Si era convinto che la compagna lo tradisse con un collega: per questo Agostino Annunziata avrebbe ucciso la 32enne, di nome Annalisa D’Auria, a Rivoli, vicino Torino. Le prove sono negli ultimi messaggi che le avrebbe inviato prima di accoltellarla in casa davanti agli occhi della figlia di appena 3 anni. Più tardi, raggiunto il luogo di lavoro, il 36enne si sarebbe tolto la vita gettandosi da un silos alto dieci metri.

Annalisa uccisa dal compagno a Rivoli: la ricostruzione del delitto e del movente

Vi ho scoperti, domani vi vengo a beccare.

Sono queste le parole che Agostino Annunziata avrebbe scritto – poco prima di uccidere la compagna – su un gruppo Whatsapp che quest’ultima teneva con i colleghi dell’Istituto agrario Dalmasso di Pianezza, vicino Torino. Sospettava che la donna, 32 anni, lo tradisse con un professore: avrebbe voluto coglierli in flagrante, per dimostrare che aveva ragione. In realtà era tutto nella sua testa.

È ciò che è emerso da una prima analisi del telefono cellulare della vittima. Lo stesso che, lo scorso mercoledì, Annunziata le avrebbe tolto di mano, nel corso di un’animata lite in strada, davanti agli occhi di diversi vicini di casa (che hanno poi testimoniato). Era geloso, possessivo: controllava la compagna in ogni momento, attraverso i social oppure seguendola. La sera del 27 ottobre le aveva “promesso” che il giorno dopo l’avrebbe accompagnata a scuola e avrebbe “fatto un casino”.

Poche ore dopo, al culmine di una discussione scoppiata nel cuore della notte, l’aveva uccisa, colpendola al collo con un coltello davanti agli occhi della figlia di 3 anni. Prima aveva tentato di strangolarla. Litigavano spesso, urlavano. Annalisa ne aveva paura al punto di non riuscire a denunciarlo. Con gli amici, però, si era sfogata: sapevano tutti dei rapporti burrascosi che intercorrevano tra loro. Per questo, non vedendola arrivare a lavoro, si erano allarmati.

Il suicidio dopo l’omicidio: rimasta orfana la figlia di 3 anni

Nel tragitto che lo separava dall’abitazione in cui viveva con la compagna e la figlia, al civico 19/2 di via Monte Bianco, e il luogo di lavoro, la sede di Orbassano della Massifond, il 36enne si era messo in contatto con la madre, confessandole il delitto. La donna, sconvolta, aveva chiamato il 112. Subito i carabinieri si erano messi sulle tracce dell’uomo, provando a fermarlo: al telefono aveva minacciato di suicidarsi.

Una volta arrivato a destinazione si era arrampicato su un silos di dieci metri e si era gettato nel vuoto, morendo sul colpo. I soccorsi erano arrivati troppo tardi. Aveva affidato la figlioletta ad un collega. La bimba, ora orfana, è ricoverata all’ospedale infantile Regina Margherita, circondata dai parenti e dagli psicologi. L’Associazione Italia ha chiesto che abbia accesso al Fondo per le vittime di femminicidio. Presto il Tribunale per i Minori dovrà prendere una decisione in merito al suo affidamento.

Il cordoglio per l’ennesima vittima di femminicidio

Alle 18.30 di oggi, 30 ottobre, dal quartiere Borgo Nuovo di Torino partirà una fiaccolata che si concluderà presso la parrocchia di San Francesco, dove i presenti ricorderanno Annalisa. Si tratta dell’ennesima vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno. Lo aveva messo in luce, nel dare la notizia ai suoi concittadini, anche il sindaco di Rivoli, Andrea Tragaioli, che ora è tornato a lanciare un appello.

Invito soprattutto gli uomini a partecipare, perché deve partire da noi l’indignazione per ogni gesto violento compiuto su una donna – ha detto -. Dobbiamo essere noi i primi a gridare con forza ‘basta violenza sulle donne e basta femminicidi’. Dobbiamo far sentire alle nostre mogli, compagne, figlie e sorelle che un futuro diverso è possibile, che possiamo cambiare questa cultura sbagliata. Quello che è successo ci dimostra che dobbiamo ancora lavorare molto perché non accada più.

Lo si è ripetuto di frequente, dopo le ultime tragedie (si pensi a quella di Concetta Marruocco a Cerreto d’Esi o a quella, recentissima, della donna strangolata dal marito a Savona, madre di quattro figli piccoli): è necessario agire, per fare in modo che omicidi come questi possano non arrivare ad essere una triste normalità. Ad oggi i segnali non sono positivi.