Un aspetto particolarmente rilevante, che interessa datori di lavoro e dipendenti e che di recente è salito al centro dell’attenzione per una novità giurisprudenziale, è quello relativo al licenziamento legato al rifiuto del passaggio da part time a full time, ovvero al cambiamentodell’orario lavorativo. Di recente, infatti, la Corte di Cassazione ha fornito nuove indicazioni che delineano quando il datore di lavoro può legittimamente terminare il rapporto di lavoro se il dipendente declina la proposta di passare da un contratto part-time a full-time, e viceversa.
Licenziamento per rifiuto passaggio a full time: il contesto normativo
Inquadriamo il contesto normativo relativo al licenziamento per modifiche orarie del lavoro. Secondo il decreto legislativo n. 81/2015, un dipendente non può essere licenziato esclusivamente per aver rifiutato una variazione del proprio contratto da part-time a full-time o viceversa. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito che esistono circostanze in cui il licenziamento può essere considerato giustificato per motivi oggettivi, ossia legati alle necessità organizzative ed economiche dell’azienda.
Licenziamento per aver rifiutato il passaggio da part time a full time: quando è legittimo?
Per essere considerato legittimo, il licenziamento deve essere motivato da esigenze aziendali comprovate. Il datore di lavoro deve dimostrare che la mancata trasformazione del contratto di lavoro comporta un’impossibilità di mantenere il dipendente nell’orario precedentemente concordato. Questa esigenza deve essere supportata da fattori economici e organizzativi oggettivi, e non deve essere utilizzata come ritorsione verso il dipendente.
L’onere della prova
Quando un datore di lavoro procede con il licenziamento per motivi oggettivi, assume l’onere della prova. Ciò significa che è tenuto a dimostrare che le condizioni aziendali rendono necessario il cambiamento degli orari di lavoro e che il rifiuto del dipendente di adattarsi a queste nuove condizioni costituisce una giustificazione valida per la risoluzione del rapporto di lavoro. Inoltre, deve esserci una correlazione diretta tra le necessità aziendali espresse e la decisione di licenziare.
Licenziamento per rifiuto passaggio a full time: la sentenza della Corte di Cassazione
La complessità del tema è testimoniata da diversi casi portati davanti ai tribunali italiani. Ad esempio, la controversia risolta dalla sentenza n. 29337 del 23 ottobre 2023, in cui una lavoratrice è stata licenziata dopo aver rifiutato di passare a un orario di lavoro a tempo pieno.
La sentenza, quindi, stabilisce che, per un licenziamento legato al rifiuto di un dipendente di passare da part-time a full-time, il datore di lavoro deve sostenere l’onere della prova. Non è sufficiente affermare la necessità di tale trasformazione, ma è imperativo dimostrare con chiarezza:
- Le necessità aziendali: bisogna evidenziare le motivazioni economiche e organizzative che rendono insostenibile mantenere l’orario di lavoro attuale del dipendente.
- La proposta di modifica contrattuale: è fondamentale che vi sia stata una proposta formale di trasformazione del rapporto di lavoro, la cui accettazione è stata declinata dal dipendente.
- Il collegamento con il licenziamento: deve essere esposto chiaramente il legame causale tra il bisogno di adeguamento dell’orario lavorativo e la decisione di licenziare.
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Il licenziamento non è sempre una ritorsione
Un licenziamento non è automaticamente ritorsivo. Se l’azienda può dimostrare l’impossibilità di adattarsi alle nuove esigenze con le ore di lavoro attuali del dipendente, allora può essere considerato un passo necessario e giustificato.
La sentenza della Cassazione non è certo un punto di arrivo, ma di partenza per una nuova fase di valutazione e decisione che tiene conto delle indicazioni fornite. Infatti, d’ora in avanti, nonostante questa sentenza costituisca un precedente, è in realtà solo un apripista per tutti i casi di licenziamento per rifiuto da parte del dipendente di passare da part time a full time o viceversa. Ogni caso andrà analizzato nello specifico, per capire se gli elementi evidenziati dalla Corte di Cassazione e sopra elencati (necessità aziendali, proposta di modifica contrattuale e legame con il licenziamento) risultino presenti. Le aziende, così come i tribunali, dovranno quindi applicare i principi stabiliti per assicurare che il processo di licenziamento, quando necessario, sia condotto con equità e giustizia.