Arrivano i primi chiarimenti sulla rivalutazione delle pensioni dal 1° gennaio prossimo e sugli aumenti del 2024 con percentuali di indicizzazione fino al 5,6%. È quanto trapela in attesa di avere conferme definitive con il dato dell’Istat di novembre. Il valore sarà inserito nella legge di Bilancio 2024 per gli aumenti degli assegni e per stabilire chi, e in quale misura, avrà la revisione della pensione mensile.

Infatti, non tutte le pensioni avranno una rivalutazione del 100% del tasso di inflazione, in base al meccanismo ormai in vigore da alcuni anni e aggiustato anno per anno. Il minimo di aumento dell’assegno mensile è pari all’1,232 per cento. 

Rivalutazione pensioni 2024 fino al 5,6%: ecco quali sono gli aumenti e per chi

Aumenti delle pensioni dal 1° gennaio 2024 al 5,6 per cento di aliquota massima sono in arrivo per chi riceverà l’indicizzazione del 100%. È quanto trapela in merito alla percentuale di perequazione delle pensioni all’inflazione e riportato nero su bianco nella relazione che accompagna la bozza della legge di Bilancio 2024, in questi giorni approdata in Senato. Per effetto del meccanismo adottato negli ultimi anni di aumenti degli assegni all’inflazione, il minimo di adeguamento è fissato a 1,232 per cento, spettante alle pensioni di importo più alto. 

Il valore dovrà essere confermato dalla rilevazione dell’Istituto di Statistica, attesa entro la fine di questo mese. Nello scorso anno, il tasso di inflazione fu del 7,3 per cento, risultante dalla rilevazione di fine novembre 2022, poi divenuto dell’8,1% quale dato definitivo. Per effetto di questa differenza, lo 0,8 per cento dovrà essere ancora versato nei cedolini dei pensionati con i relativi arretrati a decorrere dal 1° gennaio 2023. Con tutta probabilità, i pagamenti potrebbero arrivare già nel cedolino di dicembre (o al massimo, in quello di gennaio 2024, come da prassi), con gli arretrati di 11 mensilità. 

Rivalutazione pensioni 2024 aumenti, ecco quali sono le percentuali di indicizzazione all’inflazione 

Sulla percentuale di inflazione osservata nel 2023, in forza della quale le pensioni dal prossimo anno aumenteranno fino al 5,6 per cento, il meccanismo di indicizzazione stabilisce quota di incremento differenti a seconda del valore degli assegni mensili. Infatti, percepiranno un aumento del 5,6% le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo, pari a 2.250 euro al lordo circa, secondo i valori del 2023.

Per le pensioni di importo tra quattro e cinque volte il trattamento minimo, l’adeguamento è dell’85 per cento. Ciò significa che, chi percepisce pensioni tra i 2.250 e i 2.800 euro lordi circa, avrà un adeguamento dell’85% del 5,6%, pari al 4,76 per cento. Si era ipotizzato un incremento della percentuale di perequazione al 90%, ma l’ultima versione della bozza della legge di Bilancio 2024 ha bocciato questa ipotesi. 

Assegni di pensione mensile più alti penalizzati dal sistema degli aumenti 

All’aumentare dell’importo del trattamento dell’Inps, diminuisce la percentuale di riconoscimento dell’inflazione. Infatti, le pensioni tra cinque e sei volte il trattamento minimo avranno un incremento del 53%, quelle oltre sei e fino a otto volte il trattamento minimo aumenteranno del 47%, e quelle oltre otto e fino a dieci volte la pensione minima avranno un aumento del 37%. Tutto rimarrà immutato rispetto alle aliquote applicate nel 2023.

A rimetterci saranno i percettori delle pensioni più alte, di importo oltre le dieci volte il trattamento minimo. Per questi assegni, corrispondenti a mensili di oltre 5.253,80 euro, l’aumento perderà dieci punti percentuali, passando dal 32% del 2023 al 2022 del 2024.

Il taglio di dieci punti percentuali delle pensioni più alte consentirà un risparmio di 135 milioni di euro al lordo del Fisco, pari a 77 milioni al netto. Il risparmio calerà progressivamente, fino al 2033 quando, a fronte di maggiori uscite per 123 milioni di euro al lordo, i risparmi netti saranno di 69 milioni.