Se un gran numero di progetti crypto è stato indicato alla stregua di Ethereum Killer, nel corso degli ultimi anni, Aptos si è invece ricavato sin dagli esordi la denominazione di Solana Killer. Il motivo è da ricercare nel fatto che il throughput teorico dichiarato è pari a 150mila transazioni al secondo. Offre cioè prestazioni che le altre blockchain che si propongono di scalzare la creazione di Vitalik Buterin non sono in grado di offrire. Non stupisce, quindi, la grande attenzione che la nuova criptovaluta ha richiamato sin dall’esordio sul mercato. Attenzione testimoniata dagli oltre 350 milioni di dollari collezionati in due round di finanziamento, destinati a sostenerne lo sviluppo.
Aptos: cos’è e cosa si propone
Aptos è un protocollo di layer 1, il quale si propone come obiettivo il massimo di scalabilità e bassi costi. Ovvero di fungere da piattaforma ideale per il varo di applicazioni decentralizzate (DApps). Almeno in partenza, non sembra differenziarsi molto da un gran numero di blockchain che si propongono gli stessi obiettivi.
Per riuscire a conseguire i propri fini utilizza un meccanismo di consenso Proof-of-Stake, anche in questo caso non proprio una novità. In pratica, l’aggiunta dei blocchi non dipende da complessi meccanismi di calcolo e macchinari potenti (ed energivori), ma dal deposito in staking dei token, con conseguente scelta casuale dei validatori.
A differenziare Aptos è però il suo approccio parallelo all’elaborazione e all’esecuzione delle transazioni. Se, infatti, Bitcoin e Altcoin in genere eseguono transazioni e contratti intelligenti in sequenza, con tutte le transazioni che devono essere verificate individualmente e in un ordine specifico, nel suo caso non è così. La sua rete riesce a sfruttare tutti gli asset fisici disponibili in modo da elaborare un gran numero di transazioni in contemporanea.
Inoltre, nel caso in cui una transazione non vada in porto, viene prima scartata e poi eseguita di nuovo. Un modus operandi grazie al quale sono evitati rallentamenti del sistema i quali sono invece ormai una consuetudine su altre blockchain.
Chi c’è alla guida di Aptos?
Se le caratteristiche tecniche di una soluzione crypto sono importanti, non di meno lo è sapere chi c’è dietro di essa. Nel caso di Aptos occorre fare un passo indietro per capirlo, tornando al periodo in cui sui media ha impazzato Diem, quella che doveva essere la criptovaluta di Facebook.
Un progetto il quale è sostanzialmente naufragato a causa della decisa ostilità della politica nei confronti delle smodate ambizioni di Mark Zuckerberg. Un lavoro che, comunque, non è andato evidentemente del tutto perso, se si considera che alla base di Atos ci sono proprio ex dipendenti di Meta. In particolare due ex ingegneri che hanno lavorato su Diem, Mo Shaikh e Avery Ching.
E proprio dalle ceneri di Diem arriva anche il linguaggio di programmazione scelto per il nuovo progetto, ovvero Move. Basato su Rust e progettato con l’ambizione di evolversi nel “JavaScript di Web3” è stato adottato proprio da Aptos, diventandone presto un punto di forza reale.
Le prospettive per il futuro
Come abbiamo già ricordato, Aptos è stato salutato da grande entusiasmo, in avvio. Le caratteristiche tecnologiche che evidenzia sono in effetti molto interessanti, anche se le prestazioni enunciate sono tutte da verificare. In particolare, più di un esperto ha esternato dubbi sul fatto che l’esecuzione parallela possa dare grandi risultati su grande scala.
Dopo un esordio a spron battuto, comunque, APP si è posizionato al 32° posto nella classifica relativa alla capitalizzazione di mercato. Una sorta di limbo derivante da un lato dal momento poco felice del settore e dall’altro dal fatto che si muove in un ambito fortemente presidiato. La concorrenza è effettivamente molto forte e referenziata, annoverando molti Ethereum Killer che non sono disposti a farsi facilmente soppiantare. Ad Aptos, però, non mancano le carte giuste da giocare, per ritagliarsi una posizione adeguata alle grandi ambizioni di partenza.