La violenza sulle donne in Italia non si ferma: gli episodi continuano ad aumentare, rivelando una situazione sempre più preoccupante. I dati parlano chiaro: il luogo più pericoloso per molte donne – insieme ai loro bambini – è proprio la casa, quell’ambiente che invece dovrebbe rappresentare un porto sicuro. Le forme più gravi di abusi sono esercitate, secondo l’indagine portata avanti dall’Istat, proprio dai partner, parenti o amici.

Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti).

Per approfondire la questione sulla violenza domestica, Tag24 ha intervistato la responsabile dell’Associazione Salvamamme Gabriella Salvatore, che da anni aiuta le famiglie in difficoltà economica e fornisce assistenza alle donne che scappano dalle proprie case dopo aver subìto abusi di ogni genere.

Violenza domestica, Salvamamme aiuta le donne a lasciare la loro casa con la “Valigia di salvataggio”

L’Associazione Salvamamme, nata nel 2008 per aiutare le famiglie che versano in situazioni di grave difficoltà economiche, dal 2014 porta avanti un progetto importantissimo, la “Valigia di salvataggio”, per le donne vittime di violenza domestica e di genere. In pratica offrono a chi sta scappando da situazioni di grave pericolo, lasciandosi alla spalle tutto quello che possiedono nelle proprie case, una valigia con beni di prima necessità, utile per fronteggiare i primi momenti di criticità.

Gabriella Salvatore, criminologa dell’associazione Salvamamme, responsabile del progetto “Valigia di salvataggio”, ha raccontato a Tag24 tutto quello che c’è da sapere sull’iniziativa.

D: Uno dei progetti più famosi messi portati avanti da Salva Mamme è la “Valigia di salvataggio”: in che cosa consiste e a chi è destinato?

R: Salva Mamme ha dato vita a questo progetto nel 2014, non volevamo occuparci di violenza: il target delle persone che di solito aiutiamo sono le famiglie che versano in condizioni di difficoltà economica, ma le storie che arrivavano qui da noi erano talmente varie e tra queste c’erano anche quelle delle donne vittime di violenza. In questi racconti di vita vera abbiamo riscontrato delle criticità: se una donna sporge una denuncia dopo aver subito delle violenze ma poi non sa dove andare, magari torna sui propri passi o ritorna nella casa del maltrattante, mettendosi in una situazione di pericolo. Poi in aggiunta, se non si ha un sostegno a livello di amicizia o in famiglia, o se non si dispone di un avvocato, di un supporto psicologico distaccarsi dal pericolo è senza dubbio molto difficile, soprattutto nelle prime ore, nelle prime fasi successive.

La donna rischia di rimanere in balìa dei propri sentimenti, delle paure, non sa cosa è o non è giusto fare legalmente. Tutte queste eventualità hanno fatto sì che noi sviluppassimo il progetto della “Valigia di salvataggio”, per non tornare indietro. Vogliamo che le donne siano sostenute, accolte, informate di quello che è e sarà il loro percorso e che ci sia una società dietro queste donne, altrimenti andranno incontro a situazioni di estrema pericolosità.

D: Questo progetto è stato realizzato con il supporto della Regione Lazio?

R: Noi con la Regione Lazio abbiamo effettuato il lancio del video del progetto “Valigia di salvataggio”: nel 2018 è stato realizzato un video con Barbara De Rossi che è la nostra presidente onoraria, e per la speciale occasione c’era anche l’attore Alessio Boni che ha interpretato i panni dell’uomo maltrattante. Il video si può trovare sul nostro sito.

D: Com’è la situazione a Roma? Ci sono tante richieste per le valigie?

R: In realtà le richieste arrivano un po’ da tutta Italia, noi siamo in collegamento con tantissime associazioni che si occupano di violenza, con municipi sul Lazio, quindi arrivano numerose richieste anche dalla Regione, che si inseriscono in un quadro più ampio a livello generale. Le domande vengono da donne che magari si trovano nella prima fase di richiesta di aiuto e di informazioni, oppure si tratta di chi ha già avuto qualche incontro per ricevere assistenza ma che non sempre poi viene accolta in modo giusto. Anche tante case rifugio ci chiedono la valigia: noi abbiamo pensato a questa raccolta di beni di prima necessità sia per le donne vittime di violenza ma anche per i bambini, perché spesso ci sono anche loro. Tante mamme vanno via di casa con i proprio figli. Parliamo di circa 300 valigie all’anno in media. Dati importanti purtroppo.

D: Roma è una città solidale? Come rispondono i cittadini a queste iniziative di volontariato e alle situazioni di violenza? C’è la voglia di aiutare?

R: I cittadini non si devono voltare dall’altra parte, sicuramente. Quando vengono a conoscenza delle situazioni di violenza che si trovano ad affrontare le donne, cercano di aiutare e di essere quanto più pronti alla riposta per rendersi utili in qualche modo. I cittadini devono – e fanno – la loro parte, ognuno di noi può farlo nel contrasto di questo fenomeno. Non girarsi dall’altra parte è fondamentale perché episodi del genere potrebbero capitare a chiunque purtroppo.

Le iniziative dell’Associazione Salvamamme nel Lazio

La realtà di Salvammamme opera in tutto il Lazio e sul territorio nazionale, spesso in collegamento con i centri antiviolenza. Ecco alcuni dei progetti di cui si stanno occupando attualmente.

D: C’è qualche nuova campagna che state sostenendo al momento per supportare il contrasto alla volenza sulle donne?

R: Tra la fine di novembre 2023 e i primi di dicembre lanceremo una nuova iniziativa, non posso anticipare nulla, ma è legata alla “Valigia di salvataggio”, alla possibilità di sostenere il progetto in sé per sé. Noi come obiettivo vorremmo creare una “casa di fuga” che non è proprio come le case rifugio/protette presenti sul territorio nel Lazio – che funzionano bene – per sopperire alle numerose richieste, per aiutare dove i posti scarseggiano. Le donne molto spesso si trovano nella condizione di aspettare il loro turno quindi questa casa di fuga che noi volevamo realizzare serve proprio per aiutare la donna vittima di violenza nelle prime ore, tra la denuncia, la presa in carico del sistema del 1522 ma poi ci sono quei giorni di vuoto dove spesso chi subisce maltrattamenti ritorna a casa o dai propri parenti, dove è facile essere rintracciate.

D: A Roma, nella zona a sud della capitale, nelle vicinanza di Viale Marconi, avete aperto uno shop centre dedicato all’abbigliamento per chi è in difficoltà economica. Di cosa si tratta?

R: La nostra sede operativa è vicino al Ponte di ferro, e apriamo un negozio nei periodi vicini al cambiamento di stagione. Adesso stiamo allestendo per l’arrivo dell’inverno, riapriremo sicuramente il negozio solidale e migliaia di famiglie verranno a scegliere i vestiti, anche per i propri figli, in modalità totalmente gratuita. Ci sono delle commesse pronte ad aiutare, che sono le operatrice volontarie di Salva Mamme. Siamo collegate a “Nonna Boutique”, un progetto che invece aiuta le nonne o le persone anziane che hanno necessità di prendere dei vestiti e che magari hanno difficoltà economiche e non hanno possibilità di fare acquisti o di cambiare il vestiario. Molte delle nostre collaborazioni vedono la partecipazione anche della Croce Rossa.

Violenza di genere: una storia a lieto fine e l’importanza dell’educazione affettiva tra i giovani

D: Ci racconti la storia di una donna vittima di violenza che ti è rimasta nel cuore? Un episodio che può dare un messaggio di speranza a chi ancora non ha superato situazioni così difficili?

R: Le storie che rimangono impresse sono tante, io sono la responsabile del progetto della valigia e sono una criminologa quindi ha visto e sentito tante situazioni e colgo sia il lato di disperazione ma anche quello di speranza. Penso a una vicenda particolare: la sorella di una donna – che chiamerò Chiara – ci aveva contattato dalla Sicilia, in una giornata molto pericolosa. Il marito l’aveva seguita e rincorsa fuori dal posto di lavoro con un’accetta. La sorella si era preoccupata, aveva capito che era arrivato il momento di agire e fare qualcosa per Chiara. Quindi questa donna ci contattò e noi facemmo arrivare Chiara dalla Sicilia, perché quello fu il momento in cui lei decise di scappare e mettere fine a quella relazione, portando via i due figli con sé. Noi l’accompagnammo a sporgere denuncia.

Trascorso un po’ di tempo, Chiara ci ha ricontattato, non solo ringraziandoci per l’aiuto che le avevamo dato ma anche per farci conoscere il suo nuovo bambino. Si è nuovamente innamorata, ha trovato un uomo per bene e ha ricreato una famiglia con questa persona. Tutto questo serve a dire che i periodo brutti, negativi ed anche estremamente pericolosi per la propria vita e per quella dei propri figli passano, se una donna è supportata e guidata nel modo giusto può tornare ad una vita serena e felice, nonostante le ferite che si portano dentro, sia a livello fisico che psicologico. Parliamo di donne che, se capiscono la situazione in cui si trovano e prendono consapevolezza e coraggio, sono in grado di uscire fuori da questi episodi.

Perché gli uomini maltrattano le donne?

D: Cos’è che spinge un uomo a comportarsi così, a commettere violenza di genere? L’educazione al consenso e al rispetto è una componente fondamentale per contrastare questo fenomeno, vedi speranza per le generazioni future, per quelli che saranno gli uomini di domani? E’ utile la previsione dei centri di riabilitazione degli uomini violenti in questo senso?

R: Quello che spinge un uomo a mettere in atto questi comportamenti è il fatto che spesso la donna viene vista come un oggetto che non ha sentimenti, consapevolezza. Si tratta di uomini che non considerano l’altra parte come una compagna da avere accanto ma un qualcosa da distruggere. Sicuramente qualcosa si può fare per queste persone, noi spesso abbiamo aiutato uomini che avevano a loro volta avuto una storia travagliata durante l’infanzia, che hanno subìto violenze e che poi sono diventati gli aggressori. Spesso erano stati vittime di abusi da parte dei padri e ciò li ha portati ad interiorizzare questo tipo di comportamenti. Sono stati accompagnati quindi in un percorso di consapevolezza diversa e devo dire che molti ora continuano la propria vita in modo tranquillo.

La formazione per le giovani generazioni è un elemento fondamentale per contrastare il fenomeno della violenza di genere: noi di frequente teniamo dei corsi nelle scuole su una sorta di educazione ai sentimenti. Bisogna far capire ad esempio che controllare il telefono della propria fidanzata non è un comportamento corretto, né tanto meno quello di svalutare la propria compagna o la persona che si ha accanto. C’è tanto da fare. Più formazione, più educazione c’è, più ci sarà maggiore consapevolezza su questa tematica, solo così avremo la possibilità di affacciarci ad un mondo diverso.