Dove vive e cosa fa oggi Raffaele Sollecito? Nel 2007 finì in carcere insieme all’allora fidanzata, Amanda Knox, per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, consumatosi a Perugia nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre dello stesso anno. Entrambi furono assolti, ma nel tempo hanno dovuto fare i conti con la sovraesposizione mediatica del caso.

Raffaele Sollecito, dove vive e cosa fa oggi?

Raffaele Sollecito ha 39 anni e da tempo lavora come cloud architect, disegnando e implementando l’infastruttura di cui le aziende hanno bisogno per espletare le proprie necessità informatiche. Lo aveva spiegato nel corso di un’intervista rilasciata a distanza di parecchi anni dalle accuse per l’omicidio di Meredith Kercher al Giornale, lo scorso novembre.

Da marzo, come si legge sui suoi profili social, si è trasferito a Lisbona, in Portogallo. Prima viveva a Milano. E aveva detto di portarsi ancora dietro gli straschici di quando fu accusato di aver ucciso la coinquilina della fidanzata nell’abitazione che condividevano in via della Pergola, a Perugia.

Più volte ha provato a farsi riconoscere un risarcimento per i danni morali subìti a causa dell’ingiusta detenzione. Come Amanda Knox restò incarcerato per quasi quattro anni, dal 6 novembre del 2007 al 4 ottobre del 2011. Solo nel 2015 fu assolto “per non aver commesso il fatto”.

La ricostruzione del delitto di Perugia

Quando Sollecito fu arrestato, il delitto si era consumato da pochi giorni. Erano stati lui e l’allora fidanzata, Amanda Knox, di origini americane, a dare l’allarme, dopo aver trovato il corpo della 22enne in una pozza di sangue. Fin dall’inizio i sospetti degli inquirenti si erano concentrati su di loro, per vari motivi. Amanda aveva poi fatto il nome di un uomo, sostenendo che fosse stato lui ad uccidere la coinquilina.

Si trattava di Patrick Lumumba, il suo datore di lavoro, risultato però estraneo ai fatti. Ben presto i due finirono a processo. Contro di loro erano stati raccolti diversi indizi di colpevolezza. Tra i più decisivi, le tracce di Dna di Amanda sul coltello da cucina usato per l’assassinio e quelle di Sollecito sul reggiseno della vittima.

Indizi importanti, per i quali, in primo grado, furono entrambi condannati a oltre 20 anni di carcere. Solo l’inizio di una vicenda processuale durata oltre otto anni, conclusasi nel 2015 con la loro assoluzione definitiva da parte della Corte di Cassazione. Del delitto fu accusato Rudy Guede che, dopo essere uscito dal carcere, nel 2021, si è costruito una nuova vita a Viterbo.

L’uomo, di origini ivoriane, si è sempre dichiarato innocente, puntando il dito contro i due assolti. Per i giudici avrebbe ucciso la 22enne inglese “in concorso con ignoti” dopo averla violentata. Forse dopo essere entrato all’interno della sua abitazione a scopi di furto. Di recente sulla sua storia ha pubblicato il libro “Il beneficio del dubbio”. Così Sollecito ha commentato la notizia ai microfoni dell’Adnkronos:

Indipendentemente da quello che possa dire e delle bugie che ha detto nei miei confronti, spero possa dire qualcosa di vero visto che nel processo non ha voluto parlare e che chiarisca quanto accaduto durante l’omicidio. Mi auguro non voglia lanciarsi in fantasiose accuse, ancora una volta, altrimenti dovrò incorrere nuovamente ai mezzi che mi sono consentiti dalla legge.

I rapporti con Amanda Knox

L’anno scorso insieme ad Amanda Knox – con cui negli anni sarebbe rimasto in contatto – Sollecito si era recato a Gubbio, la cittadina umbra che avevano in programma di visitare il giorno del ritrovamento del corpo di Meredith. Non sapevano ancora che entro qualche ora la loro vita sarebbe cambiata per sempre e che per sempre i loro nomi, nonostante l’assoluzione, sarebbero stati associati a uno dei delitti più oscuri della storia del nostro Paese. Un delitto risolto ma ancora avvolto dal mistero.

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