Portare il premierato in Italia e traghettare il Paese verso la Terza Repubblica: è questo il nuovo ambizioso obiettivo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della sua maggioranza di governo.
La volontà di varare una riforma costituzionale che dia maggior stabilità al Paese, a dire il vero, era stata già annunciata mesi fa, quando la premier aveva dato avvio a una serie di consultazioni con le forze politiche di maggioranza e di opposizione al fine di sondare gli umori circa un profondo cambiamento della Carta Costituzionale e del sistema politico della Repubblica.
Proprio da questi incontri, la presidente del Consiglio aveva ricavato un’indicazione positiva verso la proposta di premierato per l’elezione diretta del premier che oggi ha finalmente preso forma nel disegno di legge della ministra Casellati.
Premierato in Italia, Matteo Renzi apre alla riforma costituzionale. Il no delle opposizioni
Il consenso sul premierato in Italia riguarda, attualmente, non solo le forze del centrodestra di governo. Un’importante apertura, registrata già negli scorsi mesi, è arrivata anche da Italia Viva e dal suo leader, Matteo Renzi, da sempre promotore di una riforma costituzionale per “Il Sindaco d’Italia“.
Sul fronte delle opposizioni, invece, si registra già la chiusura a qualsiasi riforma che indebolisca la figura del Capo dello Stato. Se approvata la riforma per il premierato, infatti, il Quirinale perderebbe quella è la sua più importante prerogativa: la nomina del presidente del Consiglio dei ministri.
In caso di crisi e di sfiducia, peraltro, il Presidente della Repubblica non avrebbe più la possibilità di conferire l’incarico a una figura terza, ma dovrebbe riaffidare l’incarico allo stesso primo ministro o ricercare un sostituto premier nella stessa maggioranza che già sorreggeva il primo ministro sfiduciato. Tradotto: mai più governi tecnici o cambi di maggioranza nella stessa legislatura, il cui destino viene fatto coincidere con la fortuna – o sfortuna – del premier vincente le elezioni.
Premierato in Italia, Bandecchi: “Il Paese è di fronte all’ennesima campagna di distrazione di massa”
Anche Stefano Bandecchi, coordinatore nazionale di Alternativa Popolare, è intervenuto oggi nel dibattito sulla riforma costituzionale per il premierato.
La riflessione del sindaco di Terni si apre ricordando come la necessità di modificare «la nostra preziosa Costituzione nella parte riguardante il funzionamento dello Stato e, per altro verso, le autonomie» appaia e scompaia nel dibattito pubblico oramai da anni.
Secondo Bandecchi, infatti, non è solo la necessità di rendere più stabile il sistema politico italiano a riportare a galla questa esigenza.
Il dubbio, infatti, è che questo tema venga «puntualmente viene utilizzato quando c’è necessità di coprire problemi dell’esecutivo o incapacità a realizzare le mirabolanti promesse fatte in campagna elettorale». Situazione, questa, peraltro già individuata da Bandecchi che solo ieri ha ricordato come il Governo, ad oggi, non abbia mantenuto nessuna delle promesse elettorali.
Per questo, l’impressione del coordinatore nazionale di Alternativa Popolare è abbastanza netta: il Paese è nuovamente di fronte a una «campagna di distrazione di massa rispetto alle mille promesse non mantenibili».
Bandecchi: “Riforma costituzionale non è priorità del Paese. Ma se vuole procedere, la presidente Meloni coinvolga tutti”
La realtà dei fatti, secondo Bandecchi, mostra poi un Paese la cui priorità non è una riforma istituzionale. Infatti:
Siamo in piena crisi finanziaria, le persone non arrivano alla terza settimana del mese, i poveri aumentano in modo preoccupante, le aziende chiudono, i disoccupati non hanno più sostegni, l’immigrazione è fuori controllo: di questo dovrebbe parlare il governo oggi, del perché non risolve nessuno dei reali problemi della gente, e non di riforme.
Non manca, infine, un monito a Meloni. Bandecchi ci tiene infatti a ricordare alla premier come le riforme costituzionali in Italia siano sempre fallite, determinando anche la fine di non poche carriere politiche.
Questi fallimenti sono avvenuti sempre per le stesse ragioni: la volontà degli esecutivi di «procedere a colpi di maggioranza, senza dialogare con le opposizioni». Ma questa tendenza a volersi intestare le riforme istituzionali e a viverle come traguardi personali – «come bandierine da imporre con forza» – è per il sindaco di Terni un grave anzi gravissimo errore.
Per questo Bandecchi lancia un appello alla condivisione della riforma costituzionale con tutte le forze politiche. All’Italia serve infatti un dibattito che consenta di «unire il Paese, di ammodernare il sistema e di garantire maggiore governabilità». Solo in questo modo si potrà evitare l’ennesimo fallimento di una riforma importante e aspettata da tempo.