Licenziamento e riassunzione nel contesto del pignoramento: quante volte si può pignorare il quinto dello stipendio? Come uscire da un pignoramento? Nelle ultime settimane, sono molte le domande ricevute che sollevano il problema del pignoramento dello stipendio in corso con licenziamento in atto e riassunzione poco dopo. Vediamo quali sono gli escamotage per non farsi pignorare lo stipendio.
Pignoramento stipendio, licenziamento e riassunzione
La questione è piuttosto semplice: se il datore di lavoro riceve l’ordine dall’Ente impositore prima e successivamente dal giudice, è obbligato a effettuare una trattenuta nella misura del 20 per cento in busta paga per poi girarla al creditore. Supponiamo che il lavoratore venga licenziato e in seguito riassunto da un altro o dal medesimo datore di lavoro. Come funziona? Come cambia la situazione del debitore? Analizziamo nel dettaglio cosa dice la legge.
Quante volte si può pignorare lo stipendio?
Immaginiamo che siano presenti più creditori. In questo caso, il lavoratore (debitore) potrebbe essere esposto a più pignoramenti. Si tratta di una condizione molto probabile, a patto che si rispettino i criteri normativi.
Supponiamo che i creditori siano, ad esempio, banche, fornitori di energia elettrica e gas, il proprietario dell’abitazione, finanziatori e così via. Le possibilità di ricevere un pignoramento sullo stipendio nel limite di un quinto per ogni singolo creditore sono molto alte. In questo caso, per soddisfare il credito, si procede in base al diritto di precedenza contemplato dalla normativa vigente.
Situazioni molto comuni sono confermate in un articolo di “laleggepertutti.it”. La legge permette più espropriazioni forzate dello stipendio, a patto che i debiti appartengano a diverse categorie, come:
- crediti per sanzioni, imposte e tasse;
- crediti derivanti dagli assegni alimentari o di mantenimento;
- altre tipologie di crediti, come ad esempio finanziarie, istituti di credito e così via.
Lo stipendio, quindi, può essere soggetto a molteplici espropri forzati che coinvolgono più della metà del suo importo.
Ecco spiegato il motivo per cui, ad esempio, un lavoratore può subire il pignoramento dello stipendio per l’omesso versamento degli alimenti e, nello stesso tempo, ricevere l’espropriazione per il mancato pagamento delle rate di un finanziamento. In questi casi, al lavoratore spetta almeno il 50% dello stipendio.
Addio al pignoramento con il licenziamento e nuova assunzione? Sarà vero?
Immaginiamo che il lavoratore (debitore) venga licenziato e, quindi, non percependo più uno stipendio, non subisce il pignoramento. Tuttavia, il diritto dei creditori si trasferisce immediatamente sul TFR maturato nel corso degli anni. Il datore di lavoro è vincolato per legge a trasferire il 20 per cento del trattamento di fine rapporto ai creditori.
Se, invece, il debito residuo non raggiunge il limite previsto dalla legge, ovvero il quinto del TFR, il pignoramento decade, e il lavoratore non è più obbligato a risanare il creditore.
Tuttavia, se questa condizione non si presenta, il pignoramento si estingue, ma resta nella facoltà del creditore la possibilità di avviare nuove procedure di espropriazione. Pertanto, in caso di nuova assunzione, il vecchio pignoramento non verrebbe trasferito, in quanto estinto, ma il creditore potrebbe avviare una nuova procedura di espropriazione.
Quando finisce il pignoramento dello stipendio?
Il lavoratore può subire il pignoramento dello stipendio per un periodo di 12 mesi. Tuttavia, se il debitore non regolarizza la sua posizione entro questo periodo, il creditore può avvalersi di una proroga di almeno altri 12 mesi.
Come si chiude un pignoramento in busta paga?
Il lavoratore può estinguere il pignoramento anticipatamente, ad esempio, richiedendo un prestito come la cessione del quinto, e utilizzando parte del netto ricavato per estinguere il debito.
Pignoramento stipendio licenziamento e riassunzione: come lo scopre il creditore?
Rintracciare un datore di lavoro è più facile di quanto si possa immaginare, ed è uno dei metodi più efficaci per recuperare i crediti. Il creditore può facilmente ottenere informazioni sulla data di assunzione e sull’ammontare del salario percepito. Questo perché la legge permette al creditore di notificare il precetto al debitore e richiedere l’accesso all’Anagrafe Tributaria. In questo modo, il creditore può conoscere i dettagli dell’azienda presso cui il lavoratore presta servizio.
Inoltre, se il lavoratore, per evitare il pignoramento, viene licenziato e poi riassunto dallo stesso datore di lavoro con mansioni diverse, nel medesimo periodo resta l’espropriazione forzata del 20% sul TFR e sullo stipendio. Il datore di lavoro resta obbligato a trattenere la somma da erogare al creditore, a prescindere dalla tipologia di contratto o dalla causa.
Infine, se il datore di lavoro assume in nero il lavoratore, commette un illecito amministrativo e potrebbe essere citato in giudizio per “accertamento dell’obbligo del terzo”, venendo così obbligato a versare il quinto dello stipendio ai creditori.