Alex (Cotoia) Pompa, il 22enne che uccise il padre violento per difendere la madre a Torino, potrà beneficiare di uno sconto di pena: così ha stabilito la Consulta, che era stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di superare la norma – introdotta dal Codice rosso – che vieta il bilanciamento tra l’aggravante di aver ucciso una persona a sé legata da rapporto affettivo e l’attenuante della provocazione.
Alex Pompa, sì allo sconto di pena: la decisione della Consulta
La questione si era posta quando, lo scorso maggio, l’Appello di Torino aveva riconosciuto Alex Pompa colpevole di omicidio volontario, superando la sentenza con cui il giudice di primo grado lo aveva assolto per legittima difesa. Si era stabilito, in pratica, che quando il giovane uccise il padre colpendolo con 34 coltellate, non lo fece solo per difendere sé stesso, la madre e il fratello.
Il pm Alessandro Aghemo aveva chiesto di condannarlo a 14 anni di carcere. Ma dalla Corte si erano detti dubbiosi sulla pena da infleggergli, perché comunque il delitto era scaturito da anni di maltrattementi e violenze. Si era così sollevata la questione di legittimità costituzionale sull’ultimo comma dell’articolo 577 del codice penale, introdotto nel 2019 dal Codice rosso, che vieta, per gli omicidi commessi in ambito familiare, il riconoscimento delle attenuanti (e il relativo sconto di pena).
Da qui il ruolo della Consulta che ieri, con la sentenza numero 197, ha stabilito che sarà il giudice a valutare, caso per caso, se infliggere la pena dell’ergastolo (generalmente prevista per gli omicidi commessi nei confronti di familiari) oppure diminuirla, in presenza della circostanza attenuante della provocazione (come nel caso di Pompa) e delle attenuanti generiche. Il caso del giovane di Collegno tornerà dunque in Appello.
Visto che gli è stato dato il via libera per considerare prevalenti le attenuanti (rispetto all’aggravante dei rapporti familiari, ndr), la Corte potrà applicare il nuovo principio normativo e quindi fare altre due riduzioni, arrivando a una pena di poco superiore ai 6 anni,
ha spiegato a LaPresse l’avvocato Claudio Streta, che difende il giovane, che ha sempre raccontato di aver aggredito il padre Giuseppe dopo che lui, per l’ennesima volta, aveva minacciato la madre. Temeva che potesse farle del male, rivolgendosi anche contro di lui e contro il fratello minore.
Era il 30 aprile del 2020. Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, il giovane avrebbe colpito l’uomo con almeno sei diversi coltelli, provocandogli ferite mortali. Secondo la difesa evitò una strage.
La reazione dell’imputato
L’avvocato Streta ha fatto sapere che Alex “era sollevato” dalla notizia. Dopo l’omicidio del padre ha provato a ricostruirsi una vita: lavora come receptionist in un hotel e a novembre conseguirà la laurea in Scienze della comunicazione. Il fatto che rischiasse di trascorrere in carcere 14 anni lo preoccupava. Ora, se anche la Cassazione dovesse confermare la sentenza di secondo grado, la pena sarebbe comunque minore.
Gli altri casi
Quello di Collegno non è l’unico caso su cui la sentenza della Corte Costituzionale avrà un impatto. Ce ne sono almeno altri due. Il primo, in corso di dibattimento presso la Corte d’Appello torinese, è quello di Agostina Barbieri, la donna accusata di aver strangolato il marito, Luciano Giacobone, dopo esserne stata picchiata.
Il secondo, che riguarda la Corte di Cagliari, è quello dell’uomo di 67 anni finito a processo per l’omicidio della moglie 66enne, consumatosi a causa dei continui atteggiamenti aggressivi da parte di quest’ultima. In entrambi i casi è stata esclusa la legittima difesa, ma era stata avanzata la possibilità di riconoscere agli imputati delle attenuanti, visto che erano stati spinti all’atto omicida da anni di prevaricazioni. Ora sarà possibile farlo, adeguando la pena alla gravità della loro condotta.