E’ già stato definito il mister-filosofo, come Manlio Scopigno, l’allenatore che nel ’69-70 condusse il Cagliari di Gigi Riva alla conquista dello scudetto. Lui si chiama Francesco Farioli e allena il Nizza, che dopo nove giornate di campionato è secondo in classifica a una sola lunghezza dal Monaco e davanti al Psg. Formazioni di grido che Farioli ha già incontrato e battuto in casa loro, 3-2 al Parco dei Principi di Parigi e 1-0 nel Principato.
La sua storia è raccontata da La Repubblica: “Da ragazzino sognava di diventare un portiere di serie A, magari della Fiorentina, la squadra del cuore visto che lui è nato a Barga, dalle parti di Lucca, anche se è originario delle Valdinievole, storica regione nel quale si adagia l’Arno che da Pistoia raggiunge proprio Firenze. Alla fine si è dovuto accontentare di difendere per qualche anno la porta del Margine Coperta nelle serie dilettantistiche toscane, ma almeno è riuscito a portare avanti gli studi laureandosi con una tesi sul calcio e sul ruolo che gli è tanto caro, ‘Filosofia del gioco: l’estetica del calcio e il ruolo del portiere‘, il titolo del lavoro che nel 2008 venne anche pubblicato a Coverciano”.
Guida il Nizza dei miracoli portando Hegel in panchina
A 21 anni Farioli diventa vice allenatore della Fortis Juventus in serie D, poi invia un curriculum alla Real Societad che lo assume, prima di passare con Roberto De Zerbi nello staff del Benevento. Poi si mette in proprio alla guida del Fatih Karagumruk e dell’Alanyaspor. Infine il Nizza, dove sta facendo un miracolo: “Mi hanno insegnato che i grandi palazzi si costruiscono un mattoncino alla volta, e noi qualcosa lentamente stiamo costruendo”. E poi cita Hegel “che insegna che bisogna partire da una tesi, che gli giri intorno un’antitesi e quel che viene fuori è una sintesi arricchita. I maestri ispirano, ma poi devi metterci del tuo”. E Farioli, l’allenatore-filosofo ce lo sta mettendo.
Stefano Bisi