Sono ancora tanti gli interrogativi che ruotano attorno all’omicidio di Pierina Paganelli, consumatosi in via del Ciclamino, a Rimini, a inizio ottobre. Ciò che è certo è che chi ha ucciso la 78enne, aspettando che rincasasse e sferrandole 29 coltellate, conosceva lei e le sue abitudini. Per questo le indagini si concentrano sulle persone che le erano vicine: la nuora Manuela, che ne ritrovò il corpo, dando l’allarme; il fratello, Loris Bianchi; la vicina di casa Valeria e il marito Louis, presunto amante dell’altra donna. Tutti e quattro, pur non essendo formalmente indagati, sono stati sottoposti a vari accertamenti. Abbiamo parlato delle loro posizioni con l’investigatore privato Ezio Denti, che ha da poco lasciato l’incarico di loro consulente.
Omicidio di Pierina Paganelli a Rimini, l’intervista all’investigatore Ezio Denti
Il delitto, il movente d’odio e i sospetti
L’omicidio di Pierina Paganelli è stato un omicidio particolarmente efferato, si parla di 29 coltellate. Chi ha ucciso lo ha fatto spinto dall’odio, il che fa pensare che probabilmente conoscesse la vittima. Potrebbe trattarsi di una delle persone attenzionate dalle indagini?
“Non sono in grado di poter dire che siano state queste persone, ad oggi fortemente sospettate. Tutto potrebbe essere accaduto. Di certo la tipologia dell’evento omicidiario e la pressione da parte delle Procure nei confronti di queste persone fanno pensare che possano essere coinvolte nel delitto. Non possiamo pensare che nel garage possa essere entrato un ladro che voleva rapinare la donna, visto che la borsetta è rimasta lì”, spiega Ezio Denti, l’investigatore privato a cui i quattro principali sospettati avevano chiesto di indagare, parallelamente alle indagini “ufficiali”.
“Non possiamo pensare neanche a una violenza carnale, che è una finta violenza carnale, perché violenza non c’è stata – aggiunge -. C’è stata una sorta di ‘staging’, di manipolazione della scena del crimine, che fa pensare che chi ha ucciso Pierina è qualcuno che sicuramente provava nei suoi confronti un odio sprezzante. Bisogna capire chi potesse essere. Di certo, fra Pierina e le due famiglie, che sia la nuora o che sia il vicino di casa, non correva buon sangue. Al punto tale da ucciderla? Questo è da valutare e credo lo stiano facendo gli inquirenti”.
La rinuncia all’incarico di consulente
Perché ha rinunciato al suo incarico di consulente investigativo? I suoi sospetti hanno avuto un peso sulla decisione?
“Quando mi è stato stato dato l’incarico ho specificato che lo avrei accettato, sia per fare luce su quanto si è verificato (l’omicidio) che su un possibile collegamento a quello che era accaduto a Giuliano Saponi (il figlio di Pierina, ndr) quel fatidico maggio, ma con una precisazione: che i miei accertamenti sarebbero stati rivolti anche nei confronti dei sospettati, ergo i miei mandanti, per accertare eventuali condotte morali e pregiudizievoli che potessero essere in capo a questo evento. Ho scavato nella loro vita, parlando con loro per ore e ore, giornate e giornate”, dichiara Denti.
E poi aggiunge, esprimendo i suoi sospetti: “Nel momento in cui ho ritenuto che non sentivo che mi dicessero la verità e a fronte del fatto che, per poter indagare meglio, avevo chiesto loro – perché era mio diritto e dovere farlo – di non presenziare più a trasmissioni televisive, perché poteva inficiare sulla mia attività (mentre loro hanno continuato a farlo), ho rimesso l’incarico. Aver rimesso l’incarico non significa non aver fatto le indagini”.
“Siccome sono investigazioni private e non indagini difensive (sennò l’incarico sarebbe stato dato dagli avvocati, sulla base di clienti indagati), sono state rivolte a 360 gradi anche nei loro confronti. Ritengo che quello che ho accertato – un po’ a pelle, dopo 25 anni di esperienza, un po’ per contraddizioni e altro –, a me non quadra. Non ho motivo né di accusare né di giustificare nessuno, ma ho avuto un colloquio con gli inquirenti e ho espresso il mio parere, che non è, ripeto, accusatorio, né difensivo”, spiega.
La ricerca della verità sull’omicidio
Ha detto di essere arrivato vicino alla verità e di essere stato bloccato, in qualche modo, dall’andamento della situazione. Cosa manca secondo Lei agli inquirenti per arrivare ad una svolta?
“Non so cosa abbiano in mano, ma credo che stiano facendo un buon lavoro. La Procura di Rimini in questo momento è gestita da un pm che ha una grande esperienza e una grande eleganza nelle attività investigative. Forse mancano le risultanze delle prove scientifiche e tecniche, che probabilmente non sono ancora arrivate e che potrebbero far cambiare eventuali decisioni. Bisogna tenere a mente una cosa: quando si parla di un soggetto non indagato non significa che non sia fortemente sospettato, così come non è detto che un soggetto indagato sia per forza colpevole”, dice Denti.
“Non indagare, in una fase come questa, delle persone, è un’operazione tecnica eccellente, perché permette al soggetto di dover rispondere obbligatoriamente alle domande che il pm gli pone, altrimenti si avvallerebbe della facoltà di non rispondere – prosegue -. Il ragionamento è: ‘Non ti indago, piuttosto ti arresto direttamente’. Non dobbiamo pensare che se non siano indagati non siano colpevoli. Non sono indagati ma solo loro sono stati sottoposti a perlustrazioni e interrogatori. Chi conosce le tecniche investigative sa cosa significa”.
L’aggressione al figlio di Pierina Paganelli
Sull’aggressione di Giuliano Saponi, invece, che idea si è fatto? Pensa che le due vicende possano essere collegate?
“Quello che è successo a Giuliano è suggestivo, quindi fa pensare che possa esserci un collegamento. Ma se dovessimo associare una cosa del genere a uno dei sospettati, allora la cosa si farebbe un po’ più grave rispetto a quello che potrebbe essere stato, ad oggi, un delitto d’impeto, di nervosismo (perché io non credo che sia stato programmato prima, il delitto di Pierina). All’inizio ho pensato che potesse esserlo, ma dal mio punto di vista non ci sono elementi per dimostrarlo. Direi quasi nessuno”, spiega Denti.
“Bisognerebbe leggere il referto medico e capire un po’ il tutto, però purtroppo Giuliano non ricorda, da quel giorno, quello che è successo. Credo che rimarrà una cosa un po’ ferma. Possiamo anche pensare che uno abbia avuto odio nei confronti di Pierina e odio nei confronti del figlio. Potrebbe anche essere. Se quello nei confronti di Giuliano fosse stato un accanimento e non un incidente, però, sarebbe stato di certo per ucciderlo, non per fargli del male”, conclude.
Potrebbe interessarti: Omicidio di Rimini, sequestrato il telefono della nipote di Pierina Paganelli: in corso verifiche sugli alibi dei familiari