte del quartiere. Queste soprattutto sono le cose che racconto e che non faccio sentire a mia madre e mio padre, perché non voglio che sentano e vedano certe cose. Il calcio? Scartato, ero troppo basso. La strada? La sera preferisco starmene nello studio che ho ricavato giù in cantina. Scrivo, faccio musica e la notte mi informo su internet su ciò che succede”.
“Perché fate così?”, dice ai connazionali che critica. “Non è giusto essere additati per quello che fanno loro”
“Perché fate così?” è diventato una sorta di mantra che Mourad usa spesso nei suoi video. “Nel senso ‘perché ti comporti male?‘ Perché dei cinesi o dei pakistani non sentiamo mai parlare? Se sono alcuni nordafricani a comportarsi male, il dito viene puntato su tutti noi nordafricani. Non stai bene qui? Te ne torni al tuo Paese o vai in un altro. È la cosa più logica. Gli italiani sono stufi di certe cose e noi siamo stufi di passare per chissà cosa, perché c’è gente in giro che si comporta male”.
Dà fastidio anche un certa presentazione dell’Islam su alcuni mezzi d’informazione. Mourad l’ha denunciato e gli hanno dato del terrorista. “È la mia religione, ma mi sento libero di professarla come voglio e non sono di quelli che pregano sempre. Parla di pace e di unione e non significa automaticamente obbligare qualcuno”.
Mourad elenca tutti quei lavori che ha svolto in Italia. A Bologna ma anche fuori, fino in Calabria. “Me lo sono girato tutto questo Paese e ora sto cercando un altro lavoro”. Duro e incazzato quanto vuoi, ma la sua è una continua dichiarazione d’amore all’Italia e ai propri genitori. “Ciò che non mi piace dell’Italia? Il giudizio della gente, sempre lì a guardare l’aspetto, il colore, la nazione,… Neanche l’invidia sopporto. Siamo esseri umani, non siamo tutti perfetti, ma al giorno d’oggi il male vince troppo spesso. Però mi trovo bene. Qua, nonostante tutto, non muori di fame. A Bologna soprattutto mi trovo bene. Le forze dell’ordine sono sempre disponibili, mia madre va tranquillamente al mercato. A Milano, la sera, non puoi mica uscire tranquillamente. Magari finisce che qualche extracomunitario ti ruba il telefono”.
“Non siamo tutti perfetti, ma al giorno d’oggi il male vince troppo spesso”
Però Mourad non ha ancora la cittadinanza e ride quando gli ricordiamo di essere un “fasciocomunista” (e nulla c’entra quello splendido libro di Pennacchi). “Destra e sinistra non mi interessano, vado dritto – ripete – e la cosa più importante resta il rispetto”. Trova alcune proposte di Salvini interessanti, ma dice che appena potrà voterà Conte e che sua mamma pianse alla caduta del suo governo. Pensa che “Israele dovrebbe prendersela con Hamas, ma alla fine è sempre il popolo a rimetterci. Non sto dalla parte di Israele, né da quella di Hamas, io sono dalla parte della Palestina“.
Nella nuova Italia c’è qualcosa che va oltre il pensiero dicotomico, qualcosa che si fa beffa del pensiero unico. Una volta si chiamavano opinioni e, sempre una volta, si andava oltre l’aspetto fisico e il passaporto per notarle. Addirittura ascoltarle. Ascoltarla, questa nuova Italia.