L’emergenza rifiuti in Italia è una questione che continua a generare problemi in molte regioni: la scelta più efficace a livello di funzionamento e costi secondo gli esperti è quella di puntare sulla produzione di nuova energia tramite l’utilizzo di termovalorizzatori. Questi impianti permettono infatti di ricavare energia e calore attraverso la combustione controllata dei rifiuti, andando a ridurre contemporaneamente lo spazio occupato dagli scarti che vengono abbandonati nelle discariche. In Italia il termovalorizzatore di Bolzano, gestito dalla società eco-center, rappresenta un impianto d’eccellenza, sia a livello di efficacia nel funzionamento che nell’abbattimento dei costi sui rifiuti. Perché è un modello preso come esempio in tutta Europa?

Come funziona il termovalorizzatore a Bolzano?

Tag24 ha intervistato il direttore dell’impianto di Bolzano, Marco Palmitano per capire quali siano i processi che avvengono nel funzionamento e se una struttura del genere sia davvero sicura per l’ambiente e le persone che vivono nelle vicinanze.

D.Come funziona il termovalorizzatore di Bolzano? Ha delle caratteristiche particolari?

R. Il termovalorizzatore di Bolzano è un classico forno a griglia. Praticamente è un forno dove i rifiuti vengono calati da un sistema di trascinamento automatico dall’alto verso il basso e in questo percorso vengono bruciati ad una temperatura tra gli 850 e i 1050 gradi. In queto procedimento si sviluppano tutta una serie di fumi caldi, che vengono portati ad una caldaia, viene prodotto del vapore e con esso si crea energia elettrica e termica.

Dopo che i fumi hanno riscaldato l’acqua e hanno prodotto vapore passano in un sistema di trattamento, che nel caso di Bolzano è un sistema chimico-fisico, dove noi prima aggiungiamo alcuni reagenti per deacidificare i fumi, per togliere tutti i potenziali inquinanti che ci sono dentro e che poi vengono filtrati. Poi c’è un altro stadio di trattamento, uno di tipo catalitico per abbattere gli ossidi dell’azoto, e quando escono dal camino i fumi sono completamente depurati. Hanno delle caratteristiche molto, ma molto al di sotto dei limiti previsti dalla legge. Alcuni parametri ammontano ad un centesimo mentre quelli sulle diossine sono diecimila volte di meno. Ormai questi tipi di impianti dal punto di vista tecnologico sono in grado di fare di tutto e di più. Si tratta solo di decidere quanto si vuole spendere e come gestirli.

I termovalorizzatori inquinano?

D. A livello di sicurezza invece qual è l’entità dell’impatto ambientale del termovalorizzatore? Quanto è importante la cura del camino dell’impianto? Ci sono stati dei passi in avanti in chiave ecologica?

R. Sono stati fatti dei passi da gigante in questo senso. I primi inceneritori – e chiamarli così negli anni Settanta era corretto – avevano come trattamento dei fumi un elettrofiltro e spesso non lavoravano a temperature controllate come quelli attuali. Ovviamente lì delle emissioni c’erano. E’ anche vero che in quegli anni circolava meno plastica, quindi c’era la formazione delle diossine ma in maniera molto più ridotta rispetto alla combustione incontrollata che c’è oggi. Nel presente abbiamo dei sistemi dove le temperature all’interno del forno sono molto uniformi e vengono costantemente controllate quindi già nel forno non si formano le diossine o ce ne sono poche perché lavoriamo sempre appunto a temperature regolate tar gli 850 e i 1050 gradi, che possiamo impostare noi dal sistema di supervisione.

Nel trattamento fumi ormai si svolgono processi di doppia filtrazione a secco oppure di filtrazione a secco con uno stadio umido, più poi un catalizzatore finale. Ormai quindi dal punto di vista ambientale questi tipi di impianti non sono più un problema. Sono talmente evoluti e sotto controllo che quello che esce dal camino – come nel nostro caso che siamo vicini all’autostrada – è meglio di quello che arriva da altre fonti, mettiamola così. A conti fatti a Bolzano, secondo lo studio disponibile sul nostro sito, l’apporto del termovalorizzatore è molto inferiore a quello che è il vantaggio che noi abbiamo con la chiusura delle caldaie a gas. Quindi l’impatto è addirittura positivo, perché recuperando il calore prodotto sui parametri tipo le polveri si riesce a produrne meno di quanto si farebbe per riscaldare gli appartamenti col gas, perché il gas non è trattato. Pensare di fare un trattamento su ogni singola caldaia è impossibile. Qui possiamo farlo perché abbiamo un unico punto concentrato.

La gestione del termovalorizzatore a Bolzano, eccellenza italiana: l’impianto funziona e i cittadini non hanno paura

D. Come si articola la gestione di un termovalorizzatore?

R. La gestione è molto semplice: Eco-center è una società che appartiene ai comuni dell’Alto Adige e alla Provincia Autonoma di Bolzano e opera in house, cioè su affidamento diretto dei comuni. Noi per Statuto dobbiamo operare a pareggio di bilancio. Questo significa che in prima linea c’è la qualità ambientale degli impianti. Il nostro incarico principale è mantenere il valore dell’impianto nel tempo, quindi serve una manutenzione programmata, una manutenzione preventiva, una serie di ampiamenti e rinnovamenti, tutto a carico della società che deve gestire questi impianti nell’ottica di farli durare più a lungo possibile.

Poi c’è la sicurezza operativa degli impianti. Dopo aver assolto a questi due compiti, interviene l’aspetto economico. Dobbiamo cercare di non spendere soldi a vanvera, soldi dei contribuenti ovviamente. Serve una spesa intelligente, senza dissipare il denaro. E questo è il motivo per cui pur godendo di una situazione di qualità molto elevata nel settore ambientale, siamo tra quelli con le tariffe più basse in assoluto in Italia, sia nell’ambito acqua che rifiuti, perché la mano pubblica non è assoggettata a logiche di mercato. Da noi i comuni conferiscono il rifiuto, quest’anno abbiamo dovuto alzare di 4 euro a tonnellata il prezzo perché eravamo in crisi con la restituzione del canone alla provincia, ma fino all’anno scorso si parlava di 81 euro a tonnellata, che adesso diventano 85. Il mercato viaggia sui 140/160/180 euro. C’è una bella differenza. Il Trentino per esempio, che non ha un termovalorizzatore, conferendo i rifiuti, prevede un prezzo di 225 euro per tonnellata a testa.

D. Quindi tutto funziona perché avete una politica che vi assiste? Ci viene spontanea la domanda: perché a Bolzano il termovalorizzatore funziona e le persone non sono preoccupate per la presenza dell’impianto? Ci svela il segreto?

Il termovalorizzatore è in mano pubblica, è controllato e monitorato. Non è soggetto a logiche di mercato o di utile: per questo motivo noi non abbiamo nessun interesse a fare male le manutenzioni o a non mantenere la qualità operativa dell’impianto. Anche se questa particolare attenzione e dedizione ci costa un paio di cento mila euro in più all’anno alla fine, detto proprio onestamente, perché la manutenzione ovviamente ha un suo costo. Ma su un totale di 18-19 milioni di fatturato portato dall’impianto, cosa rappresenta la spesa di 200 mila euro in più?

Un termovalorizzatore a Roma potrebbe risolvere definitivamente il problema dei rifiuti?

D. Lei cosa ne pensa dell’inceneritore che vogliono costruire nella periferia di Roma, nella zona di santa Palomba? Potrebbe essere una soluzione per il problema dei rifiuti nella capitale? Per una città grande come Roma cambierebbe tutto il paradigma la costruzione di un inceneritore?

R. Da tecnico che gestisce impianti, inceneritori e tutta una serie di depuratori le dico in tutta sincerità che se io oggi dovessi decidere di avere una di queste strutture vicino casa, sceglierei tra tutte un inceneritore perché è fortemente controllato. Ciò che deve essere valutato in questi casi, più che l’impianto stesso – siamo in grado di costruire ormai impianti che non fanno rumore, che non inquinano l’aria e non creno nessun tipo di disturbo al circondario – è la valutazione dei flussi. Bisogna capire quanto traffico indotto si potrebbe creare tramite i camion che portano i rifiuti perché ovviamente non ci arrivano da soli agli impianti. Per la scelta dell’ubicazione di un impianto di questo tipo oggi è forse più importante considerare il fattore logistico rispetto ad un vero e proprio studio di natura ambientale, perché quei parametri lì sono ampiamente sotto controllo.

D. Nella puntata precedente dell’inchiesta di Tag24 sul termovalorizzatore e l’emergenza rifiuti abbiamo chiesto un parere espero al Professor Lombardi di Tor Vergata, abbiamo parlato anche dell’importanza della raccolta differenziata e del fatto che non tutte le tipologie di rifiuti sono destinate a finire nel termovalorizzatore. Secondo i dati aggiornati al 2022, a Roma solo il 45,9 % della raccolta totale dei rifiuti era stata fatta secondo i parametri del sistema della differenziata. Secondo lei una città come questa può farcela? Il termovalorizzatore può essere uno strumento utile alla città di Roma?

R. Sicuramente è utile. C’è da riflettere sul fatto che il 45,9% sia tanto o poco. Come raccolta differenziata sicuramente è poco, non è in linea con gli obiettivi europei. Ciò che andrebbe valutato – che purtroppo invece oggi le norme non fissano – non è tanto dire quanto bisogna raccogliere in modo differenziato ma quanto si va effettivamente a recuperare come materia prima, seconda o che sia. Il problema è che noi oggi stiamo facendo delle raccolte differenziate che presentano grandissimi quantitativi di scarto. C’è una gran differenza in quanto materiale raccolto viene recuperato termicamente e quanto invece come materia in sé. Ci sono dati e bilanci disponibili sul web. Quando si fa un’analisi bisogna essere scientifici. I dati vanno cercati, scavando si trovano. Su queste cose bisognerebbe ragionare. Forse dovremmo spingere di più su una raccolta di alta qualità, raccogliendo solo quei materiali che poi effettivamente recuperiamo e ricicliamo come materiale.

Per tutto il resto oggi, l’obiettivo più sensato che possiamo porci è quello di recuperare energia. Noi oggi usiamo tantissimi combustibili fossili, se un giorno arriveremo al punto di non usarli più e riusciremo ad usare solo le fonti rinnovabili, allora in quel momento il recupero di energia dai rifiuti non avrà più senso. Fino a quel giorno – forse è la forma meno nobile di recupero – ma è una forma di recupero sicuramente migliore del dispendio di energia, risorse, materie prime e seconde in discarica, come purtroppo sta succedendo ancora oggi in Italia.

Come si possono convincere gli abitanti di un territorio ad accettare la presenza del termovalorizzatore?

D. Tante persone continuano ad opporsi agli impianti, come possono essere convinte? Quali sono i punti forti per far ricredere i cittadini sull’inceneritore?

R. I dati, la loro trasparenza. Se andate sul nostro sito ufficiale per esempio trovate tutto. Perché a Bolzano non abbiamo più opposizione? Perché fin dai primi anni di gestione siamo stati trasparenti. Il primo forno di Bolzano risale al 1977, un impianto molto rudimentale; poi ne abbiamo costruito un altro nel 1988 e nel 1994 una seconda linea da affiancare alla prima, con tutto l’impianto di trattamento dei fumi. Siamo stati tra i primi a livello europeo ad adottare il filtro a manica, insieme a quello di Vienna. Abbiamo una lunghissima tradizione di convivenza qui con il termovalorizzatore. Dal ’94 si può tranquillamente dire che il termovalorizzatore di Bolzano ormai ha un impatto sul circondario molto, ma molto basso e con il nuovo impianto si è abbassato ulteriormente.

Noi possiamo convincere le persone solo con i dati e i fatti. Poi è chiaro che l’emotività gioca sempre il suo ruolo, è anche comprensibile che nessuno voglia un impianto di incenerimento davanti al cortile di casa. Però sono impianti che oggi hanno un ruolo fondamentale nella filiera dei rifiuti. Uno degli errori grossi che facciamo tutti è che valutiamo sempre la partenza e mai l’arrivo delle cose nelle nostre considerazioni. Le valutazioni vengono fatte sulla raccolta differenziata, non sulla quota riciclata effettiva come materia. E questo è il grosso errore che facciamo. Quando sentiamo di realtà che dicono che riciclano l’80% dei rifiuti se non non consideriamo la quota effettiva del riciclaggio di materia con le tecnologie attuali quando arriviamo al 55-58% siamo già a valori molto alti.

Negli altri casi si parla di recupero termico che si attua con il termovalorizzatore. Quindi quel tipo di recupero è sempre un combustibile da rifiuto; è sempre un recupero termico quindi il recupero di materia diventa problematico perché non ci sono tecnologie vantaggiose per farlo. Già oggi alcuni recuperi di materia, con una valutazione a 360 gradi, non so quanto chiuderebbero in maniera positiva se dovessi fare una stima, rispetto alla materia prima di base, perché in certi casi recuperare alcune materiali diventa molto oneroso dal punto di vista ambientale ed energetico. Spesso si fanno dunque valutazioni di tipo emotivo: dobbiamo effettuare il recupero anche se non c’è tutta questa convenienza nel farlo.